Responsabilità professionale e malpractice per il cardiologo: la guida completa

Dalla Legge Gelli Bianco alle più recenti linee guida: diritti e doveri del cardiologo per affrontare con serenità i possibili casi di malpractice.

Sommario

  1. 1. L’errore medico
  2. 2. La responsabilità medica
  3. 3. La prescrizione della responsabilità medica
  4. 4. Le linee guida e le buone pratiche assistenziali
  5. 5. I diritti e i doveri del cardiologo in materia di responsabilità sanitaria

1. L’errore medico

Quando un paziente presenta in maniera palese e non equivoca i sintomi fondamentali di una patologia nota alla scienza medica, e il medico non inquadri correttamente il quadro clinico e la conseguente terapia da applicare, a causa di sua negligenza, imprudenza o imperizia, si parla di errore medico.

L’errore può avere varie sfaccettature pratiche:

  1. diagnosi errata e conseguente errata terapia,
  2. diagnosi corretta e terapia errata,
  3. diagnosi corretta, terapia corretta, ma errata esecuzione,
  4. terapia inadeguata per prognosi errata.

L’errore, spesso non voluto, può derivare da molteplici cause, come ad esempio un eccessivo carico di lavoro, un difetto comunicativo tra operatori sanitari, oppure l’inadeguatezza della competenza e dell’esperienza del medico operante, e può manifestarsi sotto molteplici forme:

-             omissione di un intervento necessario;

-             scarsa attenzione o negligenza;

-             violazione di un processo diagnostico o terapeutico;

-             inesperienza in procedure invasive;

-             difetto di conoscenza;

-             insufficiente competenza clinica;

-             difetti e criticità nella prescrizione, informazione, compilazione della cartella o dei referti.

Alcuni esempi di errore medico in ambito cardiologico possono riguardare la mancata diagnosi tempestiva di malattie coronariche o l’errata gestione di un arresto cardiaco, oppure il ritardo nell’esecuzione di interventi chirurgici urgenti come l’angioplastica; errori e complicanze possono essere inoltre legati alla cattiva gestione dei trattamenti farmacologici, specie se relativi agli anticoagulanti o agli antiaritmici.

Dall’errore del medico può derivare, per lui e per la struttura sanitaria, una responsabilità di natura sia civile che penale: il cardiologo, per poter affrontare con tranquillità eventuali errori che – purtroppo – possono capitare a chiunque durante l’esercizio della professione, deve essere ben formato sui principi generali in materia di responsabilità medica.

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Scopri diritti e doveri del cardiologo in ambito di responsabilità sanitaria, con approfondimenti sugli errori medici, normative attuali e le linee guida fondamentali per l’esercizio della professione

2. La responsabilità medica

La normativa sulla responsabilità medica è da sempre oggetto di dibattito, sia tra gli operatori del diritto che tra i medici e le associazioni che difendono i pazienti: sono proprio loro, medici e pazienti, ad essere in prima linea tutti i giorni e a rischiare, con la propria professione o con la propria salute (e a volte con la vita), di cadere entrambi vittima di errori.

Un errore medico, infatti, non è una tragedia solo per il paziente e i suoi familiari, ma lo è anche per il medico, che ha come suo faro la tutela della salute dell’essere umano, e quando è accusato – giustamente o ingiustamente – di aver commesso un errore, subisce pesanti conseguenze professionali e personali, poiché non ne giova né la sua reputazione, né la sua tranquillità quotidiana nella vita e sul lavoro.

Quando non esisteva una normativa specifica sulla responsabilità medica, i tribunali e la Corte di Cassazione tendevano, con le loro pronunce, a tutelare il medico dal rischio di essere chiamato in giudizio per malasanità; secondo la più risalente e datata giurisprudenza, infatti, se un paziente veniva ricoverato presso una struttura sanitaria pubblica, non nasceva alcun rapporto contrattuale né con la struttura né con il medico che lo prendeva in cura, con conseguente assenza di responsabilità in caso di errore.

Successivamente, i giudici hanno iniziato a individuare una vera e propria corresponsabilità tra la struttura sanitaria e il medico che vi esercitava, con l’esclusione del caso in cui il sanitario avesse commesso l’errore con dolo, cioè con la coscienza e la volontà di commetterlo.

Negli anni l’evoluzione giurisprudenziale ha poi sposato la teoria tedesca del contatto sociale qualificato, secondo la quale l'accettazione del paziente nell'ospedale, ai fini del ricovero o di una semplice visita, comporta la conclusione di un vero e proprio contratto tra il paziente e l'ente ospedaliero, con conseguente duplice responsabilità per l’ospedale e per gli operatori; secondo questa teoria, le responsabilità vengono suddivise come segue:

-             La struttura sanitaria risponde dell’eventuale errore medico secondo i criteri della responsabilità contrattuale,

-             Il professionista sanitario, invece, risponde in via extracontrattuale o aquiliana, per aver cagionato al paziente un danno ingiusto a seguito della commissione, con dolo o colpa, di un fatto illecito.

