Assistente infermiere: evoluzione, sfide e opportunità

L'evoluzione dell'assistente infermiere, il suo ruolo nell'integrazione delle figure di supporto e le sfide per un sistema sanitario più fluido e specializzato.

Sommario

  1. Infermieristica, ogni evoluzione della professione nasce da una condizione di “crisi”
  2. Le richieste economiche e di riconoscibilità
  3. Confronto tra OSS-S e Assistente infermiere

Tanto è stato scritto su Assistente Infermiere e Infermieri e vorrei aggiungere qui una riflessione di natura forse un po’ diversa da quelle che ho letto in questi mesi. Sui media si trova un po’ di tutto e ho voluto riprendere in particolare questi passaggi che vi prego di leggere con attenzione: “Non si tratta di delegare prestazioni specificamente infermieristiche, ma di operare un’integrazione al lavoro dell’infermiere, perché questi possa riappropriarsi compiutamente dell’intero processo assistenziale“.

“L’inserimento del nuovo operatore non deve tradursi in pericolose deleghe di funzioni di competenze degli infermieri. Necessario quindi il ruolo della formazione, in primis infermieristica“.

Secondo alcuni rappresentanti professionali è necessario tra le altre cose: “Riconoscimento del ruolo sociale dell’infermiere, dell’identità e dell’autonomia professionale e delle responsabilità; aumentare il livello formativo degli infermieri e riconoscerne inquadramenti contrattuali e relativi fabbisogni; definire i compiti delle nuove figure e relativo controllo della loro corretta applicazione; aumentare la governance infermieristica”.

Ora, tutto quello che avete appena letto non riguarda l’assistente infermiere né è dibattito contemporaneo ma sono le soluzioni e le riflessioni dell’allora Federazione Nazionale Collegi IPASVI che ho ritrovato ne “L’infermiere”, notiziario aggiornamenti professionali Agosto/Settembre 1989.

Avete letto bene, 1989. Quasi 40 anni fa. L’allora tensione riguardava l’inserimento dell’OTA, poi dell’ausiliario Socio Sanitario, infine di quello specializzato. L’allora proposte erano orientate su due fronti ben chiari:

  • Definire con esattezza perimetri, funzioni e responsabilità
  • Chiedere nel contempo un “upgrade” della professione che necessariamente doveva passare da una maggiore formazione e istruzione.

Infermieristica, ogni evoluzione della professione nasce da una condizione di “crisi”

Questo cosa ci dice, intanto? Che Il futuro è sempre esistito. Ogni epoca ha sempre avuto la sua idea di futuro e la società si è sempre divisa da apocalittici (avversi al cambiamento) e integrati (disponibili al cambiamento), per citare Umberto Eco. Cambiano i tempi, cambiano i contesti, ma il timore del nuovo resta una variabile umana con cui fare sempre i conti. La storia ci dice sempre tutto ma facciamo sempre fatica a riportarla a noi per mostrarci il futuro.

Ogni nostra evoluzione nasce sempre da una condizione di “crisi”, ogni nostro passaggio evolutivo ha sempre comportato l’aumento di competenze, di formazione e di studio.

Allora entrammo in università, fu reso obbligatorio il diploma di scuola superiore, si abolì il mansionario e diventammo professione a tutti gli effetti ed iniziò il percorso ancora in essere sulle prime dirigenze manageriali. Un percorso che comunque si sviluppò in circa 15/20 anni ed in certi contesti geografici e culturali è ancora in essere.

Oggi vengono istituite le lauree magistrali ad indirizzo clinico, si apre la possibilità prescrittiva, mentre sempre più infermieri assumono ruoli di dirigenza apicale fuori dall’ambito strettamente professionale e sempre più infermieri assumono ruoli incardinati dentro l’università

Questa rapida evoluzione, dal punto di vista sociale e storico, talvolta non gioca a nostro favore, perché non ci permette di metabolizzare i cambiamenti e spesso acuisce i conflitti generazionali. Viviamo in un mondo di rapidi cambiamenti professionali e di crisi, che impone un cambiamento radicale del paradigma, come direbbe Thomas Kuhn, “uscire dalla scienza tranquilla”. Noi infermieri siamo probabilmente la professione che più di tutte intercetta questo cambiamento, e dovremmo essere consapevoli e orgogliosi di questo, pur riconoscendo quanto sia faticoso e difficile essere gli autori di una trasformazione così dirompente. Per chi fa rappresentanza professionale lo è in particolar modo perché davanti ai cambiamenti gli scontenti urlano, i beneficiari tacciono perché spesso non sanno di esserlo.

