Acque reflue, normative violate e conseguenze sulla salute

Il problema delle acque reflue in Italia ha conseguenze importanti sulla salute. Una premessa sulle normative violate e le conseguenze che queste violazioni comportano in termini di salute.

Per definizione, le "acque reflue" sono l'insieme delle acque provenienti da attività domestiche, industriali o agricole che sono state utilizzate e che, di conseguenza, contengono sostanze inquinanti. Queste acque includono sia quelle provenienti dagli scarichi delle abitazioni, come le acque di scarico delle cucine e dei bagni (acque reflue domestiche), sia quelle derivanti dai processi industriali (acque reflue industriali) e dalle attività agricole (acque reflue agricole).

Le acque reflue domestiche tipicamente contengono materia organica, sostanze chimiche detergenti e altri contaminanti derivati dall'uso quotidiano. Le acque reflue industriali, invece, possono contenere una vasta gamma di sostanze chimiche e inquinanti specifici dei processi produttivi, come metalli pesanti, solventi e altre sostanze tossiche. Le acque reflue agricole possono essere cariche di fertilizzanti, pesticidi e materiale organico proveniente dalle pratiche di coltivazione e allevamento. Da questa descrizione di acque reflue, è intuibile quali possono essere le conseguenze nel momento in cui un Paese, come l’Italia, non segue la normativa riguardante il loro trattamento.

Quali normative sulle acque reflue ha violato l’Italia?

Dell’urgenza di risolvere la questione Acque reflue in Italia ne abbiamo già parlato, tuttavia, risulta necessario fare il punto sulle normative violate e sui rischi per la salute che una cattiva gestione possono provocare.

In primis, vanno considerate le diverse normative europee riguardanti il trattamento e la gestione delle acque reflue che l’Italia ha violato nettamente e per le quali molte volte è stata ripresa dall’Europa.

Tra le direttive, va certamente annoverata la direttiva 91/271/CEE che stabilisce gli standard per il trattamento delle acque reflue urbane e il loro successivo riutilizzo o scarico nell'ambiente. Con riguardo a queste disposizioni, l'Italia ha superato i termini per l'attuazione della direttiva in diverse aree del Paese, ricevendo sanzioni pecuniarie dall'Unione Europea. Le violazioni includono la mancanza o l'inadeguatezza dei sistemi di depurazione, con conseguenti scarichi illegali di acque reflue non trattate o mal trattate in fiumi, laghi e mari.

In secondo luogo, tra le direttive violate anche la 2000/60/CE che mira a proteggere le acque sotterranee dall'inquinamento da nitrati e altri inquinanti. In questo caso, il nostro Paese non ha raggiunto gli obiettivi di qualità delle acque stabiliti dalla direttiva in molte zone, comportando rischi per la salute pubblica a causa del consumo di acqua contaminata da nitrati. I problemi sono principalmente legati all'uso eccessivo di fertilizzanti azotati in agricoltura, che finiscono per inquinare le falde acquifere.

La Direttiva 2006/118/CE riguardante la protezione delle acque contro l'inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole non è stata rispettata e l'Italia ha avuto ed ha difficoltà a rispettare i limiti di nitrati nelle acque superficiali e sotterranee, con conseguenze negative sulla qualità dell'acqua potabile e sugli ecosistemi acquatici. Anche in tal caso, le cause possono essere riconducibili all'uso eccessivo di fertilizzanti azotati in agricoltura e dalla gestione inadeguata del letame e dei liquami zootecnici.

Oltre a queste direttive, l'Italia ha violato altri obblighi comunitari in materia di acque reflue, come la comunicazione periodica dei dati sulla qualità delle acque e l'adozione di misure per la prevenzione e il controllo dell'inquinamento idrico.

Nel corso del tempo, tutte queste violazioni hanno comportato a cascata la violazione dei decreti legislativi di attuazione delle direttive e le leggi confacenti, in particolare: il d. lgs 152/2006, il d. lgs 30/2007, la l. n. 36/1994.