La differenza tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale non è legata solo alla nomenclatura, ma è fondamentale nel caso in cui l’azienda sanitaria o il medico siano chiamati in giudizio per rispondere di un eventuale caso di malpractice.

Nell’ipotesi di responsabilità contrattuale, infatti, l’azienda sanitaria viene ritenuta presunta responsabile fino a prova contraria, ed ha l’onere di provare in giudizio la propria innocenza.

Nel caso, invece, di responsabilità extracontrattuale, sul paziente danneggiato, inoltre, grava l’onere di dimostrare che quello specifico danno subito sia effettivamente riconducibile a un preciso errore commesso dal medico.

Negli anni la responsabilità medica è stata croce e delizia per gli operatori del settore, vittima di una giurisprudenza creativa, talora favorevole al medico, talaltra favorevole ai pazienti, con un aumento sempre crescente di cause intentate dai pazienti nei confronti di medici e strutture sanitaria per qualunque motivo.

Fu proprio l’aumento delle controversie ad indurre il Legislatore ad emanare la prima legge in materia di responsabilità medica, il decreto Balduzzi, in virtù del quale il medico che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve, rimanendo comunque fermo il principio della responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile.

La legge Balduzzi ebbe una vita molto breve, dal 2012 al 2017: dopo solo cinque anni dalla sua emanazione, infatti, fu sostituita dalla legge 8 marzo 2017 n. 24, la cosiddetta legge Gelli-Bianco, che ha introdotto nel codice penale l’art. 590 sexies, avente ad oggetto la responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario.

Secondo l’art. 590 sexies se un paziente muore o subisce delle lesioni in conseguenza dell’esercizio di una professione sanitaria, il medico sarà chiamato a rispondere di tali conseguenze solo in caso di colpa, e sarà soggetto a una pena che può arrivare, nei casi più gravi, a cinque anni di reclusione. Se la morte o le lesioni derivano da imperizia, tuttavia, la punibilità del medico è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida ovvero, in mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle suddette linee guida siano adeguate alla specificità del caso concreto.

La legge Gelli-Bianco è attualmente sotto la lente d’ingrandimento del Parlamento, che ha intenzione di mettere nuovamente mano alla responsabilità medica, soprattutto per contrastare il fenomeno della cosiddetta medicina difensiva, identificabile in una serie di decisioni attive o omissive, consapevoli o inconsapevoli, e non specificatamente meditate, che non obbediscono al criterio essenziale del bene del paziente, bensì all'intento di evitare accuse per non avere effettuato tutte le indagini e tutte le cure conosciute o, al contrario, per avere effettuato trattamenti gravati da alto rischio di insuccesso o di complicanze.

Il fenomeno della medicina difensiva, secondo il primo rapporto sul sistema Sanitario promosso dall’Osservatorio salute, previdenza e legalità di Eurispes, è di dimensioni globali e affligge quasi tutti i paesi occidentali e, in generale, i paesi cosiddetti sviluppati. Per questo motivo, è in discussione una ulteriore  riforma dell’articolo 590 sexies del codice penale, che secondo il nuovo testo (ancora in discussione e non definitivo) dovrebbe prevedere che “quando dallo svolgimento dell’attività sanitaria derivi, per colpa, una lesione o il decesso del paziente, anche come più grave conseguenza delle lesioni da questi riportate, si applica la pena della reclusione da tre mesi a cinque anni, fatto salvo il caso in cui il professionista sanitario si sia attenuto, nello svolgimento della propria attività, alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica; in tale ultima ipotesi, il sanitario andrà perciò esente da responsabilità penale”.

Per quanto concerne il profilo civilistico, legato prettamente al ristoro del danno subito dal paziente in termini monetari, secondo la legge Gelli Bianco la struttura sanitaria risponde delle condotte dolose o colpose dei professionisti sanitari di cui si avvale, anche nell'ipotesi in cui tali soggetti siano stati scelti dal paziente, finanche nell’ipotesi in cui questi medici non siano dipendenti della struttura stessa.

La responsabilità si estende, difatti, anche alle prestazioni erogate in regime di libera professione intramuraria, nell'ambito delle attività di sperimentazione e ricerca clinica, nei casi in cui il professionista operi in regime di convenzione con il SSN o attraverso la telemedicina.

