Sta facendo il giro del web la notizia del radiologo di un ospedale della Val D’Aosta che ha operato la sua gattina, a un passo dalla morte, presso l’ospedale in cui presta servizio. Scopriamo insieme cosa rischia questo amante degli animali.
Athena è la gattina del dott. A., medico responsabile della struttura di radiologia e neuroradiologia interventistica presso un ospedale valdostano. La gattina cade dal sesto piano di casa, e dopo un volo del genere riporta vari traumi: dalla visita veterinaria emergono fratture posteriori, distacco di almeno uno dei due polmoni con sospetto pneumotorace, possibili lesioni degli organi interni.
La gattina, anche dopo la visita dal veterinario, sta malissimo e probabilmente rischia di morire. Per questo il dott. A. fa una scelta estrema: dopo le ore 20, quando gli esami programmati nel reparto dell’ospedale presso cui lavora erano già stati terminati e le macchine diagnostiche erano in attesa di eseguire eventuali esami urgenti, verificato che non vi fossero pazienti, al di fuori dell’orario di lavoro (senza timbratura) il dott. A. porta la gattina presso l’ospedale ove presta servizio per verificare le sue condizioni.
Con i macchinari del reparto sottopone la gattina Athena a esami diagnostici (tac) per valutare la gravità dello pneumotorace, dopodiché decide di eseguire un drenaggio, in modo da permetterle di respirare.
L’intervento eseguito dal dott. A. è stato determinante, perché adesso Athena sta bene e si sta riprendendo. Tuttavia, il dott. A. è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura della Repubblica, e a suo carico l’ospedale ha aperto un procedimento disciplinare, nonostante lui si sia immediatamente dichiarato disponibile a risarcire ogni danno che potrebbe avere arrecato con il suo comportamento.
Le fattispecie di reato: esercizio abusivo professione e peculato
Il dott. A. potrebbe essere indagato per differenti fattispecie di reato: peculato ed esercizio abusivo di una professione. Il reato di peculato si configura nel caso in cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, per ragioni legate al suo ufficio o servizio, abbia il possesso o la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropri.
Il reato è punito con la pena della reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi; tuttavia, la pena è ridotta alla reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
Nel caso in cui il dott. A. venga effettivamente indagato per peculato, il Pubblico ministero che conduce le indagini dovrà innanzitutto valutare se il dott. A. possa essere qualificato, nel momento in cui ha agito, come pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio: il peculato, infatti, non può essere commesso da “chiunque”, come molti altri reati, ma è un cosiddetto reato proprio, nel che può essere commesso solo da chi rivesta quella determinata qualifica.
Non siamo – ovviamente – in possesso degli atti di indagine, ma dalle dichiarazioni rese dal vero medico proprietario della gattina Athena emerge che lo stesso ha agito al di fuori dell’orario di lavoro, senza timbrare il badge: sta al Pubblico ministero che conduce le indagini, perciò, valutare se questo possa essere sufficiente per qualificarlo o meno come pubblico ufficiale.
Il dott. A., inoltre, potrebbe venire indagato per il reato di esercizio abusivo di una professione: lo stesso, infatti, non è in possesso dell’abilitazione all’esercizio della professione veterinaria, ma solo di quella medica (riservata a pazienti umani).
Pertanto, la Procura potrebbe valutare la sua condotta come quella di un soggetto che ha abusivamente esercitato – seppure per il tempo di uno pneumotorace su un gattino – la professione di veterinario, per la quale era sprovvisto di abilitazione. In questo caso, la pena sarebbe molto più grave:
- reclusione da sei mesi a tre anni,
- multa da euro 10.000 a euro 50.000,
- pubblicazione della sentenza di condanna,
- confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato (compresa, teoricamente, anche la gattina Athena),
- trasmissione della sentenza di condanna al Consiglio dell’Ordine per l’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni della professione regolarmente esercitata.
