Libera professione e deroga al vincolo di esclusività. Rispondiamo a dubbi e domande

Rispondiamo alle domande su aspetti legali, fiscali e professionali poste durante il webinar su Libera professione e deroga al vincolo di esclusività con l'aiuto degli esperti che hanno partecipato.

Sommario

  1. Le risposte dell'avvocato
  2. Le risposte dell'esperto fiscale
  3. Le risposte del rappresentante infermieri

Durante il webinar "Libera professione e deroga al vincolo di esclusività" sono arrivati molti quesiti da parte degli utenti che assistevano, sulle proprie situazioni professionali e lavorative. Fare richiesta di autorizzazione per esercitare la libera professione come dipendente del Servizio sanitario nazionale è un diritto del professionista sanitario dal maggio 2023, come stabilito dal Decreto Bollette. Tuttavia, come da molti è stato segnalato durante il webinar, non è sempre scontato ottenere il consenso della propria Azienda. 

 

Con l'obbiettivo di chiarire questi dubbi abbiamo collezionato le domande poste e le abbiamo sottoposte ai nostri esperti, con l'avvocato Limonta abbiamo affrontato i dubbi legali, con il dottor Ginanneschi la materia fiscale e con il dottor Pais dei Mori i chiarimenti sulle questioni professionali. 

Le risposte dell'avvocato

Queste risposte alle domande dei partecipanti al webinar sono state fornite dall'avvocato Carolina Limonta, legale Consulcesi. 

1) È possibile effettuare prestazioni in libera professione oltre l'orario istituzionale per la stessa azienda da cui si è assunti?

No. Il Decreto Bollette, nel modificare l’art. 3-quater, non prevede questa possibilità: la disciplina si riferisce solamente all’attività prestata al di fuori dell’Azienda o dell’Ente di appartenenza, escludendo l’esercizio di attività professionale all'interno di questi. Per lo svolgimento della cosiddetta attività “intramoenia” è necessaria una previsione normativa con relativa regolamentazione aziendale.

2) Se volessi intraprendere una attività completamente diversa da quella che svolgo, valgono le stesse regole della libera professione? 

Pur non essendo espressamente indicato nella norma, si ritiene che le attività esercitabili in regime di libera professione siano quelle riconducibili alle professioni sanitarie, per le quali è richiesta l’esistenza dei relativi titoli abilitativi. Resta fermo il regime delle incompatibilità con attività di commercio, industria, impieghi alle dipendenze di privati o cariche in società costituite a fine di lucro, oltre al fatto che l’attività non deve porsi in conflitto di interessi con l’Azienda.

3) Nella richiesta LP comparto emanata dalla mia azienda, in fondo c’è scritto che vale la regola del "silenzio/dissenso". Non dovrebbero dare spiegazione della negazione della richiesta?

L’Azienda Sanitaria ha 30 giorni per valutare la richiesta di autorizzazione e, in ogni caso, il diniego deve essere fondato su motivi oggettivi, adeguatamente giustificati. La mancanza di una espressa motivazione del diniego si porrebbe in contrasto con quanto l’art. 13 del Decreto Bollette, d’altra parte, espressamente autorizza. Contro il silenzio dell’Azienda è possibile agire con un sollecito, anche facendosi supportare da un professionista, affinché la stessa sia chiamata a fornire un riscontro: proprio recentemente, Consulcesi&Partners, grazie al suo network, ha aiutato un infermiere ad ottenere l’autorizzazione in seguito al ritardo dell’Azienda, con una formale comunicazione del legale.

4) Può l'azienda mettere un vincolo di orario massimo settimanale nell'attività libero professionale richiesta?

L’attuale assetto normativo non prevede un orario massimo settimanale per lo svolgimento dell’attività in regime di libera professione. In passato era previsto un limite massimo di 4 ore settimanali, poi innalzato a 8 ore. Ora, con il Decreto Bollette, è stato eliminato qualsiasi vincolo ma ricordiamo che il regolamento di ciascuna Azienda può andare a meglio specificare le regole di carattere generale. Restano, tuttavia, i limiti dettati dalla normativa sull’orario di lavoro.

5) Ho presentato la domanda solo un mese fa poiché mi veniva detto di aspettare il regolamento dell’azienda, che a tutt’oggi non è stato pubblicato, non ho ancora ricevuto risposta. Come devo comportarmi se non ricevo risposta? 

