Monetizzazione delle ferie non godute, miti da sfatare: anche il dirigente responsabile di struttura ha diritto

Avere autonomia nella gestione delle ferie maturate significa perdita del diritto alla monetizzazione di quelle non godute? Sfatiamo una volta per tutte questo mito che perseguita i dirigenti responsabili di struttura.

Sommario

  1. Autonomia nella gestione delle ferie: il nodo per le Aziende
  2. Il diritto alle ferie annuali retribuite è inderogabile
  3. Le indicazioni della giurisprudenza sui dirigenti responsabili di struttura
  4. Il dirigente medico responsabile di struttura e la gestione delle ferie maturate

Nel viaggio fra le motivazioni addotte dalle aziende sanitarie per tentare di bloccare l’accesso alla monetizzazione delle ferie non godute, ci si occupa di coloro che, avendo ricoperto ruoli di responsabilità, non potrebbero reclamare l’indennizzo dal momento che, secondo la tesi amministrativa, godendo di piena autonomia organizzativa avrebbero potuto liberamente fruirne, senza condizionamento alcuno

La categoria dei dirigenti medici, specialmente quelli che ricoprono ruoli con compiti di direzione di struttura, è quella che, oltre a risentire maggiormente del problema delle ferie arretrate, si vede sovente negare dalle amministrazioni sanitarie il diritto a ricevere l’indennità monetaria per le ragioni più disparate.

Una delle motivazioni che, più spesso, viene opposta riguarda la circostanza per cui, avendo rivestito ruoli caratterizzati da un certo grado (più o meno ampio) di autonomia gestionale, la mancata fruizione delle ferie durante l’anno sarebbe imputabile a loro stessi.

In poche parole, nel corso degli anni di rapporto, costoro avrebbero omesso di fruire dei giorni di congedo ordinario per responsabilità propria per cui, avendo completa discrezionalità nelle modalità di esercizio del diritto al riposo, non aver goduto di tutto il congedo dimostrerebbe, per ciò solo, l’implicita volontà di rinunciarvi, fatta salva l’ipotesi, del tutto residuale, di poter opporre all’azienda irresistibili ragioni di servizio che ne avrebbero impedito l’utilizzo.

Praticamente, i dirigenti con ruoli apicali, che per primi devono fronteggiare le endemiche carenze strutturali dei reparti, dovendo comunque garantire il raggiungimento dei sempre più gravosi obbiettivi aziendali, sarebbero alla fine “puniti” per non essere riusciti a godere delle loro ferie, anche quando (magari) hanno dovuto privilegiare quelle dei loro collaboratori, ponendo in secondo piano la tutela dei propri interessi.

Autonomia nella gestione delle ferie: il nodo per le Aziende

Proprio di recente, nell’ambito dell’attività di sostegno legale ad un direttore di struttura complessa che, da anni in pensione, si era avvenuto di aver lasciato oltre 120 giorni di ferie alla cessazione del rapporto di lavoro, si è dovuta registrare l’immancabile obiezione dell’azienda, destinataria della diffida stragiudiziale di pagamento dell’indennizzo, fondata proprio sul ruolo apicale rivestito dal suo ex dipendente.

La tesi sostenuta dall’amministrazione pubblica era sostanzialmente la seguente: il dirigente di struttura complessa, al pari degli altri responsabili, gode di piena autonomia nell’organizzazione e nelle tempistiche di svolgimento della propria attività, per cui detiene anche il potere di autodeterminarsi il periodo di ferie a proprio piacimento e senza alcun condizionamento.

Pertanto – secondo l’azienda – qualora il dirigente non abbia fruito del periodo di riposo annuale, ciò significa che è avvenuto per una sua libera scelta personale, che di fatto esclude qualsiasi inadempimento colpevole dell’amministrazione pubblica, con conseguente esonero della stessa da ogni onere economico per i giorni non goduti dal suo ex dipendente.

Il diritto alle ferie annuali retribuite è inderogabile

La realtà è però ben diversa rispetto alla semplicistica considerazione formulata dalla PA, dovendosi invero ricordare che le previsioni dettate dalla direttiva 2003/88/CE, che di fatto costituisce il pilastro fondamentale di tutta la disciplina dell’organizzazione del lavoro, ivi incluso il diritto alle ferie annuali retribuite, trovano piena applicazione anche nei confronti di quei dipendenti che rivestono ruoli di responsabilità.

Basta porre attenzione al contenuto dell’art. 17 della richiamata direttiva per accorgersi che le eventuali deroghe alle regole dettate per la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, invero possibili per coloro che abbiano potere decisionale autonomo, sono espressamente precluse proprio per i diritti sanciti dall’art. 7 che, per l’appunto, concerne il tema delle ferie annuali retribuite prevedendo, al suo secondo comma, la possibilità per il lavoratore di esigere la monetizzazione dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

Le indicazioni della giurisprudenza sui dirigenti responsabili di struttura

L’inderogabilità dei principi espressi nel richiamato disposto comunitario è stata più volte ribadita anche dalla Corte di Giustizia Europea nei suoi innumerevoli arresti, così costringendo la stessa Cassazione a doversi adeguare, mutando il proprio orientamento giurisprudenziale.

Attualmente, prevale ormai in modo consolidato l’indirizzo per cui il potere del dirigente pubblico di organizzarsi, in modo autonomo, il godimento delle ferie non comporta solo per questo la perdita del diritto all'indennità sostitutiva delle ferie, dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

Qualora il datore di lavoro non sia in grado di dimostrare di aver pienamente esercitato tutti i suoi poteri/doveri di vigilanza e di indirizzo sul punto, formalmente invitando il dipendente a fruire delle ferie ed assicurandosi, nel contempo, che l'organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio, a cui il dirigente era preposto, non fossero tali da impedire il loro godimento, rimarranno a suo carico gli effetti della sua condotta inadempiente, dovendo così riconoscere all’interessato la compensazione economica per i giorni di ferie non goduti.

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Il dirigente medico responsabile di struttura e la gestione delle ferie maturate

La visione che scaturisce dall’applicazione della normativa comunitaria, siccome interpretata alla luce dei principi sanciti dalla migliore e più recente giurisprudenza (da ultimo, si veda l’ordinanza della CGUE del 24/07/24 C-689/22),  è quindi completamente diversa da quella che, purtroppo, viene ancora propugnata da alcune aziende sanitarie atteso come, non solo non riveste rilevanza alcuna il ruolo apicale ricoperto dal dipendente, ma neppure si può obiettare che, a fronte di un certo livello di autonomia gestionale, il responsabile di un’area risulti per ciò solo estraneo al potere autorizzativo e gerarchico dei suoi superiori organi amministrativi.

Viene quindi a cadere sia il principio di colpevolezza, automaticamente connesso al mancato godimento del periodo di ferie annuali, sia quello, correlato al primo, per cui il dirigente dovrebbe dimostrare, per liberarsi dalla propria responsabilità e quindi accedere alla monetizzazione dei giorni non goduti, di non aver potuto fruire del riposo per ragioni imputabili all’azienda.

Sarà sempre l’azienda che, laddove il dirigente dimostri cessazione del rapporto di lavoro e l’effettiva sussistenza di giorni di ferie non goduti, dovrà dunque dimostrare di averlo previamente invitato a fruirne – se necessario formalmente – e allo stesso tempo avvisato, in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le stesse ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo a cui esse sono destinate, che in caso di mancato godimento verranno perse.

 

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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