Ferie non godute, il dirigente non perde diritto all’indennità con il solo sollecito del datore a usufruirne

La recente sentenza n. 9982/24 della Corte di Cassazione riconosce il diritto del dirigente con potere di autodeterminazione delle ferie alla monetizzazione anche quando l’Ente datore di lavoro lo abbia sollecitato a fruirne.

Sommario

  1. Il caso del dirigente che non “poteva” andare in ferie
  2. Il giudizio della Cassazione
  3. Il potere di autodeterimnazione delle ferie
  4. La preventiva richiesta di ferie del lavoratore
  5. I principi regolatori della richiesta di indennità ferie
  6. Le conclusioni della Cassazione sulle ferie non godute del dirigente

Il potere del dirigente pubblico di organizzare autonomamente il godimento delle proprie ferie non può condurre all’automatica perdita del diritto alla relativa indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto, a meno che la parte datoriale non dimostri di avere, nell'esercizio dei propri doveri di organizzazione del lavoro e relativa vigilanza di corretto rispetto delle indicazioni fornite, invitato formalmente il lavoratore alla fruizione del periodo di riposo.

La questione esaminata e risolta recentemente dalla Cassazione (ord. n. 9982/2024) prende l’avvio dalla richiesta, avanzata da un dirigente comunale nei confronti dell’ente datoriale, di pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie maturata nel corso di successivi rapporti a tempo determinato, poi definitivamente cessati nel maggio del 2010.

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Il caso del dirigente che non “poteva” andare in ferie

Sia in primo grado che in appello, la domanda del dipendente viene respinta ritenendo che, pur trattandosi di reiterazione di contratti a termine, il dirigente era comunque consapevole della prevedibile durata del rapporto; dunque, avrebbe potuto ragionevolmente calcolare il numero di ferie maturate nel corso dei vari rapporti susseguitisi nel tempo, così da programmarne adeguatamente la relativa fruizione nei tempi previsti.

Inoltre, si riteneva dimostrata l’ulteriore circostanza per cui il ricorrente detenesse comunque il potere di definire autonomamente il suo piano ferie, essendo stato peraltro ripetutamente sollecitato dalla stessa Amministrazione a predisporlo per fruire tempestivamente dei periodi di riposo concessi dai contratti.

L’ulteriore aspetto, denunciato dal dirigente con previe note all’amministrazione, per cui aveva dovuto  più volte posticipare i periodo di ferie per motivi afferenti l’organizzazione lavorativa, veniva respinto dalla Corte di Appello sul presupposto che il rinvio delle ferie avrebbe potuto essere giustificato soltanto con la produzione in giudizio di un atto formale, avente data certa, da cui emergesse l’espressa volontà dell’ente di richiedere al dirigente di non assentarsi per specifiche esigenze di servizio nel periodo individuato dal dirigente per la fruizione delle ferie, diversamente non potendo considerarsi giustificato il trasferimento delle stesse oltre i limiti temporali indicati con previsione inderogabile dal contratto di comparto area dirigenti.

Il giudizio della Cassazione

Presentato ricorso contro la conferma del rigetto pronunciata in sede di appello, il dirigente comunale riusciva ad ottenere la riforma della decisione assunta a suo sfavore.

Nell’accogliere i primi due motivi di ricorso presentati dalla difesa del ricorrente, la Corte di Cassazione ha previamente rievocato alcuni approdi giurisprudenziali, ritenuti ormai consolidati, a cui la Corte di Appello non aveva dato seguito nella motivazione della pronuncia di rigetto impugnata.

Il primo richiamo era relativo ad un aspetto fondante l’intera architettura del diritto vantato dal dirigente per cui, qualora non abbia goduto delle ferie, ha sempre diritto alla cessazione del rapporto al pagamento della relativa indennità sostitutiva, a meno che (ed in questo risiede l’eccezione alla regola principale) il datore di lavoro non fornisca prova di averlo posto nelle condizioni di esercitare il diritto in questione prima di tale cessazione, mediante un'adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo.

Si è quindi voluto espressamente chiarire che l’eventuale perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità economica (che, di fatto, vengono considerate dalla Corte di Giustizia Europea un unicum) può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie - se necessario formalmente - e di averlo nel contempo avvisato, in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire – che, nel caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.