Premesso che ciascuna Azienda è chiamata ad emanare un regolamento che specifichi meglio le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione, se non riceve una risposta potrà certamente sollecitare un riscontro, personalmente o facendosi assistere da un professionista, che potrà consigliarle al meglio quale strada intraprendere. Ricordiamo che un professionista potrà inviare un invito formale all’Azienda perché provveda a dare riscontro o consigliare di ricorrere ad un giudice, qualora vi siano i presupposti.

6) È vero che solo chi ha un rapporto a tempo pieno o part time 50% ha la possibilità di poter svolgere libera professione? A me (parte time 80%) hanno detto che non è possibile. Io ho richiesto l'autorizzazione al direttore generale della mia azienda sanitaria, se non dovessi ricevere una risposta entro 30 giorni quindi posso sollecitare o vige la regola del silenzio/dissenso?

Non è prevista questa possibilità per chi è assunto con contratto part-time, dove la riduzione dell’orario è normalmente connessa alle esigenze familiari e personali del lavoratore stesso. Diversamente, per chi ha un rapporto di lavoro al 50% o inferiore resta vigente una storica disposizione che consente di effettuare attività di libera professione, secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 56 della L. 662/1996.

7) Per un dipendente pubblico, è possibile costituire una STP non connessa con la professione svolta all’interno dell’asst in cui è dipendente?

È un caso particolare. Quello che governa è la verifica sulla compatibilità della società con le attività consentite: se si tratta di società avente scopo di lucro, tale ipotesi risulta essere preclusa in via generale, oltre al fatto che va sempre preventivamente effettuata una verifica sulla presenza di ipotesi di conflitto di interesse con l’Azienda presso la quale si esercita attività dipendente. Si tratta di una situazione che va valutata nel dettaglio e, possibilmente, facendosi affiancare da esperti in materia.

8) Sono una dietista con contratto a 36 ore nell'asl. Per motivi personali da 2 anni ho riduzione oraria a 24 ore. Vorrei chiedere riduzione a 18 ore con autorizzazione alla libera professione. So già che faranno ostruzionismo. Su cosa posso fare leva?

Non è possibile prevedere se l’Azienda farà ostruzionismo rispetto alla richiesta di riduzione oraria, dipende anche dalle esigenze della stessa. A prescindere da ciò, alle condizioni attuali non ci sarebbe possibilità di esercitare la libera professione, mentre con una ulteriore riduzione a 18 ore potrebbe essere consentita. Partendo dal presupposto che i benefici sono molti, anche per il SSN, è importante che l’istanza di autorizzazione sia ben fornita di tutte le informazioni e i documenti necessari (a tal proposito, Consulcesi Club mette a disposizione un modulo molto utile); dopodiché, in base al riscontro dell’Azienda, potrà valutare le azioni più opportune.

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Le risposte dell'esperto fiscale

Queste risposte alle domande dei partecipanti al webinar sono state fornite dal dottor Marco Ginanneschi, commercialista e revisore legale.

1) È possibile effettuare libera professione in regime di ritenuta d'acconto rispettando i criteri delle prestazioni occasionali?

Dal punto di vista fiscale, pur essendo prevista la possibilità svolgere prestazioni occasionali in regime di ritenuta d'acconto (purché le attività svolte rispettino i requisiti di occasionalità stabiliti dall'art. 67, comma 1, lettera l del TUIR, che specifica che tali prestazioni non possono essere continuative e devono avere una durata massima annuale inferiore ai 30 giorni per committente con il compenso complessivo non superiore ai 5.000 euro lordi per anno solare), si ritiene che la soluzione non sia compatibile con l’inquadramento normativo del D.L. 34/2023 che non prevede l’esercizio di attività lavorativa al di fuori di qualsiasi inquadramento libero-professionale che presuppone di conseguenza l’apertura della Partita Iva.

2) Quali sono i paletti per aprire la Partita IVA se sono dipendente pubblico?

Un dipendente pubblico può aprire una Partita IVA solo previa autorizzazione dell’ente di appartenenza, come previsto dal Decreto Legislativo 165/2001. Tale autorizzazione viene concessa a condizione che l’attività libero professionale non interferisca con i doveri legati alla funzione pubblica e che sia compatibile con l’esclusività del rapporto, laddove prevista. Per infermieri e fisioterapisti del SSN, la deroga introdotta dal Decreto Legge 30 marzo 2023, n. 34 permette al di fuori dell’orario di lavoro esclusivamente lo svolgimento di attività libero-professionale fino al 2025.

