Aggressioni: guida legale per la difesa dell’infermiere

Difendere gli infermieri dalle aggressioni: scopri la nostra guida legale di Consulcesi Club. Informazioni sui diritti, le procedure legali e le strategie.

Sommario

  1. 1. Le aggressioni ai sanitari, un fenomeno sempre più diffuso
  2. 2. La nascita di ONSEPS
  3. 3. Le aggressioni agli operatori sanitari: i numeri
  4. 4. Consigli per l’infermiere per riconoscere i segnali di pericolo
  5. 5. Le pene per chi aggredisce gli infermieri
  6. 6. Come può tutelarsi l’infermiere in caso di aggressione

Tra i professionisti sanitari, gli infermieri sono quelli che statisticamente vengono aggrediti maggiormente: se sei un infermiere e vuoi sapere come difenderti e quali strumenti prevede l’ordinamento giuridico a tua tutela, questa guida è fatta apposta per te. 

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Difendere gli infermieri dalle aggressioni: scopri la nostra guida legale di Consulcesi Club. Informazioni sui diritti, le procedure legali e le strategie.

1. Le aggressioni ai sanitari, un fenomeno sempre più diffuso

Le cronache nazionali e locali sono oramai ricche di articoli riguardanti le aggressioni a medici e operatori sanitari, nei modi più disparati: aggressioni verbali, pugni e calci, bracci ingessati utilizzati come arma per ferire gli infermieri, spedizioni punitive di parenti, a volte anche armati, che costringono il personale a mettersi in fuga dal luogo di lavoro.

Ricordiamo tutti l’episodio di Foggia, quando a seguito del decesso di una giovane nel reparto di chirurgia toracica alcuni suoi familiari tentarono in ogni modo di aggredire il personale sanitario, costringendolo a barricarsi in una stanza dell’ospedale bloccando le porte con i mobili.

Gli ospedali sono diventati, ultimamente, delle vere e proprie trincee, e gli operatori sanitari sono oramai stanchi di lavorare in un ambiente poco sicuro e poco protetto, tanto che alcuni stanno decidendo di abbandonare il posto di lavoro: una sconfitta per lo Stato che non riesce a garantire la sicurezza negli ospedali e una grande perdita per i professionisti che non possono esercitare la loro missione in serenità, a discapito, come al solito, della salute dei pazienti.

2. La nascita di ONSEPS

L’escalation di violenza a danno del personale sanitario ha indotto il Ministero della Salute a istituire l’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le professioni Sanitarie e Socio-sanitarie (ONSEPS), composto da:

  • rappresentanti delle regioni e delle province autonome,
  • un rappresentante dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali Agenas,
  • rappresentanti dei Ministeri della salute, dell'interno, della difesa, della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro INAIL,
  • rappresentanti degli ordini professionali interessati,
  • rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale,
  • rappresentanti delle organizzazioni di settore.

La rappresentanza del Ministero della Salute all’interno dell’Osservatorio è molto ampia, in quanto è previsto che tra i componenti vi sia:

  • un rappresentante della Direzione generale della prevenzione sanitaria
  • un rappresentante della Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale
  • un rappresentante della Direzione generale della programmazione sanitaria
  • un rappresentante della Direzione generale della digitalizzazione, del Sistema informativo sanitario e della statistica.

Ogni figura all’interno di ONSEPS contribuisce al raggiungimento dei compiti dell’Osservatorio, che consistono nel:

  • monitorare gli episodi di violenza commessi ai danni degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni,
  • monitorare gli eventi sentinella che possano dar luogo a fatti commessi con violenza o minaccia ai danni degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni,
  • promuovere studi e analisi per la formulazione di proposte e misure idonee a ridurre i fattori di rischio negli ambienti più esposti,
  • monitorare l’attuazione delle misure di prevenzione e protezione a garanzia dei livelli di sicurezza sui luoghi di lavoro, anche promuovendo l'utilizzo di strumenti di videosorveglianza,
  • promuovere la diffusione delle buone prassi in materia di sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, anche nella forma del lavoro in equipe.
  • promuovere lo svolgimento di corsi di formazione per il personale medico e sanitario, finalizzati alla prevenzione e alla gestione delle situazioni di conflitto nonché a migliorare la qualità della comunicazione con gli utenti.

