Sempre più donne riferiscono di commenti indesiderati riguardanti la propria gravidanza e/o la propria genitorialità. Questo fenomeno, sempre più diffuso, viene denominato “mom shaming”. La ginecologa Alice Fracassi e l’ostetrico Alessio D’Angelo forniscono un’analisi dettagliata dei giudizi e pre-giudizi dai quali ha origine il fenomeno ed anche dei momenti in cui si perpetua, dai primi mesi della gravidanza, fino all’allattamento.
La gravidanza è un evento fisiologico nella vita della donna. Tuttavia, a volte, possono manifestarsi condizioni patologiche che condizionano l’esito della gestazione e che influiscono negativamente sulla salute di madre e bambino. Una gravidanza viene definita “ad alto rischio” quando la madre e/o il feto/ il neonato presentano un aumentato rischio di morbilità o mortalità prima, durante o dopo il parto (Dulai A., 2024). Secondo le stime, circa 15% delle gravidanze è ad alto rischio. L’accertamento del rischio è una procedura continua durante tutta la gravidanza e il travaglio: infatti, in ogni momento, potrebbero insorgere complicazioni tali da indirizzare la donna ad un livello di assistenza più elevato (Patria G.).
Le complicanze in gravidanza: i livelli di rischio e la diagnosi prenatale
L’anamnesi è il primo e fondamentale passo per inquadrare la paziente nel livello di rischio appropriato (alto rischio o basso rischio ostetrico). Cruciali nella valutazione del rischio sono fattori come l’età (<18 anni o >35 anni), BMI (soprattutto se <18 o >35), fumo e uso di alcol, patologie di base. Inoltre, è importante valutare la storia clinica pregressa (per es. ipertensione, diabete, pregressi interventi chirurgici e dell’apparato riproduttivo, pregressi parti pretermine, poliabortività etc.) (Messina MP & D’Angelo A, 2021). “Complicazioni frequenti della gravidanza sono: ipertensione gestazionale, diabete, colestasi gravidica, minaccia di parto pretermine, patologie che possono essere influenzate dalle caratteristiche materne (età, BMI) ma anche dallo stile di vita (dieta, fumo, consumo di alcol)”, spiega la Dott.ssa Alice Fracassi, ginecologa Nike Medical Center. Le linee guida sulla gravidanza fisiologica raccomandano di trattare al primo appuntamento perinatale temi come: lo stile di vita sano, la dieta da seguire in gravidanza, l’astensione dal fumo e dall’uso di alcol nonché la possibilità di effettuare diagnosi prenatale (Linee Guida Gravidanza Fisiologica, 2011).
Sei mamme su dieci hanno subìto episodi di mom shaming
“Nonostante queste raccomandazioni, sempre più donne riferiscono di esperienze negative legate all’assistenza sanitaria, dopo aver ricevuto commenti indesiderati riguardanti la propria gravidanza e/o la propria genitorialità. Questo fenomeno, sempre più diffuso, viene denominato “mom shaming”, ovvero una nuova frontiera del bullismo, online ma non solo, che prende di mira le giovani donne persino nell’ambito ostetrico e ginecologico”, continua la Dott.ssa Fracassi. Uno studio effettuato dall’Università del Michigan (Mostafavi B., 2017) ha evidenziato che nella maggior parte dei casi le critiche provengono da persone vicine alla donna (37% dai genitori della neomamma, 36% dal padre del bambino, 31% dai suoceri, 14% dagli amici e 12% da altre mamme). Complessivamente, circa sei madri su 10 ricordano di aver subito episodi di mom shaming. Gli argomenti che maggiormente vengono sollevati sono: l’età (ageismo), l’aumento di peso (fat shaming), il tipo di parto effettuato (taglio cesareo o parto spontaneo) e la scelta di allattare o meno al seno.
