Sono presenti in diverse parti del pianeta e fanno male sia alla salute dell’uomo, che dell’ambiente. Eppure, nonostante la loro comprovata tossicità non ci sono norme che ne stabiliscano i limiti di utilizzo. Per tale motivo sono definiti inquinanti “emergenti”. Si tratta di sostanze, che in virtù della loro potenziale pericolosità, la comunità scientifica vuole conoscere meglio, individuandone distribuzione e diffusione territoriale.
Gli inquinanti emergenti finiscono nelle acque
“Questi inquinanti emergenti, provenienti sia dai siti di produzione industriale e farmaceutica, dagli allevamenti e dall’agricoltura ma anche dalle nostre case e dagli ambienti di vita comune, finiscono nel ciclo delle acque. A peggiorare la situazione ci sono anche gli stili di vita poco corretti di ognuno di noi”, spiega il professore Vincenzo Belgiorno, ordinario di Ingegneria Sanitaria Ambientale all’Università di Salerno, presidente dell’Associazione Nazionale Ingegneria Sanitaria, direttore generale dell’Ente Idrico Campano e componente del Comitato tecnico scientifico SIMA, la Società Italiana di Medicina Ambientale.
I metaboliti
Chi assume farmaci rilascia, attraverso il proprio corpo, dei metaboliti che, disperdendosi nell’ambiente, finiscono nelle acque. Di conseguenza chi abusa inutilmente di queste sostanze sarà direttamente responsabile dell’aumento del livello di tali inquinanti. Anche gli animali, spesso imbottiti di farmaci ed altre sostanze chimiche all’interno degli allevamenti intensivi, rilasciano i propri metaboliti associati all’assunzione di questi prodotti, contribuendo all’inquinamento ambientale.
I pcp
Da non trascurare nemmeno l’impatto dei pcp, i prodotti per la cura personale, sull’ambiente. “Basti pensare anche soltanto a quante creme solari, a volte poco utili, sono utilizzate durante la stagione estiva”, aggiunge il professore Vincenzo Belgiorno . Ancora, profumi e prodotti per la cosmesi che, utilizzati di consueto, finiscono nelle acque al primo tuffo della giornata. Ingenti anche le quantità di microplastiche costantemente rilevate nei mari.
I depuratori non bastano
Che derivino dalla produzione industriale, farmaceutica, da metaboliti umani o animali, dall’uso diretto di prodotti per la cura della persona, questi inquinanti finiscono nel ciclo delle acque e vi rimangano, poiché gli impianti di depurazione di cui disponiamo attualmente non sono in grado di abbatterli. “Esistono nuove tecnologie capaci di eliminarli, ma hanno costi di impianto gestione molto elevati, ad oggi – sottolinea l’esperto SIMA – non sostenibili”.
Gli effetti degli inquinanti emergenti sulla salute umana
Numerosi studi hanno accertato la tossicità di questi inquinanti emergenti, riconoscendoli come “interferenti endocrini “, ovvero sostanze chimiche capaci di alterare l’equilibrio ormonale di tutti gli organismi viventi, compresi gli esseri umani. Gli interferenti endocrini possono inficiare sul normale funzionamento del sistema endocrino, “accendendo”, “spegnendo” o modificando i normali segnali inviati dagli ormoni: i loro effetti sono preoccupanti, proprio perché insidiosi e subdoli. “Per questo, considerata l’accertata tossicità di questi inquinanti emergenti, sia in Europa che negli Stati Uniti – conclude il professore Belgiorno –, le autorità preposte sono a lavoro per proporre norme che limitino la produzione di inquinanti pericolosi nel ciclo delle acque e impongano soluzioni tecnologiche più idonee a limitarne la presenza negli scarichi”.
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