Ondate di calore, siccità, eventi atmosferici sono solo alcune delle conseguenze della crisi climatica in corso a livello planetario. Ma accanto a questi eventi piuttosto evidenti ce ne sono altri, meno visibili, ma non per questo meno preoccupanti. “Il progressivo scioglimento dei ghiacciai perenni, oltre a determinare un’ingente perdita di acqua dolce, potrebbe causare la diffusione di nuove pandemie”, spiega Alessandro Miani, presidente della SIMA, la Società Italiana di Medicina Ambientale. Nel permafrost sono conservati virus, batteri e germi antichissimi, che a seguito dello scioglimento dei ghiacciai perenni stanno finendo nelle acque e sulla terra ferma.
Patogeni nei ghiacciai perenni: gli studi
La presenza di virus talmente datati da essere sconosciuti alla scienza moderna è stata confermata da diversi studi, alcuni dei quali tuttora in corso. In Canada, ad esempio, i ricercatori dell’Università di Ottawa hanno condotto una ricerca, pubblicata su Proceedings of the Royal Society, che analizza geneticamente il suolo e sedimenti del lago Hazen, zone in cui confluiscono acque provenienti da ghiacciai perenni disciolti. Altri studiosi, invece, si sono concentrati esclusivamente sull’Himalaya, dove sono stati rinvenuti virus potenzialmente pericolosi per l’uomo proprio in una porzione di permafrost in fase di scioglimento.
Le zone del mondo più a rischio
Ma quali sono le zone del mondo più a rischio? Il 90% dei ghiacciai perenni si trova in Antartide, il restante 10% nella calotta glaciale della Groenlandia. “È qui, nel permafrost della Groenlandia, che si concentrano i maggiori pericoli, poiché, attualmente, questi ghiacciai perenni stanno scomparendo quattro volte più velocemente rispetto al 2003, contribuendo, da soli, al 20% dell’innalzamento del mare”, sottolinea Miani. Se questi ghiacciai perenni dovessero sciogliersi del tutto il livello del mare dell’intero pianeta Terra si innalzerebbe di sei metri. Più in generale, ogni anno, nel mondo, lo scioglimento del permafrost causa la perdita di 300 miliardi di tonnellate di ghiaccio che, finendo nel mare, si traduce in una perdita della medesima quantità di acqua dolce.
Rischio spillover?
Tuttavia, monitorare la presenza di eventuali virus emersi dallo scioglimento dei ghiacciai e studiarne le peculiarità non sono azioni sufficienti a tenere sotto controllo la situazione. “Dove i ghiacciai si sciolgono il clima diventa via via più compatibile con la vita – spiega Miani -. Tanto che questi luoghi cominciano ad essere popolati da animali di piccole dimensioni che, entrando in contatto con questi antichi virus emersi dallo scioglimento dei ghiacciai, potrebbero spostarsi e veicolarli altrove, trasmettendoli ad altre specie animali”. Ed è proprio questo il passaggio che potrebbe determinare il tanto temuto spillover, ovvero la fuoriuscita di un virus da una specie “serbatoio” verso una nuova specie “ospite” nella quale può morire oppure adattarsi, fino a innescare epidemie.