È ormai costante il flusso di richieste di consulenza che, quotidianamente, giungono sui tavoli dei legali di Consulcesi & Partners, inviate da quei professionisti della Sanità che, a vario titolo, denunciano condizioni di lavoro di perdurante degrado professionale, venendo impegnati nello svolgimento di prestazioni estranee al loro profilo lavorativo, a motivo di endemici deficit organizzativi delle strutture dove operano.
Soltanto negli ultimi 5 mesi, le segnalazioni hanno superato la soglia dei 1200 operatori sanitari che, sparsi sul tutto il territorio nazionale, hanno manifestato chiaramente il loro disagio, invocando il parere di esperti giuslavoristi per conoscere sia le forme di tutela disponibili che i percorsi, anche negoziali, utili ad raggiungere l’obbiettivo del ripristino delle loro mansioni e, laddove possibile, di un ristoro economico per i danni morali e professionali patiti.
Inoltre, quella che sembrava, fino a poco tempo fa, una piaga ad appannaggio esclusivamente della categoria degli infermieri professionali – e seppur in misura minore delle altre categorie del comparto - ha esteso i suoi confini fino a coinvolgere anche il mondo medico, inclusi quei ruoli apicali che, in talune occasioni, hanno subito addirittura lo svuotamento di compiti e responsabilità, con danni di immagine e professionali davvero rilevanti.
Prestazioni igieniche ed alberghiere
Diversi sono stati gli infermieri che, a seconda del contenuto dei reclami pervenuti, hanno contestato di venir obbligati in modo continuativo ed assiduo ad eseguire attività di carattere igienico-domestico ed alberghiere, come ad esempio la somministrazione dei pasti, la pulizia del paziente, lo svuotamento di padelle e dei pappagalli, lo scarico delle diuresi ed il cambio dei pannoloni.
Trasporto referti ed accompagnamento degenti
In molte altre occasioni, viene invece denunciata la necessità di doversi allontanare dal proprio reparto per accompagnare degenti presso altri locali dell’ospedale per sottoporli ad esami diagnostici, ovvero per trasportare referti, prelievi od altro, di talchè il numero degli infermieri rimasti a disposizione dell’area di appartenenza risulta, per diverso tempo, sensibilmente inferiore a quello necessario per la cura ottimale dei pazienti ricoverati e per eventuali urgenze del momento.
Svuotamento di funzioni, esclusioni e privazione di incarichi del medico
Come detto, anche il mondo medico non va esente da questa piaga, spesso correlata ad un’operazione, magari più sofisticata a livello organizzativo, che va ad incidere direttamente sul contenuto delle funzioni e degli incarichi ricevuti dal dirigente designato.
A prestar fede alle segnalazioni pervenute in questi ultimi mesi, si assiste in taluni casi a veri a propri interventi “chirurgici”, che comportano per il diretto interessato la perdita sostanziale di competenze, attività e conseguenti responsabilità, fino ad arrivare, nelle situazioni più gravi, alla completa esautorazione dallo svolgimento di quelle prestazioni (ed es. azzeramento dei turni in sala operatoria) più tipicamente collegate alla naturale propensione alla cura nell’ambito della branca specialistica rivestita dal dirigente medico, per relegarlo a ruoli essenzialmente amministrativi, senza più nessun contatto con il paziente.
In certi casi, qualche medico è giunto ad affermare di aver patito la graduale privazione delle attività rientranti nel profilo della qualifica di appartenenza di dirigente, venendo escluso dai programmati eventi formativi, privo di obiettivi assegnati e di incarichi di lavoro, con drastico depauperamento del proprio bagaglio professionale e delle potenzialità di crescita.
Leggi anche
La carenza di personale non giustifica il demansionamento
Va ricordato che la carenza di personale, posta a giustificativo dell'utilizzo di un sanitario con compiti di minore rilievo professionale, di per sé non può assumere carattere dirimente per la valutazione della condotta datoriale, posto come l’azienda sia sempre tenuta, a prescindere dai motivi che hanno portato al deficit di forza lavoro, a ricercare ed adottare soluzioni idonea a garantire i requisiti di professionalità dei propri dipendenti.
Scegliere, da un punto di vista organizzativo, di ribaltare sul dipendente sanitario le inefficienze organizzative strutturali, assegnandogli compiti inferiori al proprio inquadramento professionale, può essere consentito soltanto per limitati periodi temporali e per esigenze di servizio del tutto momentanee ed occasionali, dovendosi comunque garantire che il medesimo dipendente eserciti, in modo prevalente, le prestazioni tipicamente proprie della qualifica di appartenenza.
I presupposti per contestare il demansionamento
L’assegnazione allo svolgimento di mansioni inferiori rispetto a quelle proprie dell’inquadramento ricevuto può ritenersi legittima, secondo i più recenti arresti giurisprudenziale, soltanto qualora tale impegno sia circoscritto nel tempo e relativo ad esigenze di servizio del tutto momentanee, mantenendosi comunque al dipendente la prevalente attività collegata al raggiunto livello professionale.
Ricordiamo che al sanitario deve essere garantito di svolgere un’attività correlata alla professionalità posseduta, sicché non può essere posto in una condizione di sostanziale inattività, né assegnato a funzioni che richiedano un bagaglio di conoscenze specialistiche diverso (e quindi anche maggiore o minore) rispetto a quello posseduto e allo stesso non assimilabile, sulla base delle corrispondenze stabilite a livello regolamentare.
Va da sé allora che, qualora questi limiti vengano superati, vi sarà spazio per reclamare un demansionamento o dequalificazione professionali, invocando da un canto il rispristino immediato delle competenze e del ruolo propri dell’inquadramento contrattuale e dall’altro il risarcimento dei danni biologici, esistenziali e professionali effettivamente patiti a motivo della condotta illegittima tenuta dall’azienda.
La quantificazione del danno professionale
Per determinare il danno professionale, potrà quindi invocarsi l’applicazione dei criteri equitativi che, dimostrati gli elementi costitutivi della pretesa risarcitoria, tengano conto della durata della condotta demansionante dell’azienda, della gravità del demansionamento stesso e, per altro verso, del contemporaneo svolgimento delle mansioni previste dalla categoria di appartenenza che, in qualche modo, possa aver significativamente attenuato l'incidenza negativa del fatto sulla capacità professionale.
Una volta allegate queste circostanze, da cui discende l’effettivo impoverimento delle capacità professionali del sanitario per il mancato esercizio quotidiano del suo diritto di aumentare le sue capacità, sarà poi possibile per il magistrato ricorrere al parametro della retribuzione quale criterio orientativo della valorizzazione equitativa del danno sofferto dal dipendente.