Turni massacranti medici e sanitari: cosa fare?

Turni massacranti ed effetti nocivi per la salute degli operatori sanitari e del nostro SSN. Il punto sulla normativa in atto e sui possibili rimedi per bloccare l’emorragia di medici e operatori sanitari.

Sommario

  1. Il sovraccarico di lavoro del personale sanitario è un problema che ha radici profonde 
  2. Quali sono le azioni a tutela di medici e personale sanitario? 
  3. È tempo di curare la sanità 
Caldo, tagli e turni massacranti: il sistema sanitario al collasso”   “Turni massacranti, muore chirurgo dopo 12 ore di lavoro”   “La fuga degli infermieri dal posto fisso”   Questi sono solo alcuni dei titoli di cronaca che negli ultimi anni balzano agli occhi dei lettori inermi. La mobilitazione dei Sindacati di categoria, le proteste di medici e professionisti sanitari sembrano non essere ancora abbastanza, come non sono abbastanza i decessi dei medici sul lavoro, il burn-out di tutti gli operatori sanitari in emergenza Covid-19 (e non solo), e la fuga dei camici bianchi.   La situazione è diventata insostenibile e Consulcesi, da sempre dalla parte dei medici, combatte quotidianamente la sofferenza del nostro Sistema Sanitario Nazionale proponendo soluzioni o rivolgendosi ai medici per porre rimedio e ottenere un risarcimento.    

Il sovraccarico di lavoro del personale sanitario è un problema che ha radici profonde 

  Il focus dell’argomento è ben chiaro, si parla di sicurezza e salute dei lavoratori, in tal caso i medici e tutti gli operatori sanitari.   A evidenziare i limiti entro cui agire è stata la direttiva 2003/88/CE che ha stabilito una volta per tutte un orario settimanale massimo di 48 ore – compreso lo straordinario – e un periodo di riposo giornaliero di 11 ore. Pur recependo tale direttiva tramite la legge finanziaria n. 244/2007 per il 2008 e la legge n. 133/2008, l’Italia ne ha vanificato gli effetti applicando la formula secondo la quale le citate tutele “non si applicano al personale del ruolo sanitario del servizio sanitario nazionale”.   Di certo, il Servizio Sanitario Nazionale può adesso comprendere quanto sia prezioso il personale sanitario e quanto sia oltremodo importante salvaguardare la loro salute e la loro sicurezza, in un periodo in cui la prima criticità è la carenza dei medici, la seconda la fuga di medici e operatori sanitari e la terza il numero chiuso a Medicina, tralasciando tutte le altre falle del sistema che invece di porgere una mano, peggiora la situazione.   La storia evidenzia le criticità costantemente affrontate dal personale sanitario che, dal 2008, si è visto privato di una garanzia riconosciuta a tutti i lavoratori, in violazione alla normativa comunitaria e in totale contrasto con la letteratura scientifica internazionale. Inascoltato è rimasto, inoltre, l’invito della Commissione europea che ha incalzato l’Italia al recepimento della direttiva, con conseguente avvio della procedura di infrazione n. 2911/4185 nel febbraio 2014 all’Unione europea.   Soltanto il 25 novembre 2015, lo Stato si è adeguato formalmente.   La realtà, infatti, come abbiamo visto si sostanzia in altro modo e ha ancora tantissimi passi da compiere per giungere a un buon livello di sicurezza e tutela dei lavoratori auspicato dall’Europa.  

È possibile, quindi, mettere in atto delle azioni a tutela dei propri diritti.


 

Quali sono le azioni a tutela di medici e personale sanitario? 

  Innanzitutto, è bene sottolineare che medici e dirigenti medici, come tutti i sanitari in Italia, non hanno un contratto che tiene conto solo dei risultati: il rapporto di lavoro contrattualizzato è basato sugli orari di lavoro.   È per questo che nessun operatore sanitario può essere tenuto fuori dalle tutele previste relative ai riposi e ai tempi massimi di lavoro.   La legge 133/2008, all’art. 41 ha stabilito infatti che: “Al personale delle aree dirigenziali degli Enti e delle Aziende del Servizio Sanitario Nazionale, in ragione della qualifica posseduta e delle necessità di conformare l’impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilità propria dell’incarico dirigenziale affidato, non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 4 e 7 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66. (…) La contrattazione collettiva definisce le modalità atte a garantire ai dirigenti condizioni di lavoro che consentano una protezione appropriata ed il pieno recupero delle energie psico-fisiche”.   Nel 2014, con legge n. 161, l’Italia ha quindi predisposto un graduale sistema di adeguamento, teso ad imporre alle Regioni di giungere ad un accordo con le parti sociali per disciplinare una riorganizzazione del lavoro di tutti i medici dipendenti pubblici e privati.   La questione si fa spinosa perché, non solo le Regioni non riescono a venire a capo del necessario adeguamento, ma è il sistema stesso che non riesce a tutelare in maniera adeguata. Allora che fare?   Di certo, un rimedio immediato e auspicabile è il risarcimento del danno. In particolare, si può richiedere quando il personale medico vittima di tale violazione è creditore nei confronti dello Stato per mancata attuazione della direttiva. L’azione serve ad ottenere il rimborso per le ore di lavoro in più non retribuite, nonché il risarcimento del danno non patrimoniale subito a causa della perdurante e colpevole inadempienza dello Stato. Ciascun medico potrà quindi verificare se è in possesso dei presupposti ed effettuare una richiesta di indennizzo/risarcimento per le ferie non godute negli ultimi dieci anni e tutte le azioni previste a tutela della sua sicurezza e salute.  

È tempo di curare la sanità 

  Da inizio pandemia, le richieste di aiuto da parte dei sanitari sono aumentate di più del 30% e questo è quanto hanno registrato i legali del team Consulcesi che sottolineano come la Corte di Giustizia Europea stabilisce espressamente che gli Stati membri inadempienti hanno obbligo di risarcire i danni relativi al mancato recepimento della direttiva, concedendo al medico danneggiato ‘tempo libero aggiuntivo’ oppure ‘un’indennità pecuniaria’.   Il principio sottolinea che il riposo del medico è parte integrante del suo lavoro, in quanto un medico stressato e stanco corre rischi maggiori di incappare in questioni di responsabilità professionale. È arrivato, dunque, il tempo di curare la sanità e riservare attenzione a tutti gli operatori sanitari che in Italia vengono continuamente bistrattati e sono costretti ad altri rimedi, compresa la fuga. Tutto ciò è intollerabile. Per questo, così come fatto in questi ultimi anni per le altre violazioni in termini di rispetto degli orari di lavoro nel Ssn, Consulcesi si è già impegnata per portare la questione fino al Parlamento europeo e non si fermerà fin quando i diritti dei medici e dei professionisti sanitari non saranno adeguatamente tutelati.
Di: Redazione Consulcesi Club

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