Danno erariale: cos'è e come funziona?

Il danno all’erario, cos’è e come funziona, con le ultime modifiche apportate dal Decreto Semplificazioni.

Sommario

  1. A quale fonte normativa fa capo il danno erariale?
  2. Quali sono le caratteristiche del danno erariale?
  3. I nuovi profili di responsabilità del danno erariale post D.L. 76/2020
  4. Il danno erariale per chi esercita la professione medica
  5. Legge Gelli e danno erariale per chi esercita la professione medica
  6. Responsabilità medica e danno erariale

Il “danno erariale”, anche noto come “danno patrimoniale dello Stato”, è una categoria giuridica che si riferisce al danno causato al patrimonio dello Stato o degli enti pubblici a causa di un comportamento negligente, illecito o abusivo di un pubblico ufficiale o di un soggetto incaricato di gestire risorse pubbliche.


Secondo la definizione giuridica, il danno erariale si verifica quando si registra un pregiudizio economico o finanziario per lo Stato o gli enti pubblici a causa di un atto o di un comportamento di un pubblico ufficiale o di un soggetto incaricato di gestire risorse pubbliche che viola le norme di legge, contratti, regolamenti o obblighi professionali.


Il danno erariale può riguardare diversi ambiti, come ad esempio i contratti pubblici, la gestione del denaro pubblico, la corruzione o lo spreco di risorse pubbliche. Può manifestarsi attraverso azioni o omissioni che determinano un impoverimento del patrimonio pubblico, causando una riduzione o una perdita di risorse finanziarie o materiali.

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La definizione giuridica del danno erariale è importante per consentire alle autorità competenti di individuare, accertare e sanzionare eventuali responsabili. Inoltre, permette di avviare azioni legali volte alla restituzione delle risorse finanziarie o materiali sottratte o danneggiate al patrimonio pubblico.

A quale fonte normativa fa capo il danno erariale?

Il danno erariale trova causa in due disposizioni della nostra Carta Costituzionale e in particolare: nell’art. 28 comma 1 e nell’articolo 81 comma1.

Il primo, ci ricorda che i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili ed amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. Il secondo, ribadisce che lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

A queste due disposizioni, se ne può aggiungere una terza, art.113 comma 2 Cost., la quale prevede che la tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.

Potrebbero essere rintracciabili molte altre disposizioni costituzionali a riguardo, ma le tre annoverate possono aiutarci a capire che quando si parla di danno erariale, di certo, a farne le spese è lo Stato e di conseguenza anche tutti i cittadini, in quanto la nozione di danno comprende non solo il pregiudizio patrimoniale, ma anche la lesione di ogni interesse pubblico giuridicamente protetto

Quali sono le caratteristiche del danno erariale?

La perdita dell’erario è caratterizzata da certezza, attualità, concretezza e deve essere determinato o determinabile: ciò significa che la perdita non deve essere ipotetica, deve essere avvenuta e non deve rientrare nella conoscenza della prevedibilità. Il risarcimento del danno pubblico subito dall’erario da attività amministrative e dei pubblici poteri trova espressione anche nei principi di imparzialità pubblica amministrazione (come sancito dall’art. 97 Cost.).

In realtà esistono varie specifiche in riferimento al danno erariale, tutte accomunate dall’antigiuridicità che si estrinseca, poi, in un comportamento lesivo e arrecante danno a beni materiali e immateriali. Inoltre, può essere un danno diretto o indiretto, se è rispettivamente causato direttamente dalla persona responsabile all’amministrazione pubblica oppure se è causato nei confronti di un terzo che la Pubblica Amministrazione dovrà risarcire.

Inoltre, per il danno erariale vige l’obbligo di denuncia, indipendentemente dalla posizione di subordinazione o sovra ordinazione rispetto all’autore dell’illecito. Quindi hanno l’obbligo di denunciare tutti i lavoratori che, in ragione della loro posizione lavorativa nella Pubblica Amministrazione, possano venire in possesso degli elementi per l’accertamento della responsabilità e per la quantificazione del pregiudizio.

La responsabilità per danno erariale si configura come danno di natura contrattuale e, stando al Codice Civile, il termine di prescrizione è stabilito in 5 anni a decorrere dalla data dell’evento dannoso.

Chi si occupa di supervisionare sull’ipotesi di danno erariale?

La Corte dei Conti è responsabile del monitoraggio delle possibili perdite fiscali e dell’eventuale azione penale e quindi perseguibilità nei confronti di coloro che si rendono responsabili di danno all’erario. Si tratta di un organismo multifunzionale, la cui competenza nella pubblica amministrazione è molto importante. Essa interviene se i funzionari del settore pubblico o i funzionari amministrativi, così come i dirigenti e i funzionari delle imprese sotto il controllo pubblico, sono colpevoli di responsabilità amministrativa: cioè in caso di danno alle casse dello Stato. L’azione è esercitata dal procuratore generale, il quale deve prima inviare all’interessato una richiesta per presentare deduzioni e documenti relativi al danno in questione. Dopodiché, il procuratore ha un massimo di 120 giorni per completare le indagini: garantendo così che ci sia responsabilità in capo o meno a determinati soggetti. Nel caso in cui si ravvisi la responsabilità, il procedimento continua in pubblica udienza fino all’accertamento definitivo.