Il potere di autodeterimnazione delle ferie

Passando poi all’ulteriore aspetto del potere di autodeterminazione delle ferie del dirigente, la Corte ha voluto ricordare che il dipendente che rivesta tale qualifica, ma risulti comunque sottoposto al potere organizzativo, o comunque gerarchico, di altro organo di vertice dell’Amministrazione, non perde il diritto alle ferie (ed alla sua monetizzazione), dovendosi sempre valutare previamente l’adempimento del datore di lavoro ai propri obblighi organizzativi e di vigilanza.

Il potere del dirigente pubblico di pianificare autonomamente il proprio piano ferie, ancorchè accompagnato da obblighi previsti dalla contrattazione collettiva di comunicazione al datore di lavoro, non comporta la perdita del diritto, alla cessazione del rapporto, all’indennità sostitutiva delle ferie se il datore di lavoro non dimostra di avere, in esercizio dei propri doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto, formalmente invitato il lavoratore a fruire delle ferie e di avere assicurato altresì che l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento.

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La preventiva richiesta di ferie del lavoratore

Lapidaria poi la risposta – peraltro coerente con l’orientamento giurisprudenziale comunitario – all’obiezione per cui, in assenza di preventiva richiesta di ferie da parte del lavoratore, costui le perderebbe automaticamente, laddove si è richiamato sul punto il precedente eurounitario  (sentenza della Grande Sezione della Corte di Giustizia 6 novembre 2018, Max-Planck), affermando che i principi dettati dalla disciplina europea sull’organizzazione del lavoro contrastano con una normativa nazionale che preveda la perdita del diritto in caso di mancata richiesta, nel corso del periodo di riferimento, di poter esercitare il diritto alle ferie annuali retribuite, dovendosi sempre previamente apprezzare se il datore abbia effettivamente onorato i richiamati impegni organizzativi.

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I principi regolatori della richiesta di indennità ferie

Nella parte motivazionale, vengono quindi ricordati i tre pilastri su cui la Corte di Giustizia Europea ha ritenuto opportuno sollecitare un’attenta valutazione da parte delle magistrature nazionali, investite delle decisioni sul tema della monetizzazione delle ferie non godute.

Il primo concerne la necessità di appurare che il lavoratore sia stato invitato, se necessario formalmente, a fruire delle ferie e nel contempo informato – in modo accurato e in tempo utile - che laddove ciò non avvenga le ferie verranno perse al termine del periodo di riferimento.

Il secondo riguarda la necessità di evitare una situazione in cui l’onere di assicurarsi dell’esercizio effettivo del diritto alle ferie annuali retribuite venga posto interamente a carico del lavoratore.

L’ultimo inferisce infine l’onere della prova in sede processuale, che deve essere mantenuto sempre a carico del datore di lavoro, che pertanto dovrà dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto, pena la soccombenza in giudizio.

È ben vero che, per quanto concerne il dirigente, questi aspetti potrebbero assumere minore rigore, attesa la maggiore conoscenza delle regole da parte di un lavoratore con questo profilo, ma ciò non toglie come tali presupposti dovranno essere comunque indagati da parte del magistrato, con le conseguenze del caso laddove l’Amministrazione non riesca a fornire la prova di quanto a suo carico.

Le conclusioni della Cassazione sulle ferie non godute del dirigente

Verificata la conformità dei principi che precedono con le ragioni assunte dalla Corte di Appello per sostenere il rigetto della domanda del dirigente, la Cassazione ne ha quindi rilevato la non conformità in quanto – come si legge dalla motivazione dell’ordinanza - il Collegio si sarebbe limitato ad apprezzare “i solleciti dell’Amministrazione alla pianificazione e al godimento delle ferie, senza però considerare la circostanza che il dipendente era un dirigente esterno assunto a tempo determinato, in forza di contratti e di proroghe di breve durata e non è stato dunque posto in condizione di fruire delle ferie, in quanto la prossimità della scadenza dei termini rendeva impossibile la programmazione”.

I meri solleciti, seppur reiterati dall’amministrazione al godimento delle ferie, sono stati quindi ritenuti insufficienti a ritendere interamente assolto l’onere probatorio dell’Amministrazione, tenuto conto che la stessa reiterazione dei contratti a termine faceva parimenti presumere l’estrema difficoltà per il dirigente di procedere ad un’adeguata pianificazione delle ferie, che pertanto dovrà essere nuovamente apprezzato in sede di merito per giungere al riconoscimento del diritto alla monetizzazione.  

 

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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