ONSEPS acquisisce, inoltre, i dati utili per la redazione della relazione annuale che il Ministro della Salute trasmette alle Camere per descrivere l’attività svolta.

3. Le aggressioni agli operatori sanitari: i numeri

Proprio l’11 marzo 2024 è stata presentata al Parlamento la relazione dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie sulle attività dell’anno 2023. 

Dalla relazione emerge che i fenomeni di aggressione al personale sanitario e sociosanitario nel 2023 sono stati 16 mila, con il coinvolgimento di ben 18 mila operatori e operatrici coinvolti.

Guida la classifica degli operatori sanitari maggiormente colpiti dagli aggressori proprio la categoria degli infermieri, seguita dai medici e dagli operatori socio-sanitari. Per quanto riguarda il genere, le donne sono le operatrici maggiormente aggredite, mentre le aree ospedaliere più a rischio sono, nell’ordine:

  1. Pronto soccorso,
  2. Aree di degenza,
  3. Servizi psichiatrici,
  4. Ambulatori.

Ad aggredire gli operatori sanitari sono per la maggioranza i pazienti (ben il 69%), seguiti dai parenti degli ammalati e dai loro conoscenti e caregiver. Le aggressioni sono di vario tipo:

  1. Verbale,
  2. Fisico,
  3. A beni di proprietà, come ad esempio l’auto posteggiata nel parcheggio ospedaliero.

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4. Consigli per l’infermiere per riconoscere i segnali di pericolo

Mentre cura e si prende cura dei propri assistiti, l’infermiere deve comunque essere in grado di conoscere i segnali di pericolo che lo circondano, in modo da agire con tempestività per scongiurare ogni aggressione.

La prima cosa da fare è sicuramente osservare, in maniera accurata, i pazienti e i loro familiare, per individuare segnali di aggressività o di tensione verbali (Sono stanco di aspettare!) o fisici oppure segni di stress emotivo particolarmente evidenti, tendenti alla rabbia.

Nel momento in cui individua una potenziale situazione di pericolo, l’infermiere, pur dovendo continuare a svolgere il suo importante ruolo con professionalità e perizia, deve purtroppo cercare di gestire la potenziale situazione di conflitto; in questo, può essere utile:

-Cercare di mantenere la calma,

-Evitare di reagire impulsivamente alle provocazioni,

-Rispondere con comprensione ed empatia al paziente o ai suoi familiari, in modo da stemperare gli animi,

-Attivarsi immediatamente per richiedere supporto dei colleghi o della sicurezza dell’ospedale, quando si ha l’impressione che la situazione stia diventando troppo tesa, senza però dare troppo nell’occhio, proprio per evitare che i comportamenti degenerino.

5. Le pene per chi aggredisce gli infermieri

L’articolo 583 del codice penale punisce chi aggredisce un infermiere (o un altro esercente la professione sanitaria) nell’esercizio o a causa delle sue funzioni o del suo servizio, con la pena della reclusione da due a cinque anni.

Se dall’aggressione derivano delle lesioni, la pena è maggiore, e nello specifico:

-Da quattro a dieci anni di reclusione per le lesioni gravi, da cui derivi il pericolo per la vita dell’infermiere ovvero una malattia o una incapacità di attendere le ordinarie occupazioni per un tempo superiore a quaranta giorni, oppure quelle da cui scaturisca l’indebolimento permanente di un senso o di un organo,

-Da otto a sedici anni di reclusione per le lesioni gravissime, dalle quali scaturisca una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un senso, di un arto, una mutilazione che renda l’arto inservibile, la perdita dell’uso di un organo, della capacità di procreare o una permanente e grave difficoltà nel parlare.

Dalla primavera 2024 questo tipo di reati sono diventati procedibili d’ufficio, nel senso che le Procure della Repubblica dovranno perseguire obbligatoriamente i colpevoli di tali crimini, indipendentemente dal fatto che l’infermiere o il sanitario aggredito sporgano denuncia.

I dati delle aggressioni, che vedono come vittima prediletta proprio gli infermieri, hanno reso tuttavia necessaria l’adozione da parte del Governo di ulteriori provvedimenti urgenti, entrati in vigore poco più di un mese fa. Si tratta del cosiddetto DDL anti-violenza, che introduce pene più severe in caso di danneggiamento alle strutture sanitarie o di aggressione al personale.

