Avete mai sentito parlare di “medicina difensiva”? L’avete mai praticata? Conoscete a fondo l’accezione positiva e quella negativa di una pratica che nasce essenzialmente come fenomeno sociale? In questo approfondimento, faremo il punto su questo argomento, cercando di astrarci in maniera oggettiva e valutando i pro e i contro di una pratica, tanto demonizzata quanto socialmente diffusa.
Cos’è la medicina difensiva?
È l’insieme di tutte quelle azioni che un medico decide di attuare nella cura di un paziente, con lo scopo di difendere e tutelare se stesso da eventuali danni lesivi al paziente che potrebbero derivare da negligenze mediche.
Può essere positiva e quindi commissiva, oppure negativa e quindi omissiva.
È “positiva” se il medico va in attività bulimica e quindi prescrive esami diagnostici o terapie non necessarie, al contrario viene indicata come “negativa”. In entrambi i casi, lo scopo è: scoraggiare i pazienti nell’intentare probabili azioni legali di malasanità, imperizia o negligenza. Attraverso la pratica commissiva si può suscitare una certa rassicurazione nel paziente, grazie alla scrupolosa attenzione che gli viene riservata; al contrario il medico omette, banalizza e minimizza i sintomi del paziente facendo “soltanto” il necessario o addirittura meno.
Un fenomeno sociale
Secondo uno studio effettuato dal Centro Studi Federico Stella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, alla base dei comportamenti messi in atto e coincidenti con le pratiche della medicina difensiva vi sono delle convinzioni:
- 78,2 % dei medici ritiene di correre un maggiore rischio di procedimenti giudiziari rispetto al passato;
- 65,4% subisce una pressione indebita nella pratica clinica quotidiana, a causa della possibilità di tale evenienza;
- 67,5% subisce l’influenza di esperienze di contenzioso legale capitate ai propri colleghi;
- 59,8% ha timore di ricevere richieste di risarcimento;
- 51,8% risente di precedenti esperienze personali di contenzioso legale;
- 43,5% ha paura dei risvolti negativi in termini di pubblicità e lesione della sua immagine tramite mass-media e social;
- 15% teme di incorrere in sanzioni disciplinari.
Ciò che, però, negli anni ne è venuto fuori è una certezza inconfutabile:
un medico preoccupato del rischio di controversie non è nelle condizioni di essere un buon medico e a farne le spese è soprattutto il cittadino.
La medicina difensiva è un fenomeno della medicina moderna con radici antiche
La pratica appare per la prima volta negli scritti di Curzio Rufo, in particolare nelle “Historiae Alexandri Magni”, quando Alessandro colpito da una freccia si fece operare soltanto dopo aver promesso l’impunità per i medici che erano restii a tirar fuori l’arma dal suo corpo. Lo stesso avvenne negli anni a seguire. Anche se la pratica continuò fino agli anni moderni, però, le ragioni del dilagarsi del fenomeno sono state storicamente diverse. Durante gli anni ’70, la medicina difensiva era molto diffusa negli Stati Uniti per evitare il rischio di medical malpractice, un fenomeno così diffuso da spopolare nella responsabilità penale dei medici. A torto o ragione, il rapporto medico-paziente fu sottoposta a un numero sempre maggiore di azioni legali. Ben presto, raggiunse gli Stati Europei. Alla base dell’atteggiamento difensivo della classe medica vi è un consistente spostamento dell’asse della responsabilità sanitaria verso un assetto di tutela rafforzata del paziente e il conseguente anomalo intensificarsi del contenzioso legale per medical malpractice.
La medicina difensiva dal punto di vista giuridico
La medicina difensiva va maneggiata con cura, proprio per i principi giuridici che evoca e per le conseguenze nette che può comportare. Il fenomeno va, inesorabilmente, a intaccare i concetti di responsabilità e di adempimento contrattuale verso il paziente, ai sensi dell’art. 1218 c.c.. Questo è stato, negli anni, supportato dalla teoria del c.d. “contatto sociale” per cui, anche in forza di un accordo nascente e futuro, le fasi preliminare influiscono sull’adempimento come se quel contratto fosse già in essere. Si è delineata, quindi, una situazione per cui la prestazione professionale del medico è dettata da parametri certi, quali: diligenza, prudenza e perizia.
Quali i rimedi alla medicina difensiva?
Sin dalla Legge Balduzzi e in maniera più incisiva con la Legge Gelli, si è posto un limite al proliferare del contenzioso per “errori medici” e si è previsto un metodo di tutela importantissimo per gli operatori sanitari: l’obbligatorietà della sottoscrizione di una polizza assicurativa professionale.
Il tutto per ribadire i principi fondamentali da tenere sempre a mente nell’esercizio della professione e in particolare:
- Il consenso informato;
- Le linee guida;
- L’atto medico e quindi l’agire professionale dell’operatore sanitario ai fini della cura del paziente, al quale arrecare minor danno possibile e arginare la malattia.
Proprio sull’ultimo punto, il dibattito sulla medicina moderna si infervora ancora di più e ci si chiede: la medicina va ormai considerata una scienza perfetta fondata su certezze oppure è tuttora, alla luce del suo inarrestabile progresso, un’arte imperfetta basata su probabilità?
Il primo approccio è ben descritto dalla metafora del "corpo come macchina", con il medico nei panni del meccanico riparatore. I medici possono fare la giusta diagnosi e fornire la giusta terapia per quasi tutte le patologie grazie al progresso scientifico, generando inevitabilmente un sospetto di errore medico non appena insorgono complicanze per il paziente. L’approccio alternativo enfatizza il concetto che la medicina è tuttora un’arte. La certezza clinica, però, è illusoria a cominciare dalla diagnosi, con risposte dei pazienti alle terapie spesso imprevedibili. I medici, quindi, hanno il dovere di analizzare sempre e comunque le caratteristiche individuali dei propri pazienti, soprattutto se affetti da patologie multiple in cui le linee guida non risultano spesso esaustive. In tal caso, la medicina difensiva sembra essere la reazione più prevedibile, che promette la guarigione da qualsiasi malattia. Diventa, per questo, una pratica inevitabile della società moderna per limitare la responsabilità legale dei medici. Ma questa non è l’opinione di molti. Altri considerano la medicina difensiva come eticamente inaccettabile, in quanto espone a rischi evitabili i singoli pazienti e genera costi superflui per la società. E di questo parere è anche la Corte Costituzionale che con la sentenza n. 248 del 25.11.2020 considera la medicina difensiva come “un fenomeno da evitare”.
Insomma, demone o no, la medicina difensiva va evitata per il nostro ordinamento giuridico; tuttavia, potrebbe tornare molto utile in certi casi, senza abusi e senza intenderla come “riparo” da eventuali contenziosi. La soluzione rimane la sottoscrizione di una buona polizza assicurativa professionale che, in concomitanza ad un’ottima preparazione e ad una sempre crescente esperienza professionale, può arginare qualsiasi rischio e, nel caso, fronteggiarlo nel migliore dei modi.