All’indagine penale si affianca quella disciplinare avviata su istanza dell’ospedale presso cui il dott. A. lavora: i sanitari che si rendono colpevoli di abusi o mancanze nell’esercizio della professione o, comunque, di fatti disdicevoli al decoro professionale, sono sottoposti a procedimento disciplinare da parte del Consiglio dell’Ordine o Collegio della provincia nel cui Albo sono iscritti.
In base alla valutazione che sarà effettuata da parte del Consiglio competente, il dott. A. potrebbe subire una delle seguenti sanzioni disciplinari:
1) l'avvertimento, che consiste nel diffidare il colpevole a non ricadere nella mancanza commessa;
2) la censura, che è una dichiarazione di biasimo per la mancanza commessa;
3) la sospensione dall'esercizio della professione per la durata da uno a sei mesi,
4) la radiazione dall'Albo, che viene pronunciata contro l'iscritto che con la sua condotta abbia compromesso gravemente la sua reputazione e la dignità della classe sanitaria.
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La vicenda che ha per protagonista la gattina Athena e il dott. A. potrebbe, per il medico, avere delle gravi conseguenze: non essendo in possesso degli atti di indagine, conoscendo solo i fatti per come resi noti con delle dichiarazioni rilasciate dal vero medico agli organi di stampa, non sappiamo come potrebbe orientarsi il Pubblico ministero che conduce le indagini.
Certamente, qualora venga a mancare anche uno solo degli elementi costitutivi di uno dei reati configurati, o qualora la notizia di reato si evidenziasse come infondata perché gli elementi acquisiti durante le indagini non consentono di formulare nei confronti del dott. A una ragionevole previsione di condanna, la Procura chiederà certamente l’archiviazione del procedimento.
In caso contrario, il dottor A. potrebbe subire un regolare processo, anche per reati di una certa gravità: starà poi alla sua difesa valutare, nel concreto, la sussistenza delle condizioni e l’opportunità di accedere a programmi alternativi come la giustizia riparativa (dato che il dottore si è già dichiarato disponibile a risarcire il danno) oppure qualche richiesta di rito alternativo.
Per quanto concerne il potenziale reato di esercizio abusivo della professione, addirittura, la pena minima prevista (inferiore a due anni) permetterebbe al dott. A. di beneficiare della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto: la particolare tenuità del fatto viene valutata in base alle modalità della condotta, all’esiguità del danno o del pericolo, alla condotta successiva al reato e all’offesa, che deve essere particolarmente tenue. Nel caso di particolare tenuità del fatto, il dott. A. non potrebbe essere condannato e il suo procedimento penale dovrebbe essere archiviato già in fase di indagine.
Indipendentemente da come si concluderà il procedimento penale, tuttavia, il dott. A. potrebbe subire una sanzione disciplinare, poiché comunque il suo comportamento potrebbe avere messo a repentaglio la fiducia che i cittadini hanno nei confronti della classe medica: in questo senso, la decisione spetta al Consiglio dell’Ordine, che sulla base dei precedenti orientamenti disciplinari dovrà valutare questo particolare caso.
Il caso ha suscitato e susciterà molto dibattito, perché pone al centro il ruolo sempre più centrale che gli animali hanno preso all’interno delle famiglie italiane.
Una parte dell’opinione pubblica, infatti, si chiede perché il dott. A. debba essere indagato, in quanto ha comunque salvato il proprio animale d’affezione, per lui un membro della famiglia, e lo ha fatto senza danneggiare nessuno e senza sottrarre cure a un altro paziente umano, in quanto ha abusato del suo ruolo e utilizzato la sala operatoria dell’ospedale per cui lavora, ma in un momento in cui non le usava nessuno.
Un’altra parte dell’opinione pubblica, invece, ritiene questo fatto di un’inaudita gravità, tanto da danneggiare la professione medica agli occhi dei pazienti in maniera irreversibile.