Dopo la pandemia il dibattito sull’obbligo vaccinale per i medici è stato al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica: molti pro e contro, tutti degni di considerazione. Alla fine, la decisione è stata esclusivamente dello Stato, che ha avuto l’ingrato compito di decidere, alla luce delle evidenze scientifiche, se sacrificare la salute di pochi per salvare quella di molti.
Il dibattito sull’obbligo vaccinale
Nel 2020, quando scoppiò la pandemia da COVID-19, gli italiani – e non solo – erano chiusi in casa e speravano con fiducia che la situazione si risolvesse al più presto, per poter riacquistare la propria libertà e ritornare a vivere. Quando l’AIFA autorizzò l’immissione in commercio dei primi vaccini anti Covid-19 e si iniziò a paventare l’obbligo vaccinale, sfociato poi con la campagna iniziata con il Vaccine Day il 27 dicembre 2020, l’Italia si spaccò in due tra favorevoli e contrari, con una massiccia esplosione del fenomeno dei “no vax”, cioè di quei cittadini contrari a ogni tipo di vaccinazione che hanno chiesto a gran voce la tutela della libertà di non vaccinarsi.
Il dibattito ha riguardato sia l’uomo della strada che i professionisti del settore, con molti operatori sanitari che hanno rifiutato la vaccinazione obbligatoria, accettando di essere sospesi dall’esercizio della professione medica pur di tutelare la propria libertà di non vaccinarsi.
L’obbligo vaccinale: considerazioni generali
L’articolo 32 della Costituzione italiana tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività, garantendo la gratuità delle cure per gli indigenti; secondo la norma costituzionale, nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, e comunque sempre nei limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Ciò posto, va precisato che il vaccino contro il virus Sars-CoV-2 non è certo il primo obbligatorio in Italia; fu infatti il siero contro il vaiolo, nel 1934, la prima vaccinazione obbligatoria del nostro paese. Con il passare degli anni, le vaccinazioni obbligatorie sono aumentate di numero, sino ad arrivare al decreto Lorenzin, che nel 2017 ha introdotto, per i bambini e ragazzi fino ai 16 anni, l’obbligo di sottoporsi, gratuitamente, a ben dieci vaccini, per debellare:
- poliomielite,
- difterite,
- tetano,
- epatite B,
- pertosse
- Haemophilus influenzae tipo b,
- morbillo,
- rosolia,
- parotite.
La Corte Costituzionale, nei suoi vari interventi in materia, ha chiarito che l’obbligo vaccinale è legittimo nei seguenti casi:
- a) se il trattamento sanitario obbligatorio è diretto non solo a migliorare o preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri,
- b) se si prevede che il trattamento sanitario obbligatorio non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili (come ad esempio i dolori alle ossa o la febbricola dopo la vaccinazione),
- c) se, nell’ipotesi di danno derivante dal vaccino, sia comunque prevista la corresponsione di un’equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dal parallelo diritto al risarcimento.
L’obbligo vaccinale per i medici per prevenire il Covid-19
L’art. 4 del decreto legge n. 44/2021 ha introdotto nel nostro ordinamento l’obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di assistenza e cura del paziente; l’obbligo è rimasto in vigore fino al 1 novembre 2022. In virtù di questa norma, gli operatori sanitari sono stati obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, comprensiva della dose di richiamo; l’obbligo ha riguardato anche gli studenti dei corsi di laurea ad indirizzo sanitario impegnati nello svolgimento dei tirocini per il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio della professione sanitaria, pena l’impossibilità di accedere alle strutture per svolgere e completare i tirocini. Sono stati esentati dall’obbligo vaccinale solo i sanitari che sono riusciti a dimostrare un accertato pericolo per la loro salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal MMG o dal medico vaccinatore.
Il mancato rispetto dell’obbligo vaccinale per la prevenzione del Covid-19, per gli operatori sanitari italiani, ha avuto conseguenze molto gravi:
- sospensione dall’esercizio della professione sanitaria,
- contestuale iscrizione della sospensione – non disciplinare – nell’albo di riferimento,
- sospensione dalla retribuzione e da qualsiasi altro tipo di emolumento.
