Responsabilità medica: quando si configura anche il danno erariale a carico del professionista sanitario?

Tra i vari profili di responsabilità che possono riguardare l’attività di un esercente la professione sanitaria ci sono anche quelli erariali: conoscere le regole del gioco è fondamentale per poter approfittare delle stesse, usandole a proprio favore con l’aiuto di esperti del settore. Usa il Tool offerto da Consulcesi Club

La pubblica amministrazione, secondo l’art. 97 della Costituzione italiana, deve assicurare l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico; gli uffici pubblici devono essere organizzati seguendo le normative di legge e assicurando il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione, due garanzie fondamentali per ciascun cittadino italiano. I funzionari e i dipendenti, sia dello Stato che degli enti pubblici, sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti.

Quando un pubblico dipendente nell’esercizio delle sue funzioni cagiona un danno allo Stato, per una propria azione o omissione, anche semplicemente colposa, è tenuto a risarcire il danno che ha causato: così stabilisce la legge che regola la Contabilità generale dello Stato, nata per far “quadrare i conti” di un qualcosa che appartiene a tutti i cittadini.

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L’organo preposto, per legge, a controllare la legalità degli atti del Governo, nonché degli atti di gestione del bilancio dello Stato e degli Enti gestiti dallo Stato, è la Corte dei Conti, istituita sin dall’Unità d’Italia proprio per prevenire e impedire che lo Stato effettuasse sperperi e cattive gestioni.

Il pubblico dipendente, dopo la riforma apportata dal Decreto semplificazioni, risponde dei danni cagionati all’Erario per i comportamenti posti in essere nel periodo compreso dal 17 luglio 2020 al 31 dicembre 2024, esclusivamente nei casi in cui il danno è stato prodotto con una condotta da lui dolosamente voluta; la prova del dolo, in particolare, richiede che venga dimostrata la volontà del dipendente di cagionare il danno alla pubblica amministrazione.

Il danno erariale in campo medico

Il professionista sanitario che lavori alle dipendenze dello Stato, come qualunque altro pubblico dipendente, è soggetto alla responsabilità per danno erariale, qualora dalle sue condotte negligenti, illecite o abusive derivi un danno al patrimonio statale.

Il timore di dover risarcire il danno erariale, unitamente alla generale paura di dover affrontare un processo per responsabilità medica, è alla base dell’esercizio della medicina difensiva da parte dei professionisti sanitari, i quali smettono così di esercitare liberamente la professione, compiendo ogni atto d’ufficio con lo scopo di evitare responsabilità, anziché di curare il paziente. 

Secondo la legge Gelli-Bianco, quando la struttura sanitaria viene condannata a risarcire il danno da responsabilità medica, il pubblico ministero – quale rappresentante dello Stato – dovrà esercitare nei confronti del professionista sanitario la relativa azione di responsabilità erariale, per dolo o colpa grave, innanzi alla Corte dei conti.

Nello specifico, per poter parlare di responsabilità per danno erariale ascrivibile a un professionista sanitario, devono ricorrere le seguenti condizioni:

  1. Il professionista sanitario deve aver tenuto una condotta antigiuridica, cioè contraria a norme di legge,
  2. Da tale condotta deve essere derivato un danno per la pubblica amministrazione, vale a dire per l’azienda ospedaliera,
  3. Tra il comportamento del medico e il danno subito dall’azienda sanitaria deve esserci un nesso di causalità, nel senso che se il professionista non avesse attuato quel comportamento il danno non si sarebbe verificato,
  4. Il professionista deve avere commesso i fatti con la coscienza e la volontà di arrecare un danno all’azienda ospedaliera,
  5. Naturalmente il professionista sanitario deve essere alle dipendenze – anche in senso lato, come in caso di rapporti extramoenia – dell’azienda sanitaria.

La legittimazione a rivalersi nei confronti del medico per il danno erariale, oltre che alla Corte dei Conti, spetta anche direttamente alla struttura sanitaria, mediante la cosiddetta azione di regresso.

Nel quantificare il danno erariale cagionato alla struttura sanitaria, deve tenersi conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui il professionista sanitario ha operato, dei limiti imposti dalla legge Gelli.

La possibilità di una condanna limitata nel suo ammontare è compensata, di fatto, da una pena “accessoria” che viene comminata al professionista condannato per danno erariale: infatti, per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della sentenza (quando, cioè, questa diventa definitiva perché non più impugnabile davanti a un’autorità giudiziaria), il professionista non potrà “fare carriera”, stante il divieto di adibirlo a incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti. 

La condanna per danno erariale, inoltre, va a pregiudicare, il professionista nello svolgimento di un concorso pubblico per conseguire un incarico di natura superiore rispetto a quello svolto, perché costituisce oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nella valutazione del candidato.

La decadenza dell’azione erariale nei confronti del medico

Abbiamo visto che le conseguenze derivanti da una condanna per danno erariale sono gravemente pregiudizievoli per il professionista sanitario, sia sotto il profilo economico che in termini di prestigio e di possibilità di carriera.

Per questo motivo, è importante che il professionista sia informato sull’iter che l’azienda sanitaria deve seguire per avviare l’azione nei suoi confronti, e soprattutto delle possibili decadenze in cui il datore di lavoro può incorrere.

Sia le strutture sanitarie/sociosanitarie che le imprese assicurative che le garantiscono hanno l’obbligo di comunicare al professionista sanitario l’instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal paziente, e ciò entro un termine ben preciso: quarantacinque giorni dalla data in cui è stata ricevuta la notifica dell’atto introduttivo. La comunicazione deve obbligatoriamente contenere copia dell’atto introduttivo del giudizio e può avvenire, alternativamente, tramite:

  • Posta elettronica certificata,
  • Raccomandata con avviso di ricevimento.

 

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Nello stesso termine, inoltre, sia le strutture sanitarie/sociosanitarie che le imprese assicurative devono comunicare al professionista sanitario l’avvio di eventuali trattative stragiudiziali con il danneggiato, e invitarlo a prendervi parte.

La struttura sanitaria/sociosanitaria decade dalla possibilità di esercitare l’azione di rivalsa nei confronti del medico, e quindi anche la successiva azione erariale nei suoi confronti, nelle ipotesi in cui le comunicazioni sopra descritte siano:

  • Omesse, cioè non vengano mai eseguite,
  • Tardive, venendo perciò inviate al professionista sanitario, ma oltre il termine dei quarantacinque giorni,
  • Incomplete, perché prive, ad esempio, dell’atto introduttivo del giudizio.

Trattandosi di atti che devono essere eseguiti dagli uffici amministrativi delle aziende ospedaliere, spesso oberati da incombenze e scadenze da affrontare con un personale carente sotto il profilo quantitativo, può accadere che le comunicazioni siano affetta da vizi o – peggio – che siano scritte in modo tale da addebitare (ingiustamente e immotivatamente) ogni responsabilità al medico, chiedendogli addirittura di comunicare i dati della propria polizza assicurativa: per questo motivo, il team di professionisti di Consulcesi, specializzato in responsabilità medica, è a Tua disposizione per un’analisi preventiva delle comunicazioni pervenute dall’azienda ospedaliera e per aiutarti a difenderti da un’eventuale azione per danno erariale.

Di: Manuela Calautti, avvocato

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