Cosa ha fatto l’Italia

Tutto questo ha ovviamente comportato diversi ordini di conseguenze. Certamente sanzioni pecuniarie per cui l'Italia ha dovuto pagare ingenti somme per il mancato rispetto degli obblighi comunitari; in secondo luogo, danni ambientali: l'inquinamento delle acque reflue ha causato gravi danni agli ecosistemi acquatici e terrestri, con perdita di biodiversità e deterioramento della qualità ambientale.

E ovviamente rischi per la salute pubblica. La contaminazione delle acque ha messo a rischio la salute delle persone, aumentando l'incidenza di malattie legate all'esposizione ad agenti patogeni e sostanze inquinanti.

L'Italia ha avviato alcune azioni per rimediare alle proprie inadempienze, come la costruzione di nuovi impianti di depurazione e l'adozione di misure per ridurre l'uso di fertilizzanti azotati in agricoltura. Tuttavia, gli sforzi attuali non sono ancora sufficienti per garantire la piena conformità alle normative europee e per assicurare una gestione sostenibile delle risorse idriche.

Per proteggere la salute pubblica, l'ambiente e il futuro del paese, l'Italia deve continuare con impegno il percorso di adeguamento alle normative europee sulle acque reflue, investendo in infrastrutture, promuovendo pratiche agricole sostenibili ed educando i cittadini sull'importanza di un uso consapevole delle risorse idriche.

Violazione normative acque reflue, quali conseguenze sulla salute?

Le conseguenze nefaste delle violazioni italiane alle normative europee sulle acque reflue comportano gravi criticità per la salute che derivano da una depurazione carente o assente delle acque reflue urbane e dall'inquinamento delle falde acquifere e dei corsi d'acqua superficiali.

Legato a questo fattore vi è il rischio di contrarre malattie infettive. Infatti, le acque reflue non adeguatamente trattate possono contenere agenti patogeni come batteri, virus e parassiti. Questi microrganismi possono contaminare le riserve d'acqua potabile e gli alimenti irrigati con acque inquinate, aumentando il rischio di malattie gastrointestinali, epatiti e altre infezioni.

Un esempio significativo è la "sindrome del bambino blu" (metemoglobinemia), causata dall'ingestione di acqua contaminata da nitrati, che colpisce neonati e donne incinte con esiti potenzialmente letali.

L’esposizione a sostanze chimiche nocive degli scarichi industriali e agricoli non correttamente trattati e che possono contenere sostanze chimiche tossiche come nitrati, metalli pesanti e pesticidi, può causare seri problemi di salute, soprattutto nei soggetti fragili. Oltre ad essere pericolosi per l’uomo, i metalli pesanti possono avere effetti devastanti sugli ecosistemi acquatici, con perdita di biodiversità e danni alla flora e alla fauna.

Un altro fattore che queste violazioni possono incrementare è la resistenza agli antibiotici. Questo fenomeno richiede un'azione urgente a livello globale per evitare conseguenze catastrofiche.

Inevitabile è anche l’impatto sulla qualità dell'acqua che contribuisce alla formazione di cattivi odori e al degrado della qualità dell'aria nelle aree vicine agli scarichi non trattati. Questo può tradursi in problemi respiratori, con l'aumento di malattie come l'asma e le broncopatie croniche.

Tra le malattie più diffuse a causa del cattivo smaltimento delle acque reflue, vi è certamente: la gastroenterite, l’epatite A, il colera, le malattie della pelle come dermatiti e infezioni fungine, con maggior rischio per i bambini di contrarre con più frequenza il cancro, problemi al sistema riproduttivo, impatti sulla salute mentale.

La salute del pianeta e il benessere delle persone dipendono da un'azione immediata e responsabile da parte di tutti gli attori coinvolti. La mancata osservanza delle normative sulle acque reflue da parte dell'Italia ha comportato serie conseguenze per la salute pubblica, incidendo negativamente sulla qualità della vita di milioni di persone.

Di: Cristina Saja, giornalista e avvocato

News e approfondimenti che potrebbero interessarti

Vedi i contenuti