Il decreto legge, in quanto atto avente forza di legge – poiché emanato dal Governo e non dall’organo legislativo principe, che è il Parlamento – è stato convertito in legge e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale proprio pochi giorni fa, il 15 novembre 2024. È importante per l'infermiere sapere che in gergo sarà sempre chiamato "DDL anti-violenza", ma in realtà è oramai una legge a tutti gli effetti e potrà essere modificato solo con un altro intervento legislativo".

Il decreto introduce il reato di danneggiamento commesso all’interno o nelle pertinenze di strutture sanitarie o socio-sanitarie residenziali o semiresidenziali, sia pubbliche o private; il danneggiamento, per essere punibile, deve essere accompagnato dalla violenza alla persona o dalla minaccia rivolta a personale esercente una professione sanitaria o socio sanitaria ovvero a chiunque svolga attività ausiliarie ad essa funzionali. Chi si macchia di questo reato è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa fino a 10.000 euro, e la pena è aumentata fino a un terzo se il danneggiamento con violenza alla persona viene commesso da un gruppo di più persone riunite.

Dal 2 ottobre 2024, grazie al decreto legge, sono soggetti all’arresto obbligatorio in flagranza di reato i soggetti che commettono:

-Il delitto di lesione personale nei confronti di professionisti sanitari, socio-sanitari e dei loro ausiliari,

-Il reato di danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria.

Nell’ipotesi in cui non sia possibile procedere immediatamente, per ragioni di sicurezza, incolumità pubblica o individuale ovvero per ragioni inerenti alla regolare erogazione del servizio, all’arresto immediato, il decreto introduce la possibilità dell’arresto in flagranza differita, che è consentito nei confronti del soggetto identificato come autore del reato sulla base di video/foto/altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica (smartphone, tablet, telecamere di videosorveglianza) che attesti, in modo inequivocabile, come si è realizzato il fatto. Nel caso di flagranza differita il reo deve essere arrestato nel termine di quarantotto ore dai fatti.

Per individuare i professionisti sanitari il dossier illustrativo del decreto legislativo rimanda alla legge n. 3/2018, per la quale i professionisti sanitari sono:

-medici-chirurghi e degli odontoiatri, 

-veterinari, 

-farmacisti,

-biologi, 

-fisici, 

-chimici, 

-esercenti le professioni infermieristiche, 

-esercenti la professione di ostetrica,

-tecnici sanitari di radiologia medica,

-esercenti le professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

6. Come può tutelarsi l’infermiere in caso di aggressione

Nel momento in cui subisce un’aggressione e – inevitabilmente – riporta delle conseguenze negative sulla propria salute e sulla propria professione, l’infermiere ha a disposizione diverse opzioni:

  1. a)costituirsi parte civile nel processo penale contro l’aggressore,
  2. b)esercitare direttamente nei confronti del suo aggressore l’azione civile,
  3. c)agire nei confronti dell’ASP o comunque dell’azienda datrice di lavoro per non avere adottato tutte le norme necessarie a garantire la sicurezza dell’infermiere, quale prestatore di lavoro.

6.1 La costituzione di parte civile e il risarcimento del danno 

L’infermiere aggredito da uno o più soggetti nell’esercizio delle sue funzioni viene considerato persona offesa dal reato: come tale, ha diritto ad avere conoscenza della data e del luogo del processo nonché del capo di imputazione formulato nei confronti dei propri aggressori.

Nonostante i reati contro gli operatori sanitari siano procedibili d’ufficio, è comunque preferibile, sin da subito, rivolgersi a un legale specializzato per interloquire sin da subito con gli investigatori, fornendo loro tutti gli elementi utili per la ricostruzione dei fatti e procedendo all’elezione di domicilio presso cui si vogliono ricevere tutte le comunicazioni inerenti il processo.

La costituzione di parte civile consiste, nella pratica, nell’esercitare l’azione di risarcimento del danno – che normalmente verrebbe proposta davanti a un Tribunale civile – davanti al giudice penale, nel corso del processo per accertare la colpevolezza o l’innocenza degli aggressori.