“L’età delle donne, da sempre un tabù, diventa quindi argomento di dibattito quando la gravidanza arriva ‘troppo presto’ o ‘troppo tardi’ – racconta la ginecologa -. Mamme giovani riferiscono di aver subìto episodi spiacevoli in occasione delle visite mediche, in cui gli operatori sanitari davano per scontato che la gravidanza fosse indesiderata, o che la donna non avesse completato il ciclo di studi”. Diversi sono invece i pregiudizi sulle mamme di età più avanzata: gli operatori tendevano ad insinuare che la gravidanza fosse stata ottenuta tramite PMA, oppure che la donna avesse dato priorità ad altro prima di cercare una gravidanza. “Non potevi pensarci prima?” riassume brevemente i commenti negativi che si associano spesso a gravidanze over 35. “Se è vero che gli antichi testi di ostetricia parlavano delle famigerate ‘primipare attempate’, è altrettanto vero che la società è cambiata, portando sempre più donne a posticipare la ricerca di una gravidanza – evidenzia la specialista -. Dunque, è sempre più rilevante nell’ambito dell’attività ostetrica tenere in considerazione l’età materna come un fattore di rischio non eliminabile ma significativo per le patologie della gravidanza, senza tuttavia colpevolizzare le donne o mettere in discussione le loro scelte di vita e di coppia”.
Il fat shaming, ovvero la colpevolizzazione delle donne riguardo il loro peso, è altrettanto importante. Uno studio condotto negli Stati uniti (Incollingo Rodriguez et al., 2020) ha evidenziato che il 70% delle donne ha sperimentato il fat shaming durante la gravidanza. Circa 1 donna su 5 riferisce di aver subito commenti negativi relativi all’aumento di peso da parte del personale sanitario (T.S. Nagpal et al. 2023) e il 7,7% ha cambiato assistenza sanitaria a seguito del trattamento subìto. “Se da un lato l’aumento significativo di peso durante la gravidanza comporta un aumentato rischio di sviluppare patologie come il diabete gestazionale o l’ipertensione, e sebbene l’obesità materna rappresenti un importante fattore di rischio ostetrico, dall’altro gli operatori sanitari sono chiamati a procedere con delicatezza nel fornire alla paziente le informazioni necessarie circa gli stili di vita sani, senza colpevolizzarla. Infatti, è stato dimostrato, che lo shaming della paziente comporta un aumento dello stress e conseguentemente della produzione di cortisolo, con effetti negativi sullo sviluppo fetale. Per questi motivi, dunque, sarebbe auspicabile lavorare in equipe con figure multidisciplinari per affrontare il problema dell’obesità materna da molteplici punti di vista: ginecologo, dietologo, diabetologico e psicologo”, aggiunge la dottoressa Fracassi.
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Il parto e i pregiudizi sul taglio cesareo
Anche la modalità del parto può essere oggetto di shaming. La ABC News (Pellettiere N., 2021) ha pubblicato un articolo che porta alla luce il fenomeno del “c-section shaming”, ovvero lo stigma delle donne che partoriscono tramite taglio cesareo anziché parto naturale. Jesse Truelove, terapista esperta di pavimento pelvico, ha evidenziato che le madri che affrontano un taglio cesareo si sentono spesso inadeguate, rimpiangendo il parto spontaneo che non hanno avuto. “I sentimenti negativi rispetto al taglio cesareo sono anche associati alla terminologia tecnica usata in sala parto: ‘fallimento della progressione’, ‘esaurimento delle forze materne’, ‘mancata risposta all’induzione’ etc., interpretati negativamente dalla donna (Pellettiere N., 2021). Una comunicazione efficace da parte di ginecologi e ostetriche potrebbe rivelarsi fondamentale per evitare il senso di inadeguatezza nelle donne che affrontano il cesareo. Le motivazioni che portano gli operatori sanitari a effettuare il cesareo sono varie, a volte completamente imprevedibili e indipendenti dalle caratteristiche della paziente”, dice ancora la ginecologa.