L’obbligo vaccinale, nelle intenzioni del legislatore, è stato introdotto con plurime finalità di tutela:
- garantire l’esercente la professione sanitaria rispetto al rischio infettivo da contatto accidentale con il virus;
- garantire che lo svolgimento delle cure mediche non fosse occasione per diffondere il contagio del virus COVID-19 in danno di persone fragili come gli ammalati;
- tutelare l’interesse collettivo della salute, specialmente in favore dei soggetti che dovrebbero beneficiare delle cure mediche – e delle prestazioni sanitarie in generale – in adeguate condizioni di sicurezza.
Le ragioni contro l’obbligo vaccinale contro il Sars-CoV-2
I detrattori dell’obbligo vaccinale da Sars-CoV-2, sotto il profilo giuridico, nel mettere in dubbio la legittimità costituzionale della norma, hanno evidenziato che il rischio degli effetti avversi da vaccino contro il Covid non rientra nella media, tollerabile, degli effetti avversi già registrati per le vaccinazioni obbligatorie in uso da anni, fondando tale tesi sul rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 pubblicato da AIFA nel febbraio 2022. Dal rapporto emerge un numero superiore alla media di eventi avversi da vaccino anti Covid rispetto alle vaccinazioni obbligatorie già in uso, in numero superiore rispetto alla normale tollerabilità. Il sistema di raccolta dei dati sugli effetti collaterali, in particolare, sarebbe stato limitato alla sola farmacovigilanza passiva e condurrebbe a una sottostima degli eventi avversi da vaccinazione, o comunque a un’incertezza sull’entità degli stessi.
Ulteriore motivo giuridico a sostegno dell’illegittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale è rappresentato dalla inadeguatezza del triage pre-vaccinale, e nello specifico:
- nel difetto di coinvolgimento del medico di base, unico detentore di una conoscenza approfondita dei propri pazienti,
- nell’assenza di previsione di esami di laboratorio da eseguire prima della vaccinazione, ovvero di test, inclusi quelli a carattere genetico,
- nella mancanza di un test per rilevare l’infezione da SARS-CoV-2, idoneo ad evidenziare l’eventuale presenza dell’infezione in atto.
Il consenso informato sottoscritto prima di sottoporsi alla vaccinazione contro il COVID, secondo la tesi contraria all’obbligo, non avrebbe reso davvero consapevoli i vaccinandi, i quali a causa dell’inadeguatezza del triage pre-vaccinale non avrebbero ricevuto tutte le informazioni utili per autodeterminarsi e decidere consapevolmente se adempiere o meno all’obbligo vaccinale imposto dalla legge.
I motivi a favore dell’obbligo vaccinale contro il Sars-CoV-2 secondo la Corte Costituzionale
La tutela della salute, garantita dall’art. 32 della Costituzione, implica il dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede la libertà di ciascuno terminare dove inizia quella degli altri. L’obbligo vaccinale, secondo i principi generali dettati dalla Corte Costituzionale, trova giustificazione nella necessità di tutelare la salute come interesse della collettività.
Secondo i principi espressi, negli anni, dalla Corte Costituzionale in materia vaccinale, si è ben consapevoli dell’esistenza di un rischio di evento avverso, anche grave, con riferimento a qualunque vaccino e, ancor prima, a tutti i trattamenti sanitari: pertanto, fino a quando lo sviluppo della scienza e della tecnologia mediche non consentirà la totale eliminazione di tale rischio, la decisione di imporre un determinato trattamento sanitario sarà rimesso alla discrezionalità del legislatore, da esercitare in maniera non irragionevole. Dal rischio intrinseco derivante da un trattamento sanitario obbligatorio scaturisce il diritto al riconoscimento dell’indennizzo, che già esiste in relazione alle vaccinazioni raccomandate.
Quando il conflitto tra l’interesse del singolo e la necessità di tutelare la salute dell’intera collettività è ineliminabile, la legge che impone l’obbligo vaccinale compie deliberatamente una scelta tragica del diritto: ciò è accaduto, ad esempio, nel caso del vaccino contro la polio, quando per eliminare la poliomielite si accettarono i rischi di infezione derivanti dal vaccino. In questi casi estremi – come quello della pandemia del 2020 – purtroppo la sofferenza e il benessere non vengono equamente ripartiti tra tutti i cittadini, ma stanno inevitabilmente a danno di alcuni e a vantaggio di altri.