I nuovi profili di responsabilità del danno erariale post D.L. 76/2020

Il 16 luglio 2020, è entrato in vigore il D.L. n. 76/2020, meglio noto come “Decreto Semplificazioni”, contenente misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale. Il testo rappresenta un intervento organico volto a semplificare le procedure amministrative, eliminare e velocizzare gli adempimenti burocratici, sostenere l’imprenditorialità e proporre nuove forme di “digitalizzazione della pubblica amministrazione”.

Questo ha apportato importanti e nuovi profili riguardanti il danno causato all’erario, a tal punto che lo scopo collegato all’evento di perdita è ora visto da una prospettiva penale piuttosto che da una prospettiva civile. Al riguardo, occorre infatti sottolineare come il “Decreto Semplificazioni” prevenga uno degli elementi strutturali del reato amministrativo-contabile, vale a dire l’elemento psicologico, con l’obiettivo di rendere più efficiente la pubblica amministrazione, partendo dal presupposto che i dipendenti pubblici vengano ostacolati dal timore di dover rispondere di una qualsivoglia responsabilità.

Interviene, cioè, il dolo nella fattispecie penalistica del danno all’erario. In conformità con la nozione di diritto penale della materia e secondo l’articolo 43 del codice penale, oltre all’intenzionalità dell’attività illecita, non può essere ignorato lo scopo del danno per integrare il danno all’erario. Con l’introduzione del decreto, il dolo “erariale” dev’essere ora inteso come stato soggettivo caratterizzato dalla consapevolezza e dalla volontà dell’azione o omissione contra legem, con riferimento alla violazione delle norme giuridiche che regolano e disciplinano l’esercizio delle funzioni amministrative e alle sue conseguenze dannose per le finanze pubbliche.

Sostanzialmente, con il Decreto Semplificazioni, cambia la responsabilità dei dipendenti pubblici per combattere la c.d. “burocrazia difensiva” e la “paura della firma”, che paralizza l’amministrazione per timore del danno erariale o dell’abuso d’ufficio. L’art. 21 del Decreto n. 76/2020 modifica radicalmente, in due aspetti, la responsabilità del dipendente pubblico: con la “prova del dolo” si prevede che “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”; e con la previsione di azione di responsabilità solo nei confronti del soggetto agente, responsabile del danno, che ha agito con dolo. Entra, cioè, in gioco una sorta di “scudo erariale”, tale per cui è abolita la responsabilità erariale per colpa grave, a meno che non siano danni cagionati da omissione o inerzia, rispetto ai quali si prevede che non si applichino limitazioni di responsabilità. Dall’altra parte ha impresso una responsabilità “più pesante” in capo ai dipendenti amministrativi come l’abuso d’ufficio, in pieno spirito del Decreto Semplificazioni. Quest’ultimo, infatti, ha apportato alcune modifiche al danno erariale, agendo sulla:

  • rimodulazione delle sanzioni con una riduzione delle sanzioni per il danno erariale, al fine di favorire l’efficacia e l’efficienza della pubblica amministrazione;
  • semplificazione delle procedure, introducendo misure per semplificare le pratiche amministrative, al fine di evitare errori e conseguenti danni erariali;
  • introduzione della responsabilità solidale tra più soggetti che abbiano cagionato danni all’erario, in modo da massimizzare la possibilità di recupero dei danni;
  • ampliamento dei casi di responsabilità, includendo anche situazioni in cui i danni siano causati da negligenza o da violazioni di norme procedurali.

Il danno erariale per chi esercita la professione medica

Con riguardo all’esercizio della professione sanitaria, il danno erariale maggiormente diffuso è quello relativo agli importi percepiti in extramoenia e non autorizzati. L’attività professionale non autorizzata, in tal caso, richiede l’applicazione di una sanzione tale che il compenso pagato per i servizi resi deve essere versato sul conto del prestatore di servizi o, in sua assenza, sul conto del destinatario del reddito percepito. Il mancato rispetto dell’obbligo di restituzione comporta un danno all’erario sotto forma di mancati introiti, la cui riscossione rientra nella responsabilità amministrativa esercitata dalla Procura contabile.

Un altro esempio può essere anche quello del mancato rimborso delle spese sostenute dal SSN per iper-prescrizione di farmaci.

Sempre con riferimento all’esercizio della professione medica e con riguardo anche al pubblico impiego, il tipico caso è quello di allontanamento illecito dal posto di lavoro, il cui responsabile è obbligato a risarcire l’amministrazione di riferimento in senso di risarcimento del danno patrimoniale per i periodi di riferimento accertati e del danno non patrimoniale per danno all’immagine.

