Al 31 dicembre 2024, l’unica scadenza europea della Missione Salute del PNRR, ovvero la realizzazione di almeno 480 Centrali Operative Territoriali (COT), è stata ufficialmente raggiunta. Come dichiarato da Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE, questo obiettivo era essenziale per garantire il pagamento della settima rata da 18,3 miliardi di euro da parte della Commissione Europea. Tuttavia, il raggiungimento è avvenuto in un quadro di rimodulazioni significative: il target iniziale di 600 COT è stato ridotto a 480, posticipando la scadenza originaria dal 30 giugno al 31 dicembre. Questo adattamento è stato necessario per affrontare i costi crescenti di energia e materie prime, ma lascia aperta la questione delle restanti 120 COT, da finanziare con risorse non ancora definite.
COT: il fulcro della riforma dell’assistenza territoriale
Le COT rappresentano il cuore della rivoluzione organizzativa prevista dal PNRR per migliorare l’assistenza territoriale. Concepite come hub per il coordinamento tra ospedali, medici di famiglia e assistenza domiciliare, queste strutture sono progettate per rispondere alle esigenze di una popolazione sempre più anziana e affetta da patologie croniche. La loro implementazione è strettamente legata alla riforma complessiva delineata dal DM 77, che include anche Case di Comunità, Ospedali di Comunità e telemedicina. Tuttavia, mentre si celebra il raggiungimento delle scadenze europee, emergono interrogativi sulla reale operatività delle COT, distinguendo tra strutture “dichiarate attive” e quelle “pienamente funzionanti”.
Carenza di infermieri: un rischio per il funzionamento delle COT
Il successo delle COT dipende dalla disponibilità di personale infermieristico, un settore già gravemente in crisi. Secondo l’Agenas, per garantire il funzionamento delle 480 COT sono necessari tra 2.400 e 3.600 infermieri di famiglia e di comunità (IFoC). Tuttavia, l’Italia registra una delle percentuali più basse di infermieri per abitante nell’OCSE (6,5 per 1.000 abitanti contro una media di 9,8) e un insufficiente numero di laureati nel settore. Questi dati, uniti a una scarsa attrattività della professione, rischiano di compromettere l’effettiva operatività delle COT, rendendole “scatole vuote” incapaci di garantire i servizi previsti.
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La sfida dell’equità regionale
Un altro elemento critico è la mancanza di dati aggiornati sulla distribuzione regionale delle COT pienamente funzionanti. Al 30 giugno 2024, solo 362 delle 611 COT originariamente previste erano operative, un dato che evidenzia forti diseguaglianze territoriali. La mancanza di trasparenza e di monitoraggio continuo rischia di accentuare queste disparità, penalizzando ulteriormente le Regioni già in difficoltà. Questo aspetto evidenzia come il rispetto delle scadenze europee non sia sufficiente a garantire una reale trasformazione del sistema sanitario.
Un’occasione da non perdere
Il raggiungimento degli obiettivi del PNRR rappresenta un’importante opportunità per il Servizio Sanitario Nazionale, ma senza un adeguato investimento nel personale sanitario e nella qualità dei servizi rischia di trasformarsi in un’occasione mancata. Come sottolinea Cartabellotta, il successo del PNRR non può limitarsi al rispetto delle scadenze formali: è fondamentale che queste riforme lascino un’eredità duratura, garantendo un’assistenza sanitaria equa e universale e riducendo le disuguaglianze regionali. Solo un rilancio deciso delle politiche sanitarie potrà restituire dignità e attrattività alle professioni sanitarie, assicurando il futuro del nostro sistema sanitario.