La responsabilità della struttura sanitaria, secondo la legge Gelli-Bianco, è di tipo contrattuale: come già spiegato in precedenza, sarà la struttura sanitaria a dover dimostrare l’assenza di colpa nell’esecuzione della prestazione sanitaria, incombendo su di lei il cosiddetto onere della prova del contrario.

La responsabilità del medico, anche con la legge Gelli Bianco, rimane di natura extracontrattuale, con onere della prova gravante sul paziente, che dovrà perciò dimostrare che l'evento lamentato sia una diretta conseguenza della condotta del medico

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3. La prescrizione della responsabilità medica

Il diritto del paziente ad agire nei confronti del medico o della struttura per esperire l’azione del risarcimento del danno non è eterno, ma è soggetto alla prescrizione: ciò significa che si estingue nel caso di mancato esercizio per un determinato periodo di tempo.

In particolare, si prescrive in 5 anni il diritto al risarcimento del danno nei confronti del medico, per la cosiddetta responsabilità extracontrattuale, mentre si prescrive in 10 anni il diritto del paziente ad agire nei confronti della struttura sanitaria per la responsabilità contrattuale.

Nell’ipotesi in cui dall’episodio di presunta malpractice derivi il decesso del paziente, la richiesta di risarcimento del danno si trasmette ai suoi eredi, che hanno il diritto a chiedere – nei medesimi termini prescrizionali – sia il risarcimento dei danni patiti dal loro congiunto che quelli patiti da loro in prima persona per la perdita del rapporto parentale.

Il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il danneggiato ha consapevolezza dell’errore medico, riconducendo un proprio malessere o un peggioramento delle proprie condizioni cliniche all’errore nella prestazione sanitaria.

La prescrizione può essere interrotta dal paziente mediante la notifica al medico di quelli che in gergo tecnico si definiscono atti interruttivi della prescrizione:

-             Un atto di diffida e messa in mora,

-             La richiesta di mediazione,

-            Un atto di citazione per ottenere la condanna al risarcimento del danno.

Se la prescrizione viene interrotta, inizia a decorrere nuovamente dalla data in cui viene notificato l’atto interruttivo al medico o alla struttura sanitaria.

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4. Le linee guida e le buone pratiche assistenziali

Secondo la legge Gelli-Bianco il cardiologo, per poter andare esente da ogni possibile responsabilità in caso di malpractice, deve attenersi, nell’esercizio della professione, alle raccomandazioni previste dalle linee guida (LG) pubblicate sul Sistema Nazionale per le linee guida (SNLG) ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati, da società scientifiche, da associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco ministeriale.

Sul Sistema nazionale delle Linee Guida il sanitario può consultare:

  • linee guida in fase di valutazione, giudicate come tali dal CNEC,
  • linee guida in fase di sviluppo, giudicate come tali dal CNEC,
  • linee guida concluse, che hanno cioè superato il processo di valutazione.

In ambito cardiologico risultano concluse, ad oggi, le Linee guida:

-             sull’Inquadramento, indicazione, trattamento e gestione della patologia aneurismatica delle arterie viscerali e renali,

-             sulla prevenzione, diagnosi e trattamento della patologia aneurismatica dell’aorta infrarenale,

-             sulla profilassi primaria del Trimboembolismo Venoso nelle Neoplasie ematologiche (linfomi, mieloma multiplo, leucemie acute),

-             Cardioncologia,

-             Linee guida italiane Anomalie Vascolari,

-             Diagnosi e terapia della porpora trombotica trombocitopenica.

Sono in progress, cioè in fase di sviluppo, le seguenti linee guida:

-             Gestione dell’arresto cardiaco extra e intraospedaliero, presentate nel giugno 2024,

-             Diagnosi e trattamento dello scompenso cardiaco cronico.

Queste ultime, in particolare, prevedono tre raccomandazioni per la diagnosi e il trattamento dello SCC:

Raccomandazione 1 (raccomandazione forte, qualità delle prove bassa. Adottata da NICE NG106)

Si raccomanda che il paziente con scompenso cardiaco cronico venga inserito in un programma di gestione multidisciplinare,

Raccomandazione 2 (raccomandazione forte, qualità delle prove bassa. Adottata da NICE NG106)

Si raccomanda che il team multidisciplinare si occupi di

  • diagnosticare l'insufficienza cardiaca,
  • fornire informazioni alle persone con nuova diagnosi di insufficienza cardiaca,
  • gestire le nuove diagnosi d'insufficienza cardiaca, quelle scompensata o in fase avanzata (classe da III a IV della NYHA),
  • ottimizzare il trattamento,
  • avviare nuovi farmaci che necessitano di supervisione specialistica,
  • continuare a gestire l'insufficienza cardiaca dopo una procedura interventistica come l'impianto di un defibrillatore cardioverter o un dispositivo di resincronizzazione cardiaca,
  • gestire l'insufficienza cardiaca che non risponde al trattamento.

