Con troppa frequenza si assiste al coinvolgimento di direttori di struttura in azioni risarcitorie, promosse da pazienti per presunti errori imputabili ai singoli operatori, senza che ci si sia accuratamente preoccupati di valutare previamente l’effettiva sussistenza dei presupposti, di fatto e di diritto, necessari per veder affermata anche la loro responsabilità.
Ci si limita, in molte occasioni, ad estendere nei loro confronti la domanda di risarcimento, naturalmente proposta contro coloro che hanno materialmente eseguito il trattamento incriminato, quasi imputandogli una sorta di responsabilità oggettiva per tutto quello che accade all’interno del reparto, neppure individuando, né tantomeno allegando in giudizio, quali sarebbero i profili di colpevolezza astrattamente imputabili alla loro specifica condotta, ma chiedendone la condanna unicamente per il ruolo di garanzia rivestito.
Direttore di struttura ed equipe: richiesti 1 milione di euro di danni
È il caso di un direttore di struttura complessa che, improvvisamente, si è visto recapitare un ricorso ex art. 702 bis, con cui gli veniva richiesto, in solido con la struttura e con i medici che avevano praticato le cure del caso, il pagamento di oltre 1 milione di euro a titolo di danni asseritamente patiti dai ricorrenti.
La tempestività e solidità della difesa messa a punto dai legali del network di Consulcesi & Partners ha consentito al malcapitato, non soltanto di venir immediatamente rincuorato delle possibilità di successo, ma soprattutto di far concretamente valere le proprie ragioni, così da veder affermata la sua completa innocenza rispetto al caso in contesa, con l’ulteriore soddisfazione di ottenere anche l’integrale rimborso delle spese di lite sostenute.
I compiti del primario secondo la giurisprudenza
La figura primariale, attualmente declinata sotto il lessema di “direttore di struttura”, concentra una serie di prestazioni che, oltre a riguardare l’aspetto puramente medico-chirurgico, includono anche lo studio, la didattica, la ricerca e, soprattutto, i compiti di programmazione e direzione dell’unità operativa affidata.
Sotto quest’ultimo profilo è quindi responsabile sia della preparazione dei piani di lavoro, che della loro effettiva attuazione, verificando che le indicazioni vengano effettivamente rispettate dai singoli collaboratori sanitari di reparto, nel rispetto pur sempre dell’autonomia professionale di ciascun operatore.
Al direttore di Dipartimento, dirigente con incarico di direzione di struttura complessa ed al dirigente con incarico di direzione di strutture semplici a valenza dipartimentale o distrettuale, semplificando, spettano quindi due macroaree di compiti fondamentali, che possono condurre a due distinte forme di responsabilità.
Quella che discende dalla pratica dell’attività medico-chirurgica in sé, che viene regolata secondo i principi propri di questa tipologia di prestazioni al pari di qualsiasi altro professionista sanitario, e quella che, invece, gli deriva dalla posizione apicale ricoperta.
Leggi anche
La responsabilità professionale del primario
Qualora non sia individuabile un atto sanitario direttamente ascrivibile al responsabile di reparto, per aver avocato a sé l’intervento ovvero per aver ricoperto, anche per un breve tratto, il ruolo di cura diretta sul paziente, sarà quindi necessario rintracciare, per giungere ad un eventuale accertamento di responsabilità a suo carico per quanto compiuto da altri soggetti assegnati alla divisione posta sotto la sua direzione, quale sia la condotta colposa concretamente imputabile a suo carico, non potendosi certamente attribuire la paternità del fatto lesivo semplicemente sul presupposto di rivestire il ruolo di primario.
Si è infatti, più volte, affermato che il primario risponde dei deficit organizzativi del reparto a lui affidato, quando questi siano consistiti:
- in una carente assegnazione di compiti e mansioni al personale;
- in una carente diramazione delle istruzioni da seguire e dei compiti da assolvere;
- in una negligente mancanza di istruzioni con riferimento al singolo degente.
A fronte di ciò, però, la più recente giurisprudenza di Cassazione ha ribadito che l’eventuale colpa del sanitario, che ha in carico il paziente, non può estendersi al responsabile di struttura, per la ragione che quest’ultimo, laddove risulti estraneo all’evento lesivo ovvero non sia individuabile un suo profilo di colpa nella determinazione del fatto dannoso dedotto dal paziente, non può essere condannato a titolo di responsabilità oggettiva, ovvero per il solo fatto di essere il direttore del reparto.
La vittoria di C&P: i motivi alla base
Pertanto, nel caso recentemente concluso con il patrocinio dei legali del network di Consulcesi, il Tribunale ha correttamente escluso ogni profilo di responsabilità; non potendo individuare un concreto profilo di censura nella condotta tenuta dal direttore del reparto, invero neppure allegata siccome coinvolto unitamente per il ruolo apicale rivestito e mancando peraltro ogni necessaria dimostrazione del nesso causale fra le condotte degli operatori concretamente intervenuti e l’evento lesivo verificato.
Da qui, l’auspicata pronuncia di rigetto integrale di ogni pretesa risarcitoria formulata nei suoi riguardi, con vittoria delle spese di giudizio.