La Riforma Cartabia rende “rapido” il diritto all’oblio

Deindicizzazione immediata in caso di sentenza di assoluzione, di non luogo a procedere o decreto di archiviazione. È quanto stabilito dalla Riforma Cartabia che regola una norma non ancora scritta

Sommario

  1. Come si ottiene la tutela per deindicizzazione o preclusione dell’indicizzazione?
  2. A quali condizioni è possibile richiedere il diritto all’oblio?
  3. Il disposto dell’art. 64-ter

Con l’introduzione della Riforma della Giustizia, che prende il nome dall’ex Ministro Marta Cartabia, dal primo gennaio 2023 è possibile chiedere e ottenere una deindicizzazione in tempi record.

Secondo quanto stabilito dall’art. 41, comma 1, lett. h) del D. Lgs n.150 del 2022, nella parte delle “Disposizioni di attuazione al codice di procedura penale” che ha introdotto l’art. 64-ter rubricato “Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini”,

la persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento.

È ovvio che si potrà fare ai sensi e nei limiti stabiliti dall’articolo 17 del regolamento (UE) n. 2016/679 (GDPR) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 che regola, appunto, il cosiddetto diritto all’oblio, rafforzato dall’art. 52 del D.Lgs.196/2003 (Codice in materia di dati personali).

Come si ottiene la tutela per deindicizzazione o preclusione dell’indicizzazione?

I tempi previsti sono rapidissimi.

Nei tre giorni che seguono l’esito favorevole del procedimento penale a carico dell’interessato, questi potrà chiedere e ottenere un provvedimento di deindicizzazione dalla cancelleria del Giudice che ha emesso la sentenza o decretato l’archiviazione.

Ma non solo. È possibile chiedere anche una “deindicizzazione preventiva”. Ciò significa che è possibile richiedere l’obbligo a non rendere raggiungibili dai motori di ricerca anche tutti gli articoli riguardanti l’indagato o l’imputato da quel momento in poi, oltre – ovviamente – a quelli già scritti.

A quali condizioni è possibile richiedere il diritto all’oblio?

È diritto di ogni cittadino europeo richiedere e ottenere il diritto all’oblio nei propri riguardi, soprattutto se si verificano casi di “biografia ferita” che possono compromettere l’immagine personale e professionale di un individuo i cui dati e/o notizie riportate dai motori di ricerca non sono più contingenti e attuali e la notizia – seppur vera – è ormai passata e, a maggior ragione, si è potuta concludere nel migliore die modi (assoluzione, archiviazione).

Giurisprudenza consolidata, della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia Europea in tal senso, hanno tutelato anche il diritto di cronaca e critica giornalistica, stabilendo che non è possibile imporre la rimozione degli articoli collegati a un nome, ma se ne può chiedere l’oscuramento tramite, appunto, la pratica della deindicizzazione. Il problema, però, si è posto proprio nell’attuazione di questa pratica. In un primo momento, infatti, non si procedeva a deindicizzazione se questa non veniva ordinata da un giudice o addirittura dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, costringendo l’interessato a contenzioni molto lunghi. Proprio in tal senso è intervenuto l’emendamento della Riforma Cartabia.

Il disposto dell’art. 64-ter

“1. La persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

  1. Nel caso di richiesta volta a precludere l’indicizzazione,la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: ‘Ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, è preclusa l’indicizzazione del presente provvedimento rispetto a ricerche condotte sulla rete internet a partire dal nominativo dell’istante.’
  2. Nel caso di richiesta volta adottenere la deindicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: ‘Il presente provvedimento costituisce titolo per ottenere, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante”.”

La celerità dell’effettività del diritto all’oblio è, dunque, garantita proprio dall’apposizione dell’annotazione da parte del cancelliere del Giudice. Qualora la cancelleria non ottempera, è possibile presentare ricorso per inottemperanza al T.A.R. di riferimento. È sempre possibile chiedere e ottenere tanto la deindicizzazione quanto l’inibitoria per articoli futuri che potrebbero essere scritti con riferimento alla stessa persona.

Sarà la casistica a stabilire il prosieguo, dopo l’emissione del provvedimento.

Tutto questo ha una ragione ben precisa, ribadita e chiarita anche dalle ultime sentenze in tema dalla Corte di Cassazione. A titolo esemplificativo, possiamo ad esempio riportare la massima della sentenza n. 9147/2020 che stabilisce che “il diritto all’oblio consiste nel non rimanere esposti senza limiti di spazio ad una rappresentazione non più attuale della propria persona con pregiudizio alla reputazione ed alla riservatezza, a causa della ripubblicazione, a distanza di un importante intervallo temporale, di una notizia relativa a fatti del passato (…)”.

Tutto questo è interessante soprattutto se si legge con occhio vigile alla posizione dei medici e degli operatori sanitari che risultano essere sempre più spesso protagonisti di vicende giudiziarie, che rischiano di segnare la loro carriera.

Il diritto all’oblio è strettamente collegato al diritto alla riservatezza e, in tale ottica, protegge l’individuo nella propria pretesa di non vedere più divulgate notizie che abbiano tre precise caratteristiche:

- non siano di interesse pubblico,

- non siano state aggiornate o contestualizzate.;

- ledano l’immagine personale e/o professionale.

Proprio per l’importanza assunta, il diritto all’oblio è stato ancorato al diritto alla privacy in ragione del fatto che il racconto di un accadimento relativo ad una persona contiene dati personali relativi a quest’ultima.

È ovvio che si tratta di un provvedimento a tutela di tutti, non solo dei VIP e delle persone note, ma soprattutto delle persone note, di coloro che ci hanno messo anni a costruire la loro reputazione che viene maltrattata anche a discapito della possibilità che i media omettano o non considerino la presunzione di innocenza fino alla fine dei tre gradi di procedimento.

Di: Redazione Consulcesi Club

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