Il Dottor B. ha appena terminato una estenuante giornata di lavoro in ospedale, un doppio turno per sostituire un collega in ferie, torna a casa cena e relax con la famiglia e magari sul tardi da un’occhiata alle notizie sui quotidiani on-line e perché no, uno sguardo su Facebook, foto di amici e colleghi in vacanza, varie ed eventuali, curiosando scopre che c’è anche un Gruppo sull’ospedale nel quale lavora, dove scrivono medici e pazienti.
Inizia a leggere i commenti e trova quello della Signora F. che ha visitato per ultima quel giorno, dopo quasi 16 ore di lavoro consecutive. La signora F. si è scagliata contro lui in un post raccontando di un medico sgarbato, di una vista superficiale, di incompetenza… forse ha fatto visite migliori, la stanchezza certo non aiuta, ma è stato scrupoloso come sempre, magari non particolarmente simpatico. Sotto al commento della paziente man mano se ne aggiungono altri, alcuni vaghi, altri che lo ricordano in una visita di due anni prima a cui si era presentato con molto ritardo, qualcuno lo difende, qualcuno scrive della malasanità italiana… 

 

Questa del Dott. B. è una storia di pura fantasia, ma potrebbe accadere a tutti noi in ogni momento.

 

L’accesso alle nuove tecnologie ha fornito strumenti utilissimi alla medicina moderna agevolando le cure e il lavoro del medico, ma lo scotto da pagare è una sempre maggiore visibilità di ciascuno di noi sul web, senza filtri e senza controllo.

Il GDPR (Reg. UE 679/16) ha normato il diritto del singolo cittadino a vedere cancellati, o deindicizzati contenuti che lo riguardano, soprattutto nelle ipotesi in cui sia trascorso del tempo e/o non si ravvisi comunque un interesse pubblico nell’informazione, sancendo così un vero e proprio diritto all’oblio, funzionale a limitare la diffusione eventuale di pregiudizi, favorita dai meccanismi propri dei mezzi di comunicazione che, generano implicazioni dirette nella vita di un individuo, causando la perdita di alcuni livelli di privacy.    

Il diritto all’oblio spesso si “scontra” con il diritto di cronaca e l’interesse pubblico e qui la tutela della riservatezza del singolo diviene ancora più complicata. L’esempio più semplice è quello di un medico il cui nome venga riportato da testate giornalistiche on-line in relazione alla morte di un paziente, magari avvenuta in circostanze ancora non precisamente chiarite. Il danno all’immagine in questo caso è notevole, soprattutto perché spesso i giornalisti cavalcano la notizia dell’esito infausto per accalappiare lettori, ma poi non pubblicano, perché di scarso interesse, la successiva notizia del totale proscioglimento del professionista. La reputazione del medico viene così pregiudicata da una informazione non più completa, anzi scorretta.

Auspichiamo tutti un futuro in cui venga fatto un uso più prudente del web, ma nell’attesa il GDPR e il sistema giuridico italiano ci forniscono strumenti di tutela, il web è una giungla nella quale muoversi o anche semplicemente sparire è molto difficile, ma non impossibile, con l’aiuto di professionisti esperti del settore, che possono avviare le procedure di cancellazione delle informazioni che compromettono la web reputation dei medici.  

 

Di: Redazione Consulcesi Club

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