Giornata Mondiale senza Auto: quanto inquiniamo con i nostri viaggi?

In occasione della Giornata Mondiale senza Auto, celebrata ogni anno il 22 settembre, un approfondimento sui diversi tipi di inquinamento atmosferico e sul peso delle emissioni provenienti da automobili e trasporto stradale, sulla salute umana e sull’ambiente.

Sommario

  1. I tipi di inquinamento atmosferico
  2. Quanto inquinano le auto
  3. La lotta all’inquinamento atmosferico

A 50 anni esatti da quella che può considerarsi la prima Giornata senza Auto, l’inquinamento atmosferico si conferma uno dei problemi ambientali più urgenti per la salute umana e del Pianeta. Era infatti il 1973 quando, a seguito della crisi petrolifera che portò il prezzo del petrolio alle stelle e una crisi energetica mondiale, si tenne la prima “Domenica senza auto” a Reykjavik (Islanda). L’evento, che voleva spingere le persone a cercare alternative al trasporto privato basato sull’uso di automobili, fu accolto tanto positivamente da portare sempre più città europee a replicare l’iniziativa e a divenire nel 2000 una Giornata Mondiale promossa dalla World Carfree Network (WCN).

Celebrata ogni anno il 22 settembre, vuole essere un’occasione per sensibilizzare le persone sui livelli di inquinamento legati all’uso delle auto, incoraggiando tutti a prendere in considerazione modi alternativi di viaggiare. Come infatti da anni ormai confermano rilevazioni sempre più accurate ed ampie, le emissioni legate al traffico motorizzato rappresentano una delle principali cause dell’inquinamento atmosferico, seguito dalla combustione di legna, dall’agricoltura e dall’industria.

I tipi di inquinamento atmosferico

I principali agenti inquinanti presenti nell’atmosfera provengono da fonti come il traffico veicolare, le centrali elettriche e le attività industriali. Questi sono costituiti da composti di azoto, composti di zolfo, ozono a livello troposferico, materiale particolato e monossido di carbonio. Questi inquinanti sono stati ampiamente dimostrati essere causa di danni alla salute, provocando disturbi respiratori come asma e bronchite, di aumentare il rischio di malattie cardiache e di tumori, oltre che a contribuire in modo significativo al cambiamento climatico.

Inquinamento da particolato (PM2.5 e PM10)

Si tratta di particelle sottili in sospensione nell’aria, comunemente indicate come PM2.5 (con diametro inferiore a 2,5 micron) e PM10 (con diametro inferiore a 10 micron). Queste rappresentano una delle forme più pericolose di inquinamento atmosferico e provengono da fonti quali il traffico veicolare, le centrali elettriche e le attività industriali. Possono penetrare profondamente nei polmoni umani, e sono sempre più identificati come causa di una serie di problemi respiratori, di malattie cardiache e croniche.

Inquinamento da ossidi di azoto (NOx)

Dal punto di vista biologico, gli ossidi di azoto rilevanti sono il monossido di azoto (NO) e il biossido di azoto (NO2). Questi due composti vengono prodotti in natura dal metabolismo batterico, dai vulcani e dalle scariche atmosferiche, ma anche dalle attività dell’uomo.

Il biossido di azoto è un gas bruno-rossastro, scarsamente solubile in acqua, tossico, con un odore pungente ed è altamente irritante. La sua presenza nell’aria è dovuta principalmente all’ossidazione del monossido di azoto (NO) nell’atmosfera, con solo una piccola parte rilasciata direttamente nell’ambiente. La principale fonte di emissione antropocentrica degli ossidi di azoto è rappresentata dal traffico veicolare, ma altre fonti comprendono impianti di riscaldamento residenziali e industriali, centrali elettriche e una vasta gamma di processi industriali.

Inquinamento da ossidi di zolfo (SO2)

Tra gli ossidi di zolfo presenti nell’aria, il più diffuso è il biossido, detto anche più comunemente anidride solforosa (SO2). Gli ossidi di zolfo derivano principalmente dalla combustione del carbone e del petrolio nelle centrali elettriche e nelle industrie. In particolare, il biossido di zolfo può causare problemi respiratori e contribuire all’acidificazione del suolo e dell’acqua. Le concentrazioni di questo inquinante sono particolarmente preoccupanti anche a livello indoor poiché le sue principali fonti sono costituite da radiatori a cherosene, stufe e radiatori a gas privi di scarico e dal fumo di tabacco.

