Deroga al vincolo di esclusività, tornare indietro allontanerà i sanitari dal SSN

La legge 412/1991 sancisce la “compatibilità col rapporto unico d’impiego”, non la sua eliminazione. Oggi, quindi, possiamo parlare di deroga al divieto di cumulo di impieghi, non di deroga al vincolo di esclusività. Approfondisci

Sommario

  1. Deroga al divieto di cumulo di impieghi
  2. La Pubblica Amministrazione
  3. È una norma perfetta?

A volte mi fa sorridere la narrazione della “deroga al vincolo di esclusività”, che, se nella vulgata è diventato comune, nell’ambito un po' più tecnico fa, appunto, sorridere.

Il vincolo di esclusività gode di ottima salute, anche per i medici, in relazione alla celeberrima legge 412/1991, dove all’art. 4, comma 7 si sancisce la “compatibilità col rapporto unico d’impiego”, non la sua eliminazione. Una magia lessicale e legislativa di indubbio valore.

Deroga al divieto di cumulo di impieghi

Nessuna deroga quindi (e diversamente non può essere), stanti i capisaldi normativi che affondano le radici in tempi di italica monarchia con la Legge 722/1862, art. 1 e 290/1908, art.3, trattanti le tematiche di incompatibilità e divieto di cumulo degli impieghi.

In Italia Repubblicana, i principi sono stati fatti salvi negli articoli 97 e 98 della Costituzione, così come poi recuperati in norme intertemporali, come il DPR 3/1957, art. 3, richiamato anche dall’art. 53 del noto D. Lgs 165/2001.

Oggi, quindi, quantomeno nella definizione, possiamo parlare di deroga al divieto di cumulo di impieghi, non di deroga al vincolo di esclusività.

Fatto pace con la nomenclatura, proviamo ad occuparci della realtà.

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La Pubblica Amministrazione

Se realmente “fosse andato tutto bene”, oggi probabilmente non ci occuperemo di questo tema, che vedo inquadrato, almeno nel principio ispiratore, in una cornice di “retention” del dipendente del comparto della Pubblica Amministrazione, ma sappiamo che oggi la realtà è diversa ed il ripensamento dell’orizzonte organizzativo necessita certamente di buone idee, ma, soprattutto, di tempo. Ricordo sempre la metafora della Pubblica Amministrazione, come una grande nave porta container, che, per effettuare una manovra importante di correzione della rotta, ha necessità di molto tempo e di grande attenzione, onde evitare l’incagliamento ed i conseguenti profondi interventi di riallineamento.

Al netto delle “manovre di avvicinamento”, dettate da questioni emergenziali pandemiche e post-pandemiche oggi abbiamo una norma che può autorizzare il Pubblico Dipendente all’effettuazione di attività extramoenia in deroga allo storico divieto di cumulo degli impieghi.

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È una norma perfetta?

Certamente no, altrimenti il marcato intervento chiarificatore della Conferenza delle Regioni del 12 luglio 20233 non sussisterebbe, ma, in tutta onestà, vedo prudenti, ma chiare aperture politiche sulla ridiscussione della stessa, sia verso il limite temporale oggi fissato al 31/12/2025, sia rispetto ad una maggiore flessibilità dei limiti vigenti, che, al di là dei desiderata dei singoli, hanno sostanziali ragioni normative.

C’è una questione che mi intriga molto e che, credo, possa essere un punto di attenzione sul tema specifico: il macrotema (mondiale) della “great resignations, le grandi dimissionidalla Pubblica Amministrazione e del correlato tema della “retention” che stanno confluendo su alcune direttrici importanti, una delle quali riguarda la flessibilità dei modelli organizzativi del lavoro nella PA, sui quali sta inferendo molto il pensiero – sovranazionale – dell’Unione Europea.

Questo potrebbe essere un punto di vista importante e soprattutto cogente, in un quadro normativo ultracentenario che oggi sta mostrando davvero troppi limiti.

Di: Luigi Pais Dei Mori, Studio di infermieristica Legale Pais

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