Ovviamente, i casi sono stati molteplici e possono configurarsi ancora in altri modi, per questo è importante rimanere vigili sulle regole da seguire tramite la formazione ad hoc e la consulenza legale specializzata.

Legge Gelli e danno erariale per chi esercita la professione medica

L’art. 9 n. 5 della Legge Gelli-Bianco sancisce che: “in caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’articolo 7, o dell’esercente la professione sanitaria, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 7, l’azione di responsabilità amministrativa, per dolo o colpa grave, nei confronti dell’esercente la professione sanitaria è esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei conti”.

Questa norma non è necessaria perché anche senza di essa, l’azione verrebbe esercitata dal Pubblico Ministero nei confronti della Corte dei Conti. Resta però da vedere se l’unica persona che ha il diritto di intentare una causa contro un medico per negligenza grave sia la Corte dei Conti o la struttura sanitaria stessa. Il quid è stato risolto dall’art. 13 della legge 24/2017, il quale ha introdotto l’obbligo per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche o private, nonché per i rispettivi istituti assicuratori, di inviare all’esercente la professione sanitaria una comunicazione formale – e quindi a mezzo Pec o raccomandata A.R. – con cui costui venga reso edotto del fatto che sono in corso delle trattative con il paziente danneggiato, ovvero che l’azienda ha ricevuto la notizia di un atto giudiziale con riferimento ad un trattamento da lui compiuto o, in altri casi, omesso.

L’eventuale omissione, tardività o incompletezza di questa comunicazione comporta, per l’Azienda sanitaria, la decadenza delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa, potenzialmente attivabili all’esito di una eventuale liquidazione con danaro pubblico.

L’attività di provvedere al corretto e tempestivo adempimento formale previsto dall’art. 13 grava sul personale amministrativo preposto alla gestione di questo incombente, con ogni conseguenziale riflesso in termini di responsabilità propria qualora la decadenza sia a sé imputabile.

Responsabilità medica e danno erariale

Secondo le ultime pronunce giurisprudenziali sono molteplici le possibilità che un medico debba rispondere per danno erariale. La Corte dei Conti, con riferimento ai vari casi che possono verificarsi, ha chiarito che il medico può rispondere anche per danno erariale indiretto tutte le volte che si verifica anche a distanza di tempo, una deminutio del patrimonio dello Stato. Ciò significa che se il medico non agisce in maniera corretta oggi, ma il danno è solo potenziale, la sua azione non si prescrive se gli effetti di quell’azione – ovvero il danno vero e proprio consistente nella deminutio pecuniae – si verificano dopo molto tempo.

Un altro caso di responsabilità amministrativa del medico è quella legata alla malpractice medica e gli atti di un processo civile possono essere utilizzati nel procedimento che verifica la responsabilità del medico nei confronti dell’erario. In questi casi, i medici e gli operatori sanitari responsabili della cattiva condotta possono, dopo un processo avviato dal pubblico ministero davanti alla Corte dei Conti, essere condannati a restituire all’azienda sanitaria il denaro che la stessa ha dovuto pagare alle vittime, causando così una perdita per l’erario dello Stato.

La responsabilità medica, infatti, come più volte ribadito dalla Corte die Conti non esplica i suoi effetti solo all’interno di un contesto, ma le sue azioni possono essere riprese più volte, soprattutto quando si ravvisa mancata azione e o omissione di cautele tempestive e necessarie ad evitare l’evento dannoso, in violazione dei principi di prudenza, diligenza e perizia.

Stessa responsabilità indiretta ai danni dell’erario viene imputata al medico che non si attiva immediatamente per una tempestiva diagnosi. In tal caso, il medico risponde del danno erariale (indiretto) subito dall’Amministrazione di appartenenza condannata in sede civile a risarcire il danno patito dal terzo danneggiato a causa della mancata tempestiva diagnosi. In tal caso, è stato chiarito che “il medico risponde del danno erariale (indiretto) subito dall’Amministrazione di appartenenza condannata in sede civile a risarcire il danno patito dal terzo danneggiato a causa della mancata tempestiva diagnosi”.

Un altro tipo di responsabilità per danno all’erario può essere riconosciuta al medico tutte le volte che omette o ritarda la segnalazione alla Procura contabile per l’ipotesi di un danno potenzialmente erariale che trasla l’obbligo di risponderne al diretto responsabile. In mancanza, il medico risponde per un fatto commesso da altri, ma non segnalato, ove ovviamente è accertato che egli ne era a conoscenza. In questi casi, il presupposto per l’obbligo di denuncia è il verificarsi di un fatto dannoso per la finanza pubblica, ai sensi dell’art. 20 del dpr n. 3/57.

Alla luce della disamina su come si identifica un danno erariale, stabilendo la sua vera essenza, risulta necessario in questa sede consigliare a tutto il personale medico e paramedico di istruirsi a dovere con riguardo al danno dell’erario e di rivolgersi sempre a un consulente legale specializzato, in fase preventiva e non soltanto quando le ipotesi si riducono solo al diritto di difesa.

Di: Redazione Consulcesi Club

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