3) È necessario aprire la Partita IVA anche se le prestazioni extraistituzionali sono di poche ore annuali? Esiste un limite massimo di ore?

Sì, è obbligatoria l'apertura di Partita IVA, indipendentemente dal numero di ore. La normativa non prevede un limite minimo di ore annuali per cui l'apertura della Partita IVA può essere evitata: ciò dipende dal carattere di continuità e abitualità dell’attività.

4) Al posto di aprire Partita IVA, è possibile fatturare tramite uno studio associato?

No, per attività professionali svolte in maniera individuale, è richiesta l'apertura di una Partita IVA personale. L’adesione a uno studio associato implica un’organizzazione strutturata e un’attività esercitata in forma associata, con vincoli di solidarietà e responsabilità condivisa.

5) Oltre all'apertura della Partita IVA, esistono modalità alternative, come un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co)?

No, perché il contratto di collaborazione (co.co.co o co.co.pro.) è un reddito assimilabile a quello di lavoro dipendente e non può essere cumulabile con l’attività di lavoro dipendente che viene esercitata per i lavoratori del SSN, per i quali il regime di deroga introdotto dal D.L. 34/2003 permette lo svolgimento solo dell’attività libero-professionale al di fuori dell’orario di lavoro, quindi non ci sono alternative all’apertura della Partita Iva.

6) È necessario aprire la Partita IVA anche se il guadagno annuo è inferiore a 5.000?

Vale la stessa risposta del quesito 1.

7) Un infermiere dipendente ASL può aprire uno studio privato di psicologo? In quale regime fiscale? Per quante ore settimanali?

Un infermiere dipendente pubblico può aprire uno studio privato previa autorizzazione dell’ente di appartenenza. Per quanto riguarda il regime fiscale, dovrà operare con Partita IVA, scegliendo il regime ordinario o forfettario per le agevolazioni fiscali (rispettando i vincoli e le limitazioni di accesso). Il numero di ore settimanali è condizionato dalla compatibilità con il contratto pubblico e dal rispetto degli obblighi di servizio.

8) Si può lavorare anche con ritenuta d'acconto? Perché molte società richiedono la Partita IVA?

Per le caratteristiche del D.L. 34/2023 non è possibile svolgere prestazioni con ritenuta d’acconto quindi correttamente viene richiesta l’apertura di Partita IVA per la perfetta adesione ai requisiti previsti dalla natura contrattuale e fiscale.

9) Se apro la Partita IVA, posso lavorare a domicilio con privati e variare i prezzi in base alla tipologia di assistenza?

Sì, aprendo una Partita IVA, è possibile svolgere attività a domicilio e definire liberamente i compensi in base alla tipologia di assistenza. Tuttavia, è necessario gestire fiscalmente in maniera corretta tutte le prestazioni e rispettare gli obblighi di fatturazione e contribuzione.

10) Qual è il guadagno minimo mensile per rendere conveniente lapertura della Partita IVA?

La convenienza dipende dalle spese fisse connesse all’apertura della Partita IVA, come i contributi previdenziali e le imposte, e dalla possibilità di accedere al regime forfettario che permette agevolazioni. Generalmente, un guadagno mensile intorno ai 1.200-1.500 euro può essere considerato sufficiente per coprire i costi e generare un reddito netto soddisfacente.

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Le risposte del rappresentante infermieri

Queste risposte alle domande dei partecipanti al webinar sono state fornite da Luigi Pais dei Mori, Studio di infermieristica Legale Pais e presidente OPI Belluno. 

1) Sono infermiera coordinatrice. Recentemente sono diventata formatrice PNL posso quindi chiedere di poter lavorare fuori azienda senza problemi?

Per quanto attiene alla legge 56/2023, così come specificato dalla Conferenza delle Regioni del 12 luglio 2023 le attività autorizzabili sono “esclusivamente le attività riconducibili alle professioni sanitarie per le quali, indipendentemente dal profilo di inquadramento, gli interessati abbiano l’abilitazione all’esercizio”, quindi, nel suo caso, sono autorizzabili le attività riconducibili alla Professione Infermieristica.

2) Sono un infermiere che lavora presso la pubblica amministrazione, ho conseguito il diploma di Massaggiatore Capo Bagnino degli stabilimenti idroterapici (arte ausiliare delle professioni sanitarie) posso aprire la partita IVA per la professione di MCB, oppure può essere inclusa tra le prestazioni occasionali?

