Cellule staminali, il 2025 potrebbe essere l’anno della svolta

Il 2025 potrebbe segnare un anno cruciale per l'uso delle cellule staminali nel trattamento di malattie come cancro, diabete e Parkinson. Scopri le prospettive future

Sommario

  1. La svolta del passaggio dalle cellule staminali embrionali a quelle adulte
  2. Cellule staminali e cervello: le sperimentazioni sul Parkinson promettono bene
  3. Cosa succede nel cervello dopo il trapianto di staminali
  4. I risultati delle cellule staminali sull’epilessia
  5. Occhi e cellule staminali: le sperimentazioni
  6. Le potenzialità della medicina rigenerativa

Sarà il 2025 l’anno del ritorno “vincente” delle cellule staminali? Spieghiamoci meglio: in realtà, le sperimentazioni sulle cellule staminalinonsisono mai fermate. Tuttavia, l’entusiasmo iniziale (si parla dei primi anni Duemila) - almeno nei media – si era andato gradualmente spegnendo a causa dei tanti effetti collaterali delle sperimentazioni e dei risultati che, da promettenti, si sono trasformati in faticosi; specie a causa della necessità di usare farmaci immunosoppressori nei pazienti con impianto che, da un lato, impediscono il rigetto delle nuove cellule, ma dall’altro espongono continuamente il soggetto a nuove infezioni.

La svolta del passaggio dalle cellule staminali embrionali a quelle adulte

Tutte le scoperte scientifiche di peso hanno bisogno di spazio ed esperimento per dare risultati, in ogni caso. Lo conferma anche la rivista Nature, che in un articolo di fine anno ricorda i tanti passaggi alle sperimentazioni cliniche su varie patologie che la ricerca sulle cellule staminali ha raggiunto negli ultimi anni, e che ora danno i primi valenti frutti.

Una prima svolta è stata segnata sicuramente dalla sostituzione delle cellule embrionali umane – molto dibattute anche da un punto di vista etico e non sempre garanzia di sicurezza per il paziente ricevente – con le cellule staminali ES umane e, poi, con le cellule staminali pluripotenti indotte (IPS), create riprogrammando cellule adulte verso uno stato immaturo.

I trial promettenti, per ora oltre 100, hanno tutti le stesse caratteristiche di base: una pletora di partecipanti ancora ridotta e un focus sulla sicurezza dei pazienti e dei risultati. Gli obbiettivi, invece, differiscono fortemente: dalla cura del Parkinson, dell’epilessia, a quella del diabete di tipo 1, delle malattie degli occhi, dell’insufficienza cardiaca, fino alla sconfitta del cancro.

Cellule staminali e cervello: le sperimentazioni sul Parkinson promettono bene

Forse la notizia sorprende poco chi conosce il funzionamento delle cellule staminali, ma l’organo che risponde meglio a questo tipo di terapie è proprio il cervello. Nature cita, infatti, una sperimentazione condotta in Svezia (a Lund), che nel 2024 ha iniziato l’inserimento di neuroni derivanti da cellule staminali embrionali umane nel cervello di pazienti malati di morbo di Parkinson.

La patologia si sviluppa a causa della degenerazione dei neuroni che producono dopamina (le cellule A9) nella substantia nigra del cervello. Al momento la cura si trova nei farmaci che sostituiscono la dopamina, che però con il tempo diminuiscono in efficacia e comunque hanno forti effetti collaterali, tra cui i movimenti incontrollati e i comportamenti impulsivi. Le cellule staminali in stato embrionale vengono, in questo caso, trapiantate nel cervello dei pazienti e si trasformano nelle cellule cerebrali da rimpiazzare. Dal 1987 ad oggi, oltre 400 persone con Parkinson hanno subito questo tipo di trapianto: molte non hanno riscontrato reali benefici, ma altre sono migliorate talmente tanto da non necessitare più dei farmaci dopaminergici.

Tra queste, ad esempio, la sperimentazione gestita da BlueRock Therapeutics (Cambridge, Massachusetts) con cellule ES umane che conta 12 partecipanti. Due anni dopo, il trattamento non solo è sicuro ma si mostra efficace in chi ha ricevuto la dose più alta.

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Cosa succede nel cervello dopo il trapianto di staminali

Chi partecipa alle sperimentazioni riceve immunosoppressori per circa un anno, mentre la barriera ematoencefalitica del cervello (dopo il trapianto di staminali) guarisce. Il cervello ha una naturale capacità di adattare le nuove cellule trapiantate e renderle proprie e si mostra incredibilmente rapido nel farlo rispetto ad altri organi.

I risultati delle cellule staminali sull’epilessia

Anche per l’epilessia, infatti, nella sperimentazione della Neurona Therapeutics (San Francisco, California), i chirurghi hanno impiantato cellule staminali di interneuroni nel cervello di 10 persone con epilessia incontrollabile e, solo un anno dopo, in due dei partecipanti le crisi erano a zero e la maggior parte degli altri ha avuto riduzioni molto forti degli attacchi. Senza effetti collaterali e danni cognitivi, l’FDA (Food and Drug Admnistration) ha assegnato a questa terapia la fast-track per l’approvazione.

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Occhi e cellule staminali: le sperimentazioni

Al secondo posto dopo il cervello, troviamo invece l’occhio. Anche quest’ultimo dotato di un ottimo sistema immunitario. Si contano 29 sperimentazioni cliniche, scrive Nature, sulle maculopatie degenerative che mostrano risultati promettenti.

Infine, sul diabete – anche se i progressi sono più lenti – si vedono i primi risultati positivi di una sperimentazione di Vertex Pharmaceuticals (Boston, Massachusetts). Qui il prof. Douglas Melton sta coinvolgendo 12 partecipanti con forme di diabete di tipo 1 particolarmente gravi e utilizzando cellule staminali insulari nel loro fegato per ridurre il bisogno di insulina. Stando ai risultati di oggi, nove di questi non la usano più e due l’hanno sensibilmente ridotta.

Le potenzialità della medicina rigenerativa

La medicina rigenerativa è a un punto di svolta, i grandi investimenti fatti negli ultimi 25 anni hanno portato a un futuro tangibile di risoluzione di malattie croniche e invalidanti. Il prossimo passaggio, una volta stabilizzata la sicurezza sperimentale, sarà quella di ampliare i trial clinici e collezionare dati su una base sempre più convincente. Per gli scienziati questi potrebbero essere anni decisivi.

Di: Gloria Frezza, giornalista professionista

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