Le richieste economiche e di riconoscibilità

Non voglio entrare in un’arte retorica di persuasione, ma desidero solo evidenziare che la legittima richiesta di riconoscibilità sociale ed economica della professione deve necessariamente passare attraverso un aumento delle competenze e della formazione universitaria. L’aumento delle competenze e dello studio universitario comporta anche inevitabilmente lo “spostamento” di tecniche da una mano all’altra. Basterebbe guardare alla nostra storia e vedere come, nel corso del tempo, alcune competenze precedentemente riservate ai medici siano state trasferite agli infermieri e come questo sia per altro un passaggio ben in corso.

Non dobbiamo fermarci qui. In un futuro che già ci coinvolge, con una popolazione di giovani ridotti, molti anziani, un numero crescente di malati cronici, risorse economiche limitate e una pluralità di professioni sanitarie, dovremmo pensare a un sistema più “liquido”, senza paura di perdere identità, ma mantenendo salda la disciplina di ciascuna professione. Se queste 30 professioni (perché di 30 si parla!) fossero in realtà specializzazioni di poche professioni di “base” con radici comuni da cui poi far patire diramazioni, avremmo la possibilità per i giovani di “spostarsi” più facilmente tra professioni diverse ma con la stessa radice formativa, grazie a percorsi universitari sicuri, a un riconoscimento economico maggiore, a una maggiore gratificazione professionale per chi già lavora nel sistema e alle possibilità dell’organizzazione di modificare e contrattare le skill e le competenze dei proprio collaboratori a seconda del bisogno specifico.

Forse dovremmo passare dallo slogan “Servono più infermieri” a “Serve più infermieristica, più specializzazioni e meno professioni”. Dobbiamo immaginare un sistema con regole professionali chiare, ma anche più fluido e stratificato.

Infine, in merito ai compiti dell'Assistente Infermiere, mi sembra incredibile che in pochi abbiano colto la vera novità: per la prima volta nella storia, l'operatore di supporto dipenderà unicamente dagli infermieri.

Dal punto di vista normativo non solo non è cambiato nulla, da quando esistono le figure di supporto e da quando è in vigore la Legge 42/1999 ma si definiscono con più chiarezza alcune funzioni. Per altro il binomio di “crescita reciproca” lo si evince fin dal chiaro indicatore di avere come coordinatore del corso dell’A.I. proprio un infermiere con Laurea Magistrale e infermieri tra i docenti.

Non vi è un’aumentata responsabilità degli infermieri in riferimento all’Assistente Infermiere, poiché ogni operatore, o professionista che sia, risponde sempre direttamente di quello che fa, premessa la corretta pianificazione ed attribuzione di attività, “qualora necessario” (DM 739/1994).

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Confronto tra OSS-S e Assistente infermiere

Infine, un confronto tra il profilo dell'OSS-S del 2003 e quello dell'AI ci mostra quanta chiarezza è stata fatta, dissipando le paure di un possibile “sostituto” del nostro ruolo.

Profilo di autonomia OSS-S: “ Coadiuva l’infermiere o l’ostetrica/o e, in base all’organizzazione dell’unità funzionale di appartenenza e conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione”.

Profilo di autonomia Assistente Infermiere: “In rapporto alla gravità clinica dell’assistito e all’organizzazione del contesto, svolge le proprie attività secondo le indicazioni dell’Infermiere e in collaborazione e integrazione con gli altri operatori. E’ responsabile della correttezza dell’attività svolta.”(art. 1).

“Svolge la sua attività collaborando e attenendosi alle indicazioni e programmi dell’Infermiere, nell’ottica di integrazione multi-professionale, secondo l’organizzazione del contesto cui è inserito”.

Svolge le attività dirette alla persona, direttamente attribuite dall’Infermiere o secondo la pianificazione assistenziale, riferendone allo stesso in quanto responsabile dell’assistenza infermieristica generale (…) risponde per l’esecuzione delle prestazioni affidategli e previste nel presente atto”.

Le attività attribuite dall’Infermiere responsabile dell’assistenza, vengono svolte nell’ambito di situazioni di bassa discrezionalità decisionale ed elevata standardizzazione, al fine di assicurare adeguati livelli di risposta ai bisogni assistenziali di tipo sanitario”. (art. 4)

La convivenza non sarà semplice. O forse sì. Ma in fin dei conti la storia ci ha già detto e ridetto che le convivenze dipendono solo dalle persone, dai clinici, dai dirigenti, dai professori e dagli accademici, dalle leadership, dalla visione, dagli obiettivi comuni. Le norme in fin dei conti non hanno mai fatto l’agito. Ed il futuro…beh, "Il miglior modo per prevedere il futuro è crearlo" (Abraham Lincoln).

Di: Nicola Draoli, Consigliere nazionale FNOPI con delega alla comunicazione e presidente OPI Grosseto

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