- stabilire valori limite per gli inquinanti dell’ambiente significa attribuire il diritto al singolo di opporsi, qualora la normativa non venga rispettata
- la violazione qualificata da parte dello Stato presuppone una mancanza di piano del miglioramento della qualità dell’aria, richiesto a tutti i Paesi membri dell’UE
- esiste un nesso causale tra la violazione qualificata e l’effettivo danno alla salute del cittadino
L’inquinamento dell’aria rappresenta uno dei principali problemi su cui organizzazioni nazionali ed internazionali stanno investendo le proprie energie.
L’impatto che le sostanze inquinanti hanno sull’ambiente è estremamente dannoso per la salute dell’uomo e mettono a serio repentaglio l’intero sviluppo dell’ecosistema. Anche per l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), l’inquinamento ambientale costituisce uno dei maggiori nemici da combattere; a tal fine sono state promulgate numerose linee guida da far adottare agli Stati affinché si abbassino i livelli delle sostanze inquinanti.
Cosa stabilisce la normativa italiana e quali sono le novità?
Ai sensi dell’art. 3 ter del d.lgs. 152/2006, “La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio ‘chi inquina paga’”. L’ordinamento italiano ha predisposto sanzioni molto severe, annoverando l’inquinamento ambientale tra i reati punibili con la reclusione. Peraltro, la responsabilità penale è estesa anche alle società, in base al D. Lgs. 231/2001.Ovviamente, anche l’Italia si è dovuta adeguare alle misure di prevenzione relative alla correlazione Salute-Ambiente stabilite dall’Unione Europea.
Il D.L. 30 aprile 2022, n. 36, - per fare un esempio - tra le “ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” contiene anche una previsione sui rischi ambientali e climatici. A conferma delle risorse da voler destinare a questi scopi anche la previsione delle nuove misure per il contrasto del fenomeno infortunistico e per il miglioramento degli standard di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
La Commissione Europea ha chiesto la revisione normativa sulla qualità dell’aria
Economia circolare e sostenibilità costituiscono l’asse portante delle ultime riforme. A richiedere una rettifica e aggiornamento della normativa, con particolare riferimento alla qualità dell’aria è, adesso, la Commissione Europea che auspica “norme più severe e diritto al risarcimento”. La Strategia del Green Deal mira all’azzeramento dell’inquinamento atmosferico entro il 2050, in quanto aria e acqua sono fondamentali per la salute delle persone, per la tutela degli ecosistemi e delle biodiversità, in un’espressione soltanto: per la sopravvivenza del Pianeta. Proprio nella proposta di aggiornamento della normativa troviamo l’apertura al possibile risarcimento danni nei confronti delle persone, singoli cittadini, la cui salute è stata danneggiata dall’inquinamento atmosferico a causa della violazione della normativa UE. La proposta apporterà una maggiore chiarezza sull'accesso alla giustizia e sulla effettività delle sanzioni, oltre a una maggiore trasparenza sulla qualità dell'aria.I principi base della tutela ambientale
Il principio base per cui è fondamentale la tutela si basa sul “non arrecare un danno significativo”, che presuppone un altro principio ovvero “principio di precauzione per la messa in atto di azioni preventive”. In particolare, il Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza (Regolamento 241/2021) stabilisce, all’ art. 18, che tutte le misure dei PNRR devono soddisfare il principio di “non arrecare danno significativo agli obiettivi ambientali”.Tale vincolo si traduce in una valutazione di conformità degli interventi al principio del “Do No Significant Harm” (DNSH), con riferimento al sistema di tassonomia delle attività ecosostenibili, di cui all’ art. 17 del Regolamento 2020/852, ex-ante, in itinere ed ex-post.
Il DNSH ha lo scopo di valutare se un investimento possa o meno arrecare un danno in relazione ai sei obiettivi ambientali individuati nell’accordo di Parigi del 2015, che stabilisce un quadro globale per evitare pericolosi cambiamenti climatici limitando il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2ºC e proseguendo con gli sforzi per limitarlo a 1,5º C, successivamente fatti propri dal Green Deal europeo. Viene, dunque, stabilito che un’attività economica arrecherà un danno significativo:- alla mitigazione dei cambiamenti climatici, se porta a significative emissioni di gas serra
- all'adattamento ai cambiamenti climatici, se determina un maggiore impatto negativo del clima attuale e futuro, sull'attività stessa o sulle persone, sulla natura o sui beni
- all'uso sostenibile o alla protezione delle risorse idriche e marine, se è dannosa per il buono stato dei corpi idrici (superficiali, sotterranei o marini) determinandone il deterioramento qualitativo o la riduzione del potenziale ecologico
- all'economia circolare, inclusi la prevenzione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti, se porta a significative inefficienze nell'utilizzo di materiali recuperati o riciclati, a incrementi nell'uso diretto o indiretto di risorse naturali, all’incremento significativo di rifiuti, al loro incenerimento o smaltimento, causando danni ambientali significativi a lungo termine
- alla prevenzione e alla riduzione dell'inquinamento, se determina un aumento delle emissioni di inquinanti nell'aria, nell'acqua o nel suolo
- alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, se è dannosa per le buone condizioni e la resilienza degli ecosistemi o per lo stato di conservazione degli habitat e delle specie