Qual è la responsabilità del fisioterapista per una manovra errata?

Il fisioterapista che nel corso di una seduta riabilitativa causa un danno mediante una manovra errata è responsabile nei confronti del paziente. Approfondiamo gli effetti di questa tipologia di condotta prima e dopo l’introduzione della legge Gelli e le modalità per prevenire i rischi di una denuncia.

Sommario

  1. Manovra errata, la decisione del Tribunale: colpa e imperizia della fisioterapista
  2. La responsabilità professionale e del sanitario e la legge Gelli

Secondo la sentenza n. 449/2017 della Corte d’appello di Roma, è responsabile per il reato di cui all’art. 590 c.p. (lesioni personali colpose) il fisioterapista in servizio presso lo studio medico che, incaricato di effettuare alcune sedute fisioterapiche riabilitative, a causa di una manovra errata, provoca al paziente delle lesioni.

Un’anziana signora si recava presso un centro medico per effettuare delle sedute di fisioterapia prescritte a seguito di una frattura al braccio destro, consegnando al centro medico tutta la documentazione sanitaria relativa alla frattura e alle ulteriori patologie di cui soffriva tra cui l’osteoporosi. Durante una seduta, la fisioterapista eseguiva una manovra sullo sterno, esercitando una forte spinta e pressione in conseguenza della quale l’anziana avvertiva un rumore (un vero e proprio crac) e subito dopo un forte dolore al centro del torace.

La fisioterapista chiedeva all’anziana se volesse essere portata in ospedale, ma questa rifiutava, e dopo essere rimasta stesa sul lettino per circa mezz’ora, quando riusciva a respirare meglio, tornava a casa, dove si metteva a letto a causa del dolore. La fisioterapista non provvedeva ad informare il titolare del centro medico dei dell’accaduto. Il giorno successivo, persistendo il dolore, la paziente si rivolgeva al medico curante, che le consigliava di eseguire una RX, dalla quale emergeva una “frattura della porzione prossimale del corpo sternale” con prognosi di 30 giorni e, perciò, ritenendo che la colpa della frattura fosse imputabile solo ed esclusivamente alla fisioterapista, presentava querela contro di lei.

Il Pubblico Ministero, a seguito della querela, iscriveva nel registro degli indicati la fisioterapista, e al fine di accertare il nesso causale tra le lesioni riportate dall’anziana signora e la manovra eseguita durante le sedute di fisioterapia, nominava un consulente medico-legale.

Il consulente medico della procura rilevava una serie di condotte colpose messe in atto dalla fisioterapista, evidenziando che:

  • in caso di fratture degli arti superiori, non è previsto un trattamento fisioterapico che interessi la parte mediana del torace, in particolare lo sterno
  • la manovra poteva rendersi necessaria solo nell’ipotesi di paziente particolarmente ansioso, per provocare un’espirazione forzata e ridurre lo stato d’ansia, ma dalle indagini non risultava che la signora avesse manifestato stati di ansia durante le sedute
  • in ogni caso, quando si decida di effettuare una manovra del genere, il fisioterapista deve eseguire una pressione adeguata alle condizioni fisiche del paziente e al suo stato di salute
  • nel caso di specie, la signora non era da ritenersi idonea perché di corporatura esile e affetta da osteoporosi, come documentato e comunicato al momento dell’accettazione presso il centro medico

Manovra errata, la decisione del Tribunale: colpa e imperizia della fisioterapista

Dall’esame congiunto delle dichiarazioni rese dalle parti, nonché da quanto emerso dalla consulenza, il Tribunale ha ritenuto che la fisioterapista abbia agito con colpa ed abbia esercitato con imperizia la sua professione sanitaria. In particolare, ha messo in atto una manovra non necessaria, e soprattutto con una forza non commisurata allo stato di salute della paziente, ben noto, poiché la stessa aveva documentato e comunicato all’accettazione di essere affetta da osteoporosi, perciò a rischio fratture.

A conclusione del processo di primo grado, la fisioterapista è stata quindi dichiarata colpevole del reato di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) e condannata alla pena di un mese di reclusione, al pagamento delle spese processuali, e a risarcire i danni cagionati all’anziana signora, costituitasi parte civile nel processo, disponendo che la quantificazione dei danni fosse stabilita dal Tribunale civile con autonomo processo. Nel corso del giudizio d’appello, il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione, poiché i tempi della giustizia italiana hanno fatto sì che il processo durasse più di sette anni e sei mesi (il tempo richiesto per la prescrizione). La condanna al risarcimento del danno da reato, invece, è divenuta definitiva, e la fisioterapista ha dovuto risarcire alla paziente il danno così come determinato in separata sede dal Tribunale civile.

La responsabilità professionale e del sanitario e la legge Gelli

I fatti oggetto della sentenza in commento sono anteriori all’entrata in vigore della riforma Gelli-Bianco sulla responsabilità sanitaria, che ha introdotto nel codice penale l’art. 590 sexies – Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario.

La norma esclude la punibilità del sanitario qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia e siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali; le ipotesi colpose di negligenza e imprudenza, invece, rimangono punibili sotto il profilo penale.

Se perciò la vicenda dell’anziana signora e della sua fisioterapista si fosse verificata in tempi più recenti, in virtù delle modifiche introdotte dalla riforma Gelli le indagini si sarebbero concentrate sul rispetto da parte del sanitario delle linee guida e delle buone pratiche clinico-assistenziali, e nel caso in cui queste fossero state rispettate, sarebbe stata esclusa la punibilità del sanitario.

La legge Gelli Bianco oggi obbliga sia le strutture sanitarie che i professionisti che operano in ambito medico a stipulare una polizza assicurativa a copertura dei danni verso terzi che possono derivare dall’esercizio della professione medica. Questo obbligo, all’epoca in cui sono accaduti i fatti che hanno avuto la fisioterapista come protagonista, non c’era: è molto probabile, perciò, che la professionista abbia dovuto pagare di tasca propria il risarcimento del danno cagionato all’anziana signora.

Non si può pretendere che un professionista sanitario diventi un burocrate e segua solo pedissequamente, ma in casi come questi un’adeguata formazione può essere di supporto al professionista che si trovi di fronte ad una casistica particolare. In ogni caso è sempre opportuno affidarsi a esperti del settore, stipulando la polizza professionale più adatta alle proprie esigenze che garantisca la salvaguardia del proprio patrimonio personale e familiare e in caso di denuncia rivolgersi a professionisti esperti della materia sanitaria, la cui disciplina civile e penale richiede un certo grado di specializzazione.

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Di: Manuela Calautti, avvocato

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