Cancellazione e deindicizzazione nel diritto all’oblio

Sommario

  1. Cancellazione: la novità sancita dalla Cassazione
  2. Una premessa importante: la “biografia ferita”
  3. “Ferire la biografia” di un operatore sanitario significa comprometterne professionalità e ledere la dignità della sua persona
  4. Come fare, quindi, per far valere il proprio diritto all’oblio?
Stop all’automatismo tra deindicizzazione e cancellazione dei dati dal web, adesso il diritto all’oblio si esercita in maniera più certosina. A stabilirlo è l’ultima sentenza della Pria Sezione Civile della Corte di Cassazione dell8 febbraio 2022 n. 3952. Il diritto all’oblio – cioè il diritto a non subire gli effetti pregiudizievoli della ripubblicazione di una notizia a distanza di tempo, pur legittimamente diffusa in origine ma non più giustificata da nuove ragioni di attualità – implica la deindicizzazione e la cancellazione, due operazioni distinte che si sostanziano nell’esercizio del diritto all’oblio come lo conosciamo noi, con annessi vuoti normativi addotti e regolato dagli artt. 17 e 21 del GDPR. Deindicizzare un sito web significa chiedere al motore di ricerca di cancellare o nascondere dalle SERP determinati link o contenuti multimediali risultanti da una determinata ricerca attraverso gli appositi motori (Google, Yahoo!, Mozilla FireFox, ecc.). La Corte di Cassazione si è soffermata sulla seconda delle attività di esercizio per il diritto all’oblio, ovvero la deindicizzazione.

Cancellazione: la novità sancita dalla Cassazione

La I Sezione Civile della Corte di Cassazione ha statuito che nulla quaestio alla “cancellazione” del nome dell’interessato dai risultati di ricerca, ma - ed è questa la novità – la notizia deve rimanere ed essere disponibile se si utilizzano altri criteri o keywords di ricerca. In ogni caso, la copia cache va salvata. In altre parole: va bene la deindicizzazione del nome dell’interessato, ma non è automatica la cancellazione del dato dalla rete. In buona sostanza, il dato non sarà più visibile e verrà occultato in entrambi i casi, ma la soluzione migliore rimane quella di agire per la cancellazione.

Una premessa importante: la “biografia ferita”

Il diritto all’oblio va a proteggere il c.d. diritto alla riservatezza, meglio conosciuto – sin dalla fine dell’Ottocento – come c.d. diritto alla privacy o “right to be let alone”, il diritto ad essere lasciato solo, a non essere menzionato pubblicamente, ad essere dimenticato. Questo accade quando la libertà di manifestazione del pensiero, sancita dall’ art. 21 Cost., dall’art. 10 CEDU, e dall’art. 10 Carta di Nizza, cozza con il diritto alla privacy e all’identità personale previsti agli articoli 2 Cost. e 8 della CEDU. In tal caso, non è necessario che si palesino atti ingiuriosi o diffamatori, ma ci si riferisce a quell’attività protetta dal diritto all’informazione (ex artt. 21 Cost. e 10 CEDU) che, in taluni casi e in questi casi specifici, invade la libertà altrui. L’azione che ne consegue, dunque, per ottenere il diritto all’oblio presuppone una cosiddetta “biografia ferita”, la reputazione dell’interessato macchiata da fatti e vicende passate che continuano a riapparire sui motori di ricerca, senza possedere invero quelle caratteristiche di pubblicità, continenza e verità espositiva tipiche del “decalogo del giornalista”. Si palesa, cioè, il rischio della "cristallizzazione della complessità dell'Io in un dato che lo distorce o non lo rappresenta più".

“Ferire la biografia” di un operatore sanitario significa comprometterne professionalità e ledere la dignità della sua persona

Il diritto all’oblio può essere esercitato da chiunque: da una persona che ha aperto un account social e che voglia cancellarlo definitivamente; da chi ha postato un commento su un sito o su un forum; anche da chi si trova citato in un articolo di cronaca per essere coinvolto in una indagine, in un processo o in qualsiasi altro fatto di pubblico interesse; dai medici e dagli operatori sanitari coinvolti in qualsivoglia vicenda ormai datata e priva di importanza per l’interesse pubblico, in quanto anacronistica e/o non più corretta. Sui tempi entro cui agire, nulla è stabilito dalla legislazione di riferimento e ci si rimette al Giudice, fermo restando che 2 anni siano un arco temporale più che sufficiente per contemperare il diritto del pubblico all’informazione con il diritto del privato alla tutela della propria riservatezza. Il tempo sarà più dilatato se l’interessato è un personaggio pubblico. Nella persona di un ‘medico’ o di un ‘operatore sanitario’ vivere nell’incubo di ciò che è stato, sentirsi “macchiati” da un fatto che nel tempo attuale è privo di significato, può tradursi in un vero e proprio incubo, specie se si pensa che risiede nel loro operato l’espletamento di un altro diritto costituzionalmente garantito e protetto dall’UE, quale il diritto alla Salute. Per loro, il diritto all’oblio diventa necessario. Anzi, è essenziale se pensiamo a quanto indispensabile e prioritario è diventato internet per l’opinione sociale. Quale carriera brillante vorrebbe essere oscurata da un fatto ormai anacronistico, non più attuale, che possibilmente si è snodato in maniera diversa da quanto presunto in passato? Nell’era del “non è importante essere bravi, quanto farlo sapere”, è inaccettabili che professionisti della sanità e le strutture in cui prestano servizio vengano additati.

Come fare, quindi, per far valere il proprio diritto all’oblio?

Nel momento in cui una persona ritiene che il proprio nome sia presente online pur a fronte di un fatto non più attuale, deve agire nei confronti del titolare del sito. La richiesta può essere inviata con una semplice e-mail, meglio però se con PEC o con raccomandata A/R e tramite legale di fiducia per ottenere:
  • La cancellazione della pagina da Internet;
  • La cancellazione di tag e metatag e quindi la deindicizzazione della pagina su Internet;
  • La cancellazione del nome del soggetto dalla pagina Internet e ogni altro riferimento che possa far risalire alla sua persona.
Se il titolare del giornale non ottempera a tali doveri, l’interessato può alternativamente: presentare un ricorso al Garante della Privacy; presentare un ricorso al tribunale ordinario in via d’urgenza per ottenere la cancellazione del nome dalla pagina o la sua deindicizzazione. In un autonomo giudizio si potrà ottenere la cancellazione della notizia e anche il risarcimento del danno. È per quanto sopra esposto che il servizio di “Diritto all’Oblio” di Consulcesi risponde alla crescente esigenza di tutela della privacy e della reputazione richiesta per svolgere in serenità la professione da parte di medici e operatori sanitari. Dopo un’analisi gratuita dei contenuti, ed una attenta valutazione legale, il nostro team di esperti elimina le notizie false, i commenti ingiuriosi, le informazioni lesive per l’immagine e i dati trattati illecitamente secondo la normativa vigente e il diritto all’oblio riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea. Richiedi maggiori informazioni.   Leggi anche: Web reputation, il diritto all'oblio dei medici
Di: Redazione Consulcesi Club

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