Inquinamento da monossido di carbonio (CO)

Il monossido di carbonio, noto anche come ossido di carbonio, è uno degli inquinanti atmosferici più diffusi. È un inquinante incolore e insapore prodotto dalla combustione incompleta di combustibili fossili, ed è quindi un prodotto di combustione del carbone e del legno, emesso anche dai motori a benzina, da fornelli, stufe, generatori. Il suo ingresso nel corpo umano può portare ad avvelenamento, con sintomi che vanno da mal di testa e nausea a gravi problemi neurologici o addirittura alla morte.

Inquinamento da composti organici volatili (COV)

I composti organici volatili sono emessi da una serie di fonti, tra cui veicoli, industrie chimiche e prodotti per la casa. Questi inquinanti possono reagire con altri agenti inquinanti per formare l’ozono troposferico e contribuire all’inquinamento atmosferico. Inoltre, alcuni COV sono noti cancerogeni.

Inquinamento da metalli pesanti

Tra i metalli pesanti più noti per i loro danni alla salute umana e all’ambiente c’è il piombo, il mercurio e il cadmio. Queste sostanze inquinanti sono spesso il risultato di diversi tipi di attività industriale. Una delle caratteristiche più preoccupanti di questi inquinanti è che anche quando presenti a bassi livelli di concentrazione nell’atmosfera si possono accumulare nel terreno entrando nella catena alimentare (sia via terra che via acqua).

Inquinamento da ammoniaca (NH3)

L’ammoniaca è rilasciata principalmente da attività agricole e industriali e può contribuire all’acidificazione e all’eutrofizzazione degli ecosistemi ed è un precursore del particolato fine (PM2.5) attraverso reazioni chimiche con SO2 e NOx.

Quanto inquinano le auto

Secondo gli ultimi dati raccolti dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) ed elaborati da Our World in Data – organizzazione internazionale che analizza i cosiddetti “big data” – i veicoli che viaggiano su strada, come auto, camion, motociclette e autobus, rappresentano il 15% delle emissioni totali di anidride carbonica (CO2) di origine antropica a livello globale.

A livello comunitario i dati sono molto simili: secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, infatti, in Europa il settore trasporti è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di CO2, il 71,7% delle quali è prodotto dal trasporto stradale. Sebbene ovviamente ci siano vetture che emettono più emissioni, come SUV e mezzi pesanti, e altre meno come le piccole utilitarie ibride, si calcola che una singola auto sia responsabile di un centinaio di grammi di CO2 per chilometro, producendo circa mille chilogrammi di anidride carbonica ogni 12 mesi.

Per quanto riguarda l’Italia, stando ai più recenti dati forniti dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e relativi al 2020, l’intero settore trasporti è responsabile del 37,3% delle emissioni di ossidi di azoto (NOx), di questa percentuale il 19,06% è dovuto alle sole automobili. Oltre all’azoto, le auto in Italia sono responsabili della produzione di circa il 10% delle emissioni di monossido di carbonio, di PM10 e PM2.5, senza dimenticare i composti organici volatili non metanici (NMVOC), pari all’1,87% e di ammoniaca (NH3), all’1,12%.

La lotta all’inquinamento atmosferico

Per contrastare l’inquinamento atmosferico legato ai trasporti, a partire dal 2035 nei Paesi UE sarà vietata la vendita di auto nuove a benzina o diesel. La decisione presa dall’Unione Europea insegue l’obiettivo di tagliare del tutto le emissioni di anidride carbonica (CO2) immesse in atmosfera dai veicoli entro il 2050, secondo quanto stabilito con il Green Deal europeo.

Come professionisti della sanità ed esperti ambientali ribadiscono ormai da tempo, per contrastare i preoccupanti livelli di inquinamento atmosferico è necessaria un’azione collettiva da parte di privati, industrie e istituzioni. Anche le azioni devono guardare ad una molteplicità di ambiti: dall’adozione di tecnologie più pulite, all’uso di energie rinnovabili fino a politiche ambientali più rigorose e incisive. Inoltre, una maggiore sensibilizzazione pubblica sull’importanza della qualità dell’aria e sui rischi per la salute e l’ambiente legati all’inquinamento atmosferico appare altresì necessaria per diffondere nelle comunità stili di vita e abitudini sostenibili, spingendo questi a scegliere mezzi di trasporto pubblici ed energie pulite.

Di: Fabiola Zaccardelli

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