Nel 2001 con la legge n. 89 (cosiddetta Legge Pinto), in applicazione dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sul giusto processo, è stata introdotta nell’ordinamento italiano la possibilità di chiedere un’equa riparazione per l’ingiusta durata dei processi.
La ratio della normativa e le tempistiche
Infatti, in processo che possa definirsi “equo” i diritti devono essere correttamente tutelati dall’organo giurisdizionale, ma in un tempo che possa definirsi ragionevole.
Prova il Tool Equa riparazione per calcolare a quanto ammonta il tuo risarcimento
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
Art. 6 Diritto a un equo processo
Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge[…].
Dunque, nella normativa il legislatore ha indicato alcune tempistiche ritenute congrue al cui superamento, se non determinato da adeguate motivazioni, consegue la possibilità per il cittadino di richiedere il risarcimento del danno:
- 3 anni di durata massima per il giudizio di primo grado
- 2 anni di durata massima per il giudizio di secondo grado
- 1 anno di durata massima per il giudizio di legittimità
- 3 anni di durata massima per il procedimento di esecuzione forzata
- 6 anni di durata massima per le procedure concorsuali
La legge considera anche una sorta di compensazione, prevedendo che se l’iter processuale nei vari gradi di giudizio non ha complessivamente superato i 6 anni può essere comunque ritenuto congruo.
La domanda di equa riparazione e le cause di esclusione
La domanda deve essere proposta a pena di decadenza entro 6 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza e affinché venga accolta è necessario che vi siano tutti i parametri indicati dalla l.89/01 e dalle successive modifiche (decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, e dalla legge 28 dicembre 2015 n. 208 cd. legge di stabilità 2016).
La competenza per la proposizione della domanda spetta alla Corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice innanzi al quale si è svolto il primo grado del giudizio oggetto di valutazione di congruità sulla durata.
È opportuno precisare che la l. 208/15 sono state introdotte alcune casistiche (che riportiamo sinteticamente) che escludono la possibilità di presentare la domanda:
- mancato utilizzo di rimedi preventivi (es. giudizio sommario) nei casi previsti dalla legge;
- condanna per lite temeraria, e in assenza di specifica condanna anche per la parte che risulti consapevole dell’infondatezza originaria o sopravvenuta della sua posizione;
- rifiuto della proposta conciliativa congrua;
- piena coincidenza fra la sentenza e la proposta del mediatore;
- abuso dei poteri processuali a scopo dilatorio;
- prescrizione del reato;
- contumacia della parte;
- estinzione;
- irrisorietà del valore della causa.
Quando la domanda di equa riparazione sia relativa ad un procedimento che presenta le caratteristiche suindicate o sia comunque inammissibile o manifestatamente infondata il ricorrente può essere condannato al pagamento di una somma tra i 1.000 e i 10.000 euro.
Entità e liquidazione dell’indennizzo
La Corte d’appello competente, dunque, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti di legge può liquidare con decreto motivato, a titolo equa riparazione, una somma tra i 400 euro e gli 800 euro, per ciascun anno o frazione di anno superiore a 6 mesi, potendo valutare anche in via discrezionale di aumentare le somme:
- fino al 20% per gli anni successivi al terzo;
- fino al 40% per gli anni successivi al settimo;
oppure di diminuire le somme:
- fino al 20% quando le parti del processo sono più di dieci;
- fino al 40% quando le parti del processo sono più cinquanta;
- fino ad 1/3 in caso di integrale rigetto delle richieste della parte ricorrente nel procedimento al quale la domanda di equa riparazione si riferisce.
L’indennizzo va riconosciuto una sola volta in caso di riunione di più giudizi che coinvolgono la stessa parte e non può essere superiore al valore della causa o a quello del diritto accertato dal giudice.
Per gli indennizzi liquidati nei contenziosi riguardanti la Legge Pinto provvede il Ministero della Giustizia con il capitolo 1264 “Somma occorrente per far fronte alle spese derivanti dai ricorsi proposti dagli aventi diritto ai fini dell’equa riparazione dei danni subiti in caso di violazione del termine ragionevole del processo” gestito dal Dipartimento per gli affari di giustizia.
Come valutare l’indennizzo e i parametri
Per effettuare la domanda di equa riparazione occorre l’assistenza di un legale, al quale devono essere fornite tutte le documentazioni relative alla causa per la quale si vuole effettuare la richiesta di indennizzo oltre, ovviamente, al mandato a procedere.
Tuttavia, per i clienti del Consulcesi Club è a disposizione anche un tool con il quale è possibile effettuare un primo calcolo delle somme potenzialmente liquidabili, successivamente si potrà richiedere una consulenza legale specifica su questo tema per approfondire il caso concreto e valutare l’opportunità di procedere attraverso uno dei legali del nostro network.