Per quanto attiene alla legge 56/2023, così come specificato dalla Conferenza delle Regioni del 12 luglio 2023 le attività autorizzabili sono “esclusivamente le attività riconducibili alle professioni sanitarie per le quali, indipendentemente dal profilo di inquadramento, gli interessati abbiano l’abilitazione all’esercizio”, quindi, nel suo caso, sono autorizzabili le attività riconducibili alla Professione Infermieristica, non essendo l’attività di Massaggiatore Capo Bagnino riconosciuta come Professione Sanitaria.

3) Non mi è chiaro se la deroga del decreto bollette vale solo per esercitare la professione che si esercita nell'azienda di appartenenza. Faccio un esempio per spiegarmi meglio: faccio l'infermiere in una ASL, posso avviare un'attività commerciale che ovviamente non vada in conflitto di interesse con la mia ASL?

Per quanto attiene alla legge 56/2023, così come specificato dalla Conferenza delle Regioni del 12 luglio 2023 le attività autorizzabili sono “esclusivamente le attività riconducibili alle professioni sanitarie per le quali, indipendentemente dal profilo di inquadramento, gli interessati abbiano l’abilitazione all’esercizio”, quindi, nel suo caso, sono autorizzabili le attività riconducibili alla Professione Infermieristica. Per avviare un’attività commerciale dovrebbe essere assunto con un contratto di lavoro a tempo parziale, non superiore al 50% del tempo pieno e, previa autorizzazione, aprire una partita IVA (Legge 662/1996, art. 1, comma 56)

4) Sono Infermiere dipendente SSN. Ho La laurea magistrale ed iscrizione all'ordine degli psicologi. Posso svolgere la professione di psicologo in regime privato?

Per quanto attiene alla legge 56/2023, così come specificato dalla Conferenza delle Regioni del 12 luglio 2023 le attività autorizzabili sono “esclusivamente le attività riconducibili alle professioni sanitarie per le quali, indipendentemente dal profilo di inquadramento, gli interessati abbiano l’abilitazione all’esercizio”, quindi, nel suo caso, è autorizzabile anche l’attività di psicologo.

5) Sono una infermiera che lavora in una azienda pubblica, volevo sapere se si deve per forza aprire la partita IVA o c'è un limite per cui si può fare libera professione senza aprirla?

La questione è ancora controversa, in quanto una risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (n° 41/E del 15/07/2020), basata su un caso specifico e particolare, parrebbe escludere la possibilità di effettuare prestazioni occasionali per i professionisti iscritti ad un Albo. La questione è stata affrontata anche successiva in sede giuridica, che smentisce questa lettura (“La mera iscrizione all’Albo o la titolarità di partita IVA non sono elementi sufficienti a dimostrare l’abitualità dell’esercizio dell’attività professionaleCassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 10267/2021).

Rimane un punto ineludibile: la prestazione occasionale deve essere realmente occasionale, quindi deve presentare alcune caratteristiche chiare:

  • l’autonomia della prestazione in riferimento alla modalità e ai tempi di svolgimento e/o realizzazione dell’opera, quindi l’assenza del vincolo di coordinamento e subordinazione da parte del committente;
  • l’assenza dei caratteri della abitualità e professionalità, che si concretizzano “ogni qualvolta un soggetto realizzi con regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo”.

Per essere pratici: una prestazione su una persona assistita (es. una medicazione) ha dei caratteri essenzialmente diversi da un turno di lavoro in una struttura privata.

Essendo materia ancora molto in discussione, si consiglia comunque di rivolgersi ad un professionista fiscale o del diritto del lavoro, nel momento che si intende progettare l’attività in parola.

6) Sono un dottore in infermieristica e ho vinto un concorso come tecnico specializzato autista. Posso chiedere di non inserire l’esclusività nel mio contratto? Possono non concedermelo? Per esercitare la libera professione devo comunque essere autorizzato?

Ad oggi il vincolo di esclusività è una caratteristica inderogabile della Pubblica Amministrazione italiana, per cui non è possibile chiedere di non inserirlo nel contratto.

L’autorizzazione è necessaria, come ben chiarito anche dal documento dalla Conferenza delle Regioni del 12 luglio 2023.

Di: Redazione Consulcesi Club

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