La telemedicina e l’assistenza sanitaria a distanza esistevano da ben prima dell’arrivo del Covid-19, ma si sono imposte come modalità fondamentali di trattamento dei pazienti proprio in concomitanza con la pandemia. A causa dei lockdown e delle restrizioni alla libertà di movimento della popolazione (da un lato imposte da provvedimenti legislativi, dall’altro dalla paura diffusa del contagio, in particolare nei casi di pazienti fragili e dei loro familiari) la domanda di assistenza da remoto è cresciuta di molto, accelerando in maniera importante non solo la consapevolezza generale nei confronti di una materia ancora poco considerata, ma anche il suo sviluppo tecnologico e legislativo.
Telemedicina: in cosa consiste?
La telemedicina si divide sostanzialmente in tre attività: televisita, teleconsulto e telemonitoraggio.
- Televisita: si tratta, per l’appunto, di una visita a distanza che può essere però solo di controllo. Può essere prescritta dai medici (del Ssn o che lavorano in strutture private convenzionate) che hanno in carico il paziente e dovrà essere erogata in tempo reale.
- Teleconsulto: i professionisti si confrontano da remoto su un determinato caso clinico. Il servizio può essere erogabile sia in tempo reale che in differita.
- Telemonitoraggio: consiste nel rilevamento a distanza dei parametri vitali. Le linee guida prevedono telecontrolli di alcune categorie di pazienti cronici (ad esempio, persone affette da diabete o patologie cardiologiche e oncologiche).
Più consapevolezza da parte di pazienti e medici
Secondo una ricerca del 2021, in epoca pre-pandemica l’utilizzo di applicazioni di telemedicina da parte dei camici bianchi era di poco superiore al 10%. Dovendo fare di necessità virtù, però, il teleconsulto (il servizio di telemedicina più utilizzato) è stato adoperato dal 47% degli specialisti e dal 39% dei medici di medicina generale. Dati non molto dissimili riguardano gli altri servizi di teleassistenza: la televisita è stata utilizzata dal 39% degli specialisti e dei mmg mentre il telemonitoraggio, rispettivamente, dal 28 e dal 43%.
E se prima della pandemia un medico specialista su tre si era dichiarato non interessato (se non addirittura contrario) alla telemedicina, ad un anno e mezzo dalla scoperta del virus la percentuale è scesa all’8%. Il 25% del campione, infine, prima dell’emergenza non aveva mai utilizzato strumenti di telemedicina e ha cominciato proprio durante la pandemia. Mentre il 20% non ha avuto occasione per utilizzare questo tipo di servizio ma si dichiarava interessato a farlo in futuro.
Le linee guida
Una tale e così rapida evoluzione di un settore delicato come quello sanitario ha spinto le istituzioni a varare delle linee guida nazionali al fine di regolamentare al meglio la materia. Parliamo del decreto del 21 settembre 2022, denominato “Approvazione delle linee guida per i servizi di telemedicina – Requisiti funzionali e livelli di servizio”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 novembre successivo e firmato dall’allora Ministro della Salute, Roberto Speranza, e dal Ministro delegato per l’Innovazione tecnologica e la Transazione digitale, Vittorio Colao. L’intento di questo provvedimento è quello di stabilire “i requisiti tecnici indispensabili per garantire l’omogeneità a livello nazionale e l’efficienza nell’attuazione dei servizi di telemedicina”.
Nella premessa alle linee guida si può leggere: “L’evoluzione in atto della dinamica demografica, e la conseguente modificazione dei bisogni di salute della popolazione . Le modalità di erogazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie abilitate dalla telemedicina sono fondamentali”, in quanto contribuiscono “ad assicurare equità nell’accesso alle cure nei territori remoti, un supporto alla gestione delle cronicità, un canale di accesso all’alta specializzazione, una migliore continuità della cura attraverso il confronto multidisciplinare e un fondamentale ausilio per i servizi di emergenza-urgenza”. Le linee di indirizzo precisano, inoltre, che “i servizi di telemedicina vanno assimilati a qualunque servizio sanitario diagnostico/terapeutico” e che “la prestazione in telemedicina non sostituisce la prestazione sanitaria tradizionale nel rapporto personale medico-paziente, ma la integra per potenzialmente migliorare efficacia, efficienza e appropriatezza”.
