“In ipotesi di accertamento della responsabilità medico-chirurgica, attesa l'innegabilità delle conoscenze tecniche specialistiche necessarie non solo alla comprensione dei fatti, ma alla loro stessa rilevabilità, la CTU presenta carattere percipiente, sicché il Giudice può affidare al consulente non solo l'incarico di valutare i fatti accertati, ma anche quello di accertare i fatti medesimi, ponendosi pertanto la consulenza, in relazione a tale aspetto, come fonte oggettiva di prova”.
Questa è la massima dell’ultima sentenza a riguardo, emessa dal Tribunale di Milano, sezione I, dello scorso 15 marzo identificabile col numero 2132.
Il fatto
La domanda posta al giudizio del Tribunale di Milano ha riguardato la malpractice medica di un chirurgo estetico, in quanto gli esiti sono stati ritenuti insoddisfacenti.
La decisione
Vista la materia relativa alla responsabilità medica, il Giudice ha ovviamente fatto riferimento in primis alla Legge Gelli-Bianco e di conseguenza all’art. 1228 c.c. osservando che la responsabilità della struttura sanitaria integra la fattispecie di responsabilità diretta per fatto proprio, fondata sull’elemento soggettivo ausiliario. Secondo il Tribunale di Milano, va ripreso l’art. 2049 c.c., ma secondo il criterio presuntivo ex artt. 1298 e 2055 c.c.. In tal modo, sarà chiaro che nel rapporto interno tra struttura sanitaria e medico, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusivamente propria di quest'ultimo, deve essere ripartita in misura paritaria. A questo, va abbinato il criterio presuntivo, per cui si afferma la legittimazione passiva della struttura sanitaria, ricorrendo un’ipotesi di responsabilità diretta per fatto proprio imputabile alla medesima struttura per l’utilizzazione di terzi nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale, a prescindere dalla circostanza che tali terzi siano o meno, retribuiti direttamente dal paziente in forza di un autonomo contratto d’opera professionale. Qui, dunque, interviene la consulenza tecnica d’ufficio nel corso del procedimento per supportare la verifica del nesso causale tra intervento medico praticato e danno alla salute asseritamente subito. Da qui, il principio emesso in massima e riportato in incipit a questo approfondimento.
Il commento alla sentenza
Prima di ogni cosa, è bene chiarire che CTU sta per indicare il professionista (Consulente Tecnico d’Ufficio) o il suo prodotto (la Consulenza Tecnica d’Ufficio) ovvero l’elaborato peritale per l’accertamento delle circostanze richieste dal Giudice, dopo le opportune verifiche tecniche ad opera del professionista incaricato.
L’intervento del CTU avviene nella fase istruttoria del procedimento al fine di rendere la causa matura per la decisione. Ciò significa che si hanno tutti gli elementi sui quali decidere, nel caso di specie, la verifica del danno e il nesso causale tra l’operato del medico e il danno subito.
Questa sentenza, seguendo quanto stabilito anche dalla Suprema Corte, si inserisci nel solco di quell’orientamento giurisprudenziale che attribuisce una certa importanza alla CTU, avvicinandola sempre di più ad una vera e propria prova del giudizio, soprattutto in procedimenti come quelli afferenti la responsabilità medica dove le conoscenze mediche risultano fondamentali ed imprescindibili.
Qual è il valore e il ruolo del CTU nelle cause per responsabilità medica
Imprescindibile. Comprendere gli eventi di causa, soprattutto in giudizi che riguardano la responsabilità medica, significa avere tutti gli strumenti per farlo, servendosi di professionisti del settore specializzati che possano in tal senso istruire i Giudici e permettere loro di valutare in maniera egregia e con la terzietà che li contraddistingue. Proprio questo, conferisce alla CTU importanza come fonte di prova oggettiva.
Già la sentenza n. 15745 del 2018 della Corte di Cassazione aveva sostenuto che il giudice può affidare al consulente tecnico d’ufficio “non solo l’incarico di valutare i fatti accertati, ma anche quello di accertare i fatti medesimi”, quindi di fatto, i giudici hanno accordato un potere leggermente più forte alla CTU. Da lì, tutte le statuizioni a seguire hanno seguito la logica e la filosofia in questione. Nella stessa pronuncia, inoltre, la Cassazione si è anche interessata dell’utilizzabilità dell’accertamento tecnico preventivo che sconfini dai limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri conferiti dalla legge al consulente, chiarendo che anche in ipotesi di sconfinamento, l’accertamento è comunque utilizzabile e liberamente apprezzabile dal giudice, se non vi è stata violazione del contraddittorio e le parti hanno effettivamente partecipato all’ATP anche nei punti esorbitanti l’incarico.
Ne consegue che come il Giudice non subisce preclusione alcuna validamente potendo esercitare i suoi poteri, così anche il Consulente può procedere, nei limiti visti, agli approfondimenti istruttori che, a prescindere da ogni iniziativa di parte, nel segno caratterizzante della indispensabilità, appaiono utili e necessari al fine di rispondere ai quesiti oggetto dell’interrogazione giudiziale.