Da diverso tempo, il legislatore comunitario si mostra particolarmente attento alla disciplina dell’organizzazione del lavoro, tenendo in massima considerazione l’aspetto della tutela del benessere psicofisico del prestatore d’opera.
Questa tensione si esplica soprattutto nell’approntare, attraverso lo strumento normativo, una serie di accorgimenti utili a garantire periodi di interruzione della prestazione lavorativa, come ad esempio per il godimento della “pausa” che, per poter assolvere agli scopi previsti, deve rappresentare una reale sospensione dall’attività, non sacrificabile né altrimenti comprimibile per ragioni organizzative, così da garantire un effettivo recupero energetico al lavoratore.
La normativa comunitaria sulla pausa lavorativa
Nel contesto sindacale, la pausa riceve specifico richiamo nell’art. 4 della direttiva 88/2003, secondo la quale gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, qualora l'orario di lavoro giornaliero superi le 6 ore, di una pausa.
Le modalità, la durata e le condizioni di concessione di questo tempo di riposo devono essere fissate da contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali o, in loro assenza, dalla legislazione nazionale.
A conferma del rilevante interesse sulla questione della tutela del riposo del lavoratore, in tutte le sue articolazioni, la stessa normativa europea si preoccupa di dettare i criteri guida che devono essere perseguiti dalla regolamentazione interna, rimarcando come tutti i dipendenti devono poter godere di un periodo di pausa adeguato a garantire il recupero delle energie psicofisiche spese nella prestazione.
La normativa nazionale sulla pausa lavorativa
Per quanto concerne il contesto nazionale, la disciplina del diritto alla pausa giornaliera è contenuta nell’art. 8 del D.Lgs. n. 66/2003 dove si stabilisce che, qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, il lavoratore ha diritto a beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono definite dai contratti collettivi di lavoro.
In ogni caso, la pausa non può essere inferiore a 10 minuti continuativi e risulta finalizzata a ritemprare il dipendente, potendo pertanto svolgersi anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, tenuto conto delle esigenze tecniche del processo produttivo.
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Risarcimento danni da mancata pausa: come articola
Da quanto sopra ne consegue che, se un lavoratore non ha potuto godere della pausa, ha diritto a richiedere il risarcimento danni conseguenti al mancato ristoro psicofisico.
Sussiste allora l'obbligo in capo al datore di lavoro di fare il modo che il dipendente benefici della pausa, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata continuativa non inferiore a dieci minuti.
In questi casi, può quindi sostenersi l'inadempimento dell’Azienda che, in violazione della disposizione di cui al comma 2 dell'art. 8 D. Lgs. n. 66 del 2003, omette di consentire al sanitario di fruire, sia pure compatibilmente con le esigenze organizzative, della pausa minima di dieci minuti in ciascun turno di lavoro al di fuori da ogni eterodirezione datoriale.
Il mancato rispetto della pausa di 10 minuti ogni 6 ore di turno, prolungato nel tempo, provoca infatti una situazione di stress e, pertanto, di danno identificabile, sebbene in via presuntiva, nella permanente disponibilità delle proprie energie lavorative in favore del proprio datore (cd. danno da usura psico-fisica), nonostante si imponesse l’osservanza la sospensione della prestazione.
A fronte della allegazione dell'inadempimento datoriale, tramite la prova di aver esaurito la propria prestazione giornaliera senza fruire della pausa prevista, sarà poi il datore di lavoro a dover dimostrare di aver posto il dipendente nelle migliori condizioni per poterne godere, senza che sia poi seguito l’effettivo ricorso da parte del medesimo lavoratore.
Calcolo del danno da mancato riposo
Per poter determinare un compendio risarcitorio da usura psicofisica per il mancato godimento della pausa, occorre partire dalle buste paga del lavoratore (generalmente, le ultime sono sufficienti a fornire un dato utile al magistrato in sede di quantificazione), estrapolando il dato relativo alla retribuzione media mensile che, divisa per il numero di giorni lavorati, porta all’individuazione del costo orario che, a sua volta, ripartito per 6, conduce alla retribuzione spettante per 10 minuti di lavoro.
Una volta recuperato questo importo, si procede alla moltiplicazione per il numero di turni lavorati, così da giungere alla determinazione della somma complessivamente riconosciuta a titolo risarcitorio, oltre interessi legali.
Da ricordare che, trattandosi di azione risarcitoria, la prescrizione applicabile è quella decennale, che inizia a decorrere dal momento in cui è stata commessa la condotta che ha determinato il danno patito dal lavoratore.