PNRR: il sub-investimento 1.2.3 dedicato interamente alla telemedicina
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), finanziato attraverso il programma dell’Unione europea “Next Generation Europe”, dedica al tema della salute un’intera Missione (la numero 6), i cui obiettivi vanno realizzati entro il 2026.
Alla Missione Salute è stato dedicato l’8,16% delle risorse totali del PNRR, pari a 15,63 miliardi di euro. Questa cifra supera i 20 miliardi se contiamo anche gli altri fondi che verranno stanziati nel corso del tempo e che sono così ripartiti:
- 2,89 miliardi arrivano dal Piano Nazionale per gli Investimenti Complementari al PNRR (PNC).
- 1,71 miliardi provengono invece dal Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori d’Europa (Recovery Assistence for Cohesion and the Territories of Europe – REACT-EU).
- 625 milioni, stanziati in collaborazione con il Ministero per la coesione territoriale, sono i fondi dell’Unione Europea per il Programma Nazionale – Equità nella Salute, il primo finanziato attraverso il programma di coesione dell’UE destinato a potenziare la salute in sette Regioni del Mezzogiorno.
La Missione 6 Componente 1 del PNRR individua il sub-investimento 1.2.3 (dal valore di 1 miliardo di euro). per l’implementazione della Piattaforma Nazionale di Telemedicina.
Gli obiettivi del sub-investimento 1.2.3 sono:
- incentivare l’adozione della telemedicina durante tutto il percorso di cura, con particolare attenzione ai casi cronici;
- integrare le soluzioni di telemedicina con i sistemi digitali sanitari (in particolare il Fascicolo sanitario elettronico);
- misurare gli interventi e incentivare i migliori, perché estendano i loro servizi a più Regioni del Ssn.
I target europei prevedono che entro la fine del 2023 ci sia almeno un progetto per Regione (o Provincia autonoma) e non meno di 200mila persone assistite attraverso telemedicina.
L’investimento nella telemedicina
Lo scorso 12 ottobre l’Agenas (Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Regionali), in qualità di “soggetto attuatore per la progettazione, la realizzazione e la gestione dei Servizi abilitanti della Piattaforma nazionale di Telemedicina”, ha pubblicato la procedura per l’affidamento della concessione per la progettazione, realizzazione e gestione dei servizi abilitanti della Piattaforma Nazionale di Telemedicina. Sono stati di fatto messi a disposizione delle Regioni 750 milioni di euro del PNRR per sviluppare percorsi di telemedicina. Ogni Regione veniva chiamata a presentare il suo piano operativo entro la fine del 2022.
L’obiettivo dell’investimento in telemedicina (insieme a quelli sulle reti di prossimità e assistenza sanitaria territoriale), è quello di “migliorare l’assistenza delle persone affette da patologie croniche, con particolare attenzione verso gli over 65”. Questo obiettivo si collega ad altri tre obiettivi complementari:
- aumentare il numero dei pazienti assistiti nelle proprie abitazioni, incrementandolo a oltre un milione e mezzo entro il 2026;
- realizzare un nuovo modello organizzativo, con la creazione delle Centrali operative territoriali, al fine di assicurare la continuità, l’accessibilità e l’integrazione della cura sanitaria;
- promuovere e finanziare lo sviluppo di nuovi progetti di telemedicina per l’assistenza a distanza da parte dei sistemi sanitari regionali.
Nello specifico, il miliardo messo a disposizione dal PNRR per lo sviluppo della telemedicina servirà a sviluppare l’organizzazione dei servizi per la telemedicina e creare due infrastrutture tecnologiche:
- la Piattaforma Nazionale per la Governance e Diffusione della Telemedicina (afferente alla Componente 2 della Missione Salute del PNRR);
- la Piattaforma Nazionale Telemedicina per l’erogazione dei servizi di Telemedicina (afferente alla Componente 1 della Missione Salute del PNRR).