Allattamento al seno: controindicazioni e corsi di accompagnamento alla nascita
Vi è poi il delicato periodo del puerperio, dove le donne sono spesso oggetto di shaming riguardo l’allattamento al seno. "L’OMS (OMS-UNICEF, 2018) raccomanda l’allattamento esclusivo al seno per i primi 6 mesi di vita del bambino – spiega il dottor Alessio D’Angelo, ostetrico presso il Nike Medical Center - .Tuttavia, non sempre l’allattamento è possibile: esistono, infatti, condizioni che controindicano l’allattamento al seno, come per esempio l’assunzione di farmaci incompatibili con l’allattamento, l’infezione materna da HIV non trattata, malattie gravemente debilitanti per la madre, o la psicosi post partum (Ospedale pediatrico Bambino Gesù, 2023). Alcune donne, invece, scelgono consapevolmente di non allattare al seno, preferendo alimentare il proprio bambino con le formule artificiali”. Nonostante tale scelta sia in contrasto con le principali raccomandazioni scientifiche, gli operatori sanitari dovrebbero rispettare il volere della neomamma senza rimproverarle di non aver allattato al seno. “Anche le donne che allattano al seno possono vivere fenomeni di mom shaming: non è raro, infatti, che le donne ricevano commenti sgradevoli circa la quantità del latte, la frequenza delle poppate, le dimensioni del seno, la posizione del bambino o la prosecuzione dell’allattamento dopo i 6 mesi di vita. Per questo motivo, è importante che le mamme siano adeguatamente informate riguardo l’allattamento, attraverso i corsi di accompagnamento alla nascita”, aggiunge il dottor D’Angelo. Poiché è dimostrato che la maggior parte degli episodi di “mom shaming” provengono dal contesto familiare che circonda la donna, le ostetriche che conducono i corsi di accompagnamento alla nascita dovrebbero cercare di coinvolgere il più possibile i partner e le persone vicine alla coppia, in modo tale da diffondere informazioni corrette e ridurre al minimo i commenti indesiderati.
“In ambito sanitario, il mom shaming non è accettabile. Ruolo del medico, e per esteso del personale sanitario, non è quello di giudicare le donne, bensì – conclude la dottoressa Fracassi - informarle e accompagnarle nel delicato percorso della gestazione e della genitorialità anche laddove non si condividano i comportamenti, le scelte e le decisioni prese dalla coppia.
BIBLIOGRAFIA
- Dulai A., 2024. “Panoramica sulla Gravidanza ad Alto Rischio”. MSD Manual. Disponibile su www.msdmanuals.com
- Patria G. La gravidanza a ad alto rischio. SSR Emilia Romagna. Disponibile su www.ausl.pr.it
- Messina M.P. & D’Angelo A., Tema 14-21.1 “L’assistenza ostetrica nel percorso nascita a basso rischio ostetrico (BRO): principi generali, impostazione organizzativa, traccia clinica” in Walter Costantini “Trattando di scienza ed arte della professionalità ostetrica. Dall'arte alla scienza”, Piccin Nuova Libraria, 2021
- Linee Guida Gravidanza Fisiologica, 2011.
- MOSTAFAVI B, 2017. Why “Mom Shaming” – on Social Media and in Person – Needs to Stop. Michigan Medicine [online]. Disponibile su https://www.michiganmedicine.org/health-lab/why-mom-shaming-social-media-and-person-needs-stop
- Di Domenico L., 2024. Peso e benessere materno: superare il pregiudizio durante la gravidanza. NutriDoc [online]. Disponibile su https://www.nutridoc.it/articoli/peso-benessere-gravidanza
- Incollingo R. et al., 2020. Pregnant and postpartum women’s experiences of weight stigma in healthcare. BMC Pregnancy Childbirth 20, 499. Disponibile su https://doi.org/10.1186/s12884-020-03202-5
- Nagpal T. et al., 2022. Close Relationships as Sources of Pregnancy-Related Weight Stigma for Expecting and New Mothers. International Journal of Behavioral Medicine 30 (8) 1-7. Disponibile su https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35486351/
- Pellettiere N., 2021. “Mom’s C-section message aims to reduce sgame or judgement attached to giving birth”. Abc News. Disponibile online: https://abcnews.go.com/GMA/Family/moms-section-message-aims-reduce-shame-judgement-attached/story?id=77026749