La costituzione di parte civile è soggetta a delle decadenze, perché può avvenire all’udienza preliminare o comunque prima dell’apertura del dibattimento, nel caso in cui l’indagato venga rinviato a giudizio dinanzi al Tribunale e scelga il cosiddetto rito ordinario.

Se, però, l’indagato opta per un rito alternativo, la costituzione di parte civile può essere preclusa: è il caso, ad esempio, del patteggiamento, un particolare rito abbreviato che permette al reo di concordare (patteggiare) una pena con la Procura della Repubblica, ottenendo anche una riduzione. Se l’indagato sceglie di patteggiare, la parte civile, pur costituita, non può agire in sede penale per ottenere il risarcimento del danno, e dovrà attivare un processo a parte, davanti al Tribunale civile. 

La costituzione di parte civile è caratterizzata da un ulteriore rischio, quello dell’assoluzione dell’imputato: se l’imputato non viene condannato, infatti, l’infermiere non può più agire in giudizio per chiedere il risarcimento, perché ha già esercitato l’azione nel processo penale, concluso con un’assoluzione.

Per tale motivo, è opportuno che l’infermiere valuti attentamente gli atti del processo al fine di scegliere se esercitare l’azione risarcitoria in sede penale oppure azionarla direttamente innanzi al Tribunale civile; in quest’ultimo caso, la richiesta di risarcimento dovrà essere azionata con delle procedure stragiudiziali

Si tratta di scelte tecniche che presuppongono una conoscenza giuridica che un medico non può avere; per questo motivo è sempre opportuno rivolgersi a tecnici della materia, avvocati esperti nella tutela dei professionisti sanitari.

6.2 La responsabilità dell’Azienda ospedaliera per non aver preso idonee misure di sicurezza

Il datore di lavoro è obbligato a garantire un ambiente di lavoro sicuro e ad adottare tutte le cautele per evitare gli infortuni sul lavoro. Nel settore pubblico (come, ad esempio, gli ospedali) la pubblica amministrazione, quale datore di lavoro, deve adottare tutte le misure idonee a prevenire e proteggere i suoi dipendenti dal rischio di subire un infortunio sul luogo di lavoro a causa della sua professione.

Il rischio più comune, nelle strutture sanitarie, è quello biologico (epatite, HIV o altre malattie infettive), chimico da farmaci oppure – in base alla mansione assegnata al lavoratore – da movimentazione manuale dei carichi. L’escalation di aggressività nei confronti del personale sanitario, tuttavia, ha fatto emergere una quarta tipologia di rischio, che è proprio quello derivante dalle aggressioni da parte dei pazienti o di terzi (parenti, caregiver, conoscenti).

L’infermiere che subisce un’aggressione, perciò, deve preventivamente verificare – tramite istanze di accesso agli atti – se l’azienda sanitaria presso cui opera abbia adottato o meno tutte le misure idonee a scongiurare fenomeni di aggressione nei confronti del personale sanitario, come ad esempio l’installazione di appositi allarmi in ogni stanza o nei corridoi, oppure dei servizi di security.

Se il datore di lavoro non è in grado di dimostrare di aver fatto predisposto tutte le misure di sicurezza per evitare che il personale infermieristico sia aggredito, sarà possibile esercitare un’azione di risarcimento del danno nei suoi confronti.

L’iter prende sempre avvio da una richiesta di messa in mora stragiudiziale, cioè una semplice pec o raccomandata con ricevuta di ritorno con cui si chiede al datore di lavoro di ristorare il danno patito a seguito della mancata predisposizione di mezzi di sicurezza idonei per evitare l’aggressione subita.

Se – come altamente probabile – la richiesta di messa in mora non sortisce alcun effetto, l’infermiere deve rivolgersi al Tribunale chiedendogli di condannare l’azienda sanitaria datrice di lavoro a risarcirgli i danni, dimostrando quali sono i pregiudizi subiti e dandogli una quantificazione economica.

Per poter affrontare l’iter risarcitorio, l’infermiere deve rivolgersi a un avvocato esperto in risarcimento del danno da aggressione sanitaria: Consulcesi mette a disposizione dei suoi iscritti un team di consulenti legali sempre aggiornati sulla materia, in grado di offrirti una consulenza specializzata e mirata, specifica per il tuo caso.

Di: Manuela Calautti, avvocato

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