Il recente femminicidio di Giulia Cecchettin, 22enne di Vigonovo, ha accesso ancora una volta i riflettori sul problema della violenza sulle donne. Il tutto a ridosso della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebra il 25 novembre. La giornata è stata istituita dall’Onu nel 1999, in ricordo delle tre sorelle Mirabal, deportate, violentate e uccise, per l’appunto, il 25 novembre 1960 nella Repubblica Dominicana. Si tratta di un’occasione per fare il punto sulla condizione femminile in Italia ma anche all’estero, considerato che sono tanti i Paesi in cui le donne vivono in condizioni in certi casi disumane. Secondo il Ministero dell’Interno, tra il primo gennaio e il 19 novembre 2023, sono 106 le donne uccise, di cui 87 in ambito familiare o affettivo. Di queste, 55 hanno trovato la morte per mano del partner o dell’ex partner.
Violenza sulle donne in ambito sanitario. Gli ultimi casi
Solo pochi giorni fa è stata uccisa la dottoressa Francesca Romeo, 67 anni, mentre rientrava a casa dal servizio notturno di guardia medica. La vittima è stata colpita a morte con colpi di fucile da caccia in uno stretto tornante vicino al cimitero. Il marito, Antonio Napoli, anche lui medico, è stato ferito a un braccio. Gli inquirenti non sembrano avere dubbi sull’arma utilizzata mentre il movente rimane ancora da chiarire.
Lo scorso 21 aprile, invece, la psichiatra Barbara Capovani è stata uccisa davanti all’ospedale Santa Chiara di Pisa da un suo ex paziente, dimesso nel 2019 dal reparto di Psichiatria sociale dopo un ricovero disposto dal tribunale. La dottoressa Capovani aveva redatto una diagnosi in cui lo descriveva come affetto da un disturbo narcisistico, antisociale e di personalità paranoica, nonché “totalmente consapevole delle proprie azioni e del loro disvalore sociale”.
Il 71% dei casi di aggressione in sanità riguarda le donne
Stando agli ultimi dati forniti dall’Inail (Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro), nel triennio 2019-2021 sono stati registrati oltre 4.800 casi di violenze e aggressioni contro gli operatori sanitari, con una media annuale di circa 1.600. La maggior parte di questi episodi si sono verificati in strutture sanitarie, come case di cura e ospedali, e le donne rappresentano la categoria più colpita, con il 71% dei casi. Nel dettaglio, il 37% degli episodi si concentra nel settore dell’assistenza sanitaria, comprendente ospedali, case di cura, istituti, cliniche e policlinici universitari, mentre il 33% riguarda i servizi di assistenza sociale residenziale, come case di riposo e strutture di assistenza infermieristica. Il restante 30% si verifica nel comparto dell’assistenza sociale non residenziale.
La fascia di età più coinvolta è quella tra i 35 e i 49 anni, con quasi quattro su dieci casi. Analizzando le professioni, oltre un terzo coinvolge infermieri ed educatori professionali, principalmente impegnati in servizi educativi e riabilitativi. La categoria più colpita è quella dei tecnici della salute, che rappresenta oltre un terzo dei casi, seguita dagli operatori socio-sanitari e dalle professioni qualificate nei servizi sociali e sanitari.
Le aggressioni nei confronti del personale sanitario coinvolgono anche i medici, sebbene in misura minore (3% dei casi). Va notato che questa categoria non include i sanitari generici di base e i liberi professionisti nel quadro assicurativo dell’Inail.
Nell’ultimo anno, +13% degli accessi di donne al pronto soccorso per violenze subite
“Lo scorso anno, gli accessi di donne in pronto soccorso con indicazione di violenza sono stati, nel nostro Paese, 14.448, con un aumento del 13% rispetto al 2021. In Italia, poi, si stima che circa l’8,6 % delle donne vittime di violenza che si rivolge al pronto soccorso, accede più di una volta”. È quanto ha sottolineato il ministro della Salute Orazio Schillaci, nel corso dell’evento di celebrazione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, in riferimento ai i dati del Sistema Emur per il monitoraggio dell’assistenza in emergenza-urgenza.
“Il pronto soccorso – ha spiegato il ministro – è il luogo dove è possibile intercettare la vittima di violenza perché è qui che si cerca il primo intervento sanitario. Oggi sappiamo che le forme più gravi di violenza contro le donne sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Per le donne vittime di violenza la rete di protezione è di fondamentale importanza: come emerge dai dati Istat riferiti agli anni 2021 e 2022, prima di iniziare il percorso di uscita dalla violenza, il 40% delle donne si è rivolta ai parenti per cercare aiuto, il 30% alle forze dell’ordine, il 19,3% ha fatto ricorso al pronto soccorso e all’ospedale”.
Inoltre, ha aggiunto il ministro, “quando si parla di violenza sulle donne non si può non pensare alle tante donne impegnate nelle professioni sanitarie e sociosanitarie che subiscono aggressioni verbali e fisiche. Sul totale delle aggressioni agli operatori sanitari, circa il 70% riguarda proprio le donne”.