Raccomandazione 3 (raccomandazione forte, qualità delle prove bassa)

Si raccomanda che la composizione del team multidisciplinare preveda:

Core components

  • cardiologo esperto in scompenso cardiaco,
  • infermiere con competenze avanzate in scompenso cardiaco,
  • medico internista/geriatra,
  • medico di medicina generale.

Sulla base delle risorse disponibili e dello stadio dello scompenso:

  • specialista di cure palliative (con coinvolgimento precoce),
  • specialista di medicina riabilitativa,
  • psicologo,
  • assistenza sociale/domiciliare,

Se sul SNLG non si trovano le raccomandazioni per quella determinata patologia, il cardiologo deve attenersi alle cosiddette buone pratiche clinico-assistenziali.

Le linee guida di pratica clinica come uno strumento di supporto decisionale per il professionista sanitario, avente la finalità di consentire che, fra varie opzioni alternative, il medico adotti quella più vantaggiosa a seguito di un'analisi fra benefici ed effetti indesiderati, tenendo conto dell'esplicita e sistematica valutazione delle prove disponibili, commisurandola alle peculiarità del caso concreto e condividendola – dove possibile – con il paziente o il suo caregiver; si tratta di vere e proprie raccomandazioni di comportamento clinico che, attraverso una valutazione critica e sistematica delle evidenze, offrono un bilancio di benefici ed effetti sfavorevoli fra più opzioni alternative.

Le buone pratiche clinico assistenziali vengono elaborate previa ricognizione della letteratura biomedica e delle buone pratiche, da parte del Centro nazionale per l'eccellenza clinica, la qualità e la sicurezza delle cure (CNEC). Attualmente, nell’elenco delle buone pratiche disponibile sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità non vi sono documenti relativi all’attività dei cardiologi.

5. I diritti e i doveri del cardiologo in materia di responsabilità sanitaria

Per concludere, ecco un elenco riassuntivo dei diritti e dei doveri del cardiologo per mettersi al riparo dalle possibili richieste risarcitorie da malpractice.

  1. Diritto alla difesa legale: Il cardiologo ha il diritto di difendersi contro accuse di presunta malpractice attraverso un giusto processo.
  2. Diritto alla presunzione di innocenza: In caso di errore medico, il cardiologo è considerato innocente fino a prova contraria.
  3. Diritto a consultare linee guida e buone pratiche: Il cardiologo ha il diritto/dovere di attenersi a raccomandazioni e linee guida clinico-assistenziali riconosciute dalla comunità scientifica.
  4. Diritto alla formazione continua: Il cardiologo ha il diritto/dovere di accedere a percorsi formativi aggiornati per migliorare le proprie competenze professionali.
  5. Diritto alla copertura assicurativa: Il cardiologo ha il diritto/doveredi essere coperto da un’assicurazione per i rischi connessi alla sua attività professionale.
  6. Diritto di operare in un ambiente sicuro e adeguato: Il cardiologo può esigere che la struttura sanitaria fornisca risorse, strumentazioni e personale adeguati per svolgere il suo lavoro.
  7. Dovere di comunicare correttamente con il paziente: Deve fornire informazioni chiare e trasparenti al paziente, illustrando rischi e benefici delle procedure mediche.
  8. Diritto alla protezione dalla medicina difensiva: Se il cardiologo segue le linee guida accreditate, non è penalmente responsabile per errori non legati alla colpa grave.
  9. Dovere di agire con prudenza e diligenza: Deve evitare atti di negligenza, imprudenza e imperizia nella gestione clinica del paziente.
  10. Dovere di garantire il consenso informato: Deve ottenere il consenso informato del paziente prima di qualsiasi trattamento, illustrando possibili alternative terapeutiche.
  11. Dovere di garantire un trattamento tempestivo: In caso di emergenze, come arresto cardiaco o infarto, il cardiologo ha il dovere di agire prontamente.
  12. Dovere di collaborare con il team sanitario: Il cardiologo deve favorire la comunicazione e la cooperazione con il resto del personale medico e sanitario.
  13. Dovere di segnalare eventuali carenze della struttura: È obbligato a segnalare problemi legati a risorse insufficienti o strumentazioni inadeguate che potrebbero influire negativamente sulla cura del paziente.
  14. Diritto a una consulenza professionale in casi dubbi: In situazioni complesse, il cardiologo ha il diritto di chiedere consulenza a colleghi specialisti.

Il team Consulcesi è a disposizione dei propri iscritti per erogare formazione mirata in materia di responsabilità medica e per fornire assistenza

 

Di: Manuela Calautti

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