Nel caso della pandemia da COVID-19, la Corte Costituzionale, la Corte Costituzionale ha precisato che i vaccini anti COVID-19 non possono in alcun modo considerarsi sperimentali, poiché i vaccini in uso nella campagna vaccinale in Italia sono stati regolarmente immessi in commercio dopo aver completato l’iter per determinarne qualità, sicurezza ed efficacia, così come confermato dall’ISS e dall’AIFA. La vaccinazione anti-COVID-19 ha costituito una misura di prevenzione fondamentale per contenere la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2; numerose evidenze scientifiche internazionali hanno dimostrato l’elevata efficacia dei vaccini anti-COVlD-19 disponibili ad oggi, sia nella popolazione generale sia in specifici sottogruppi di categorie a rischio, inclusi gli operatori sanitari.
Sulla sicurezza dei vaccini, l’AIFA ha garantito che la CMA (autorizzazione all’immissione in commercio condizionata) certifica che la sicurezza, l’efficacia e la qualità dei medicinali autorizzati, nel caso specifico del vaccino, sono comprovate e che i benefici sono superiori ai rischi.
La maggior parte delle reazioni avverse ai vaccini, secondo i rapporti di farmacovigilanza dell’AIFA, sono stati non gravi e con esito in risoluzione completa. Le reazioni avverse gravi hanno avuto una frequenza da rara a molto rara e non hanno configurato un rischio tale da superare i benefici della vaccinazione. Non è stato inoltre osservato alcun eccesso di decessi a seguito di vaccinazione e il numero di casi in cui la vaccinazione può aver contribuito all’esito fatale dell’evento avverso è estremamente esiguo e comunque non tale da inficiare il beneficio di tali medicinali. La validità e attendibilità dei rapporti di farmacovigilanza passiva è stata attestata dall’AIFA stessa.
Secondo l’ISS, inoltre, i vaccini anti SARS-CoV-2 approvati sono stati attentamente testati e monitorati costantemente, tant’è che numerose evidenze scientifiche internazionali hanno confermato la sicurezza dei vaccini anti-COVID-19.
Questi dati, in parole povere, hanno rappresentato le evidenze scientifiche su cui i governanti si sono dovuti basare per decidere se sacrificare il diritto alla salute di alcuni in favore della tutela della salute della collettività, facendo una scelta che la stessa Corte Costituzionale definisce politica, perché – appunto – discrezionale.
Il dato medico scientifico emerso è quello di una piena efficacia del vaccino e dell’idoneità dell’obbligo vaccinale rispetto allo scopo di ridurre la circolazione del virus; la libertà di scelta dei sanitari – oltre che dei cittadini italiani – è stata perciò sacrificata per far fronte a un virus respiratorio altamente contagioso, diffuso in modo ubiquo nel mondo, caratterizzato da rapidità e imprevedibilità del contagio.
L’obbligo vaccinale per i sanitari ha consentito di perseguire una pluralità di scopi:
- tutela della salute di una delle categorie più esposte al contagio (medici, infermieri, farmacisti, operatori sanitari in generale),
- protezione di quanti entravano in contatto con queste categorie,
- evitare l’interruzione di servizi essenziali per la collettività, quali quello sanitario, all’epoca sottoposto a un gravissimo stress dovuto alle crescenti richieste di assistenza domiciliare e all’incessante incremento dei ricoveri.
L’obbligo vaccinale per i sanitari è stato perciò ritenuto dalla Corte Costituzionale una misura non sproporzionata, in quanto all’epoca non esistevano misure alternative adeguate allo scopo di fronteggiare la pandemia, né era praticabile la soluzione di effettuare test diagnostici (tamponi) ogni due/tre giorni, con costi insostenibili e intollerabile sforzo per il sistema sanitario, sia a livello logistico-organizzativo che con riguardo all’impiego di personale.
La sospensione dal servizio, per i sanitari che hanno rifiutato di sottostare all’obbligo vaccinale, è stata considerata dalla Corte Costituzionale proporzionale e rispettosa della nostra carta fondamentale, poiché adeguata allo stato di crisi dettato dalla pandemia e temporalmente limitata al periodo pandemico.
Nonostante la Corte Costituzionale abbia messo un punto fermo – almeno giuridicamente – sulle contestazioni all’obbligo vaccinale, il dibattito è destinato a continuare a lungo, poiché la scienza è in costante evoluzione, e con lei il diritto.