Malpractice in chirurgia estetica, quando interviene la "particolare tenuità del fatto"

Se un chirurgo plastico sbaglia, può essere denunciato dal paziente. In caso di richiesta di archiviazione da parte della Procura, però, la particolare tenuità del fatto non è sempre a vantaggio del sanitario, ed è preferibile un’archiviazione piena.

Sommario

  1. La perizia medica scagiona il chirurgo: fu solo imperizia
  2. Responsabilità medica e limiti di legge: cosa prevede il Codice Penale
  3. Particolare tenuità del fatto: quando il reato c’è ma non si punisce

La signora A. si reca dal dott. B. - noto chirurgo plastico – perchè vuole eseguire una liposuzione ai glutei; dopo accurata visita, viene programmato l'intervento per l'asportazione del grasso in eccesso. 

La perizia medica scagiona il chirurgo: fu solo imperizia

A seguito dell'intervento di liposuzione, alla signora A. viene asportata una quantità di materiale eccessiva, tale da rendere necessario un secondo intervento di tipo correttivo. 

La signora A., ritenendo di essere vittima di un caso di malpractice medica, denuncia il noto chirurgo estetico alla locale della Procura della Repubblica; tuttavia, all'esito delle indagini preliminari – durante la quale è stata anche eseguita una perizia d'ufficio – il pubblico ministero chiede l'archiviazione del caso, in quanto si tratterebbe di un errore scusabile, dovuto all'imperizia del dott. B. nell'esecuzione dell'operazione. Dalla consulenza tecnica, infatti, è emerso che il secondo intervento si è reso necessario ed è stato giustificato dal fatto che il dottor B aveva una conoscenza privilegiata diretta del quadro clinico della signora A., avendola già operata la prima volta. 

La signora A., una volta ricevuta la notifica dell'archiviazione, presenta opposizione al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP). Nel corso dell'udienza, la difesa della signora A. insiste nella prosecuzione delle indagini con successiva formulazione dell'imputazione a carico del medico, mentre il Pubblico Ministero chiede che il caso venga archiviato perchè ritiene la notizia di reato infondata, non essendovi elementi che giustifichino un'imputazione del medico. 

Tuttavia, il GIP, a fronte di tali richieste, archivia il caso, ma per particolare tenuità del fatto, senza che il Pubblico Ministero facesse una richiesta in tal senso. 

La signora A. propone ricorso per Cassazione avverso tale provvedimento, ritenendolo ingiusto e lesivo dei suoi diritti. 

Responsabilità medica e limiti di legge: cosa prevede il Codice Penale

La responsabilità penale del chirurgo plastico – balzata recentemente agli onori delle cronache a causa di una escalation di decessi a seguito di interventi – è disciplinata dal combinato disposto degli articoli 589, 590 e 590 sexies del codice penale: se, nell'esercizio della professione sanitaria, il professionista cagiona la morte o delle lesioni al paziente, rischia una pena che va da un minimo di tre anni (pena minima per le lesioni) a cinque anni di reclusione (pena massima prevista per l'omicidio colposo, salvo particolari circostanze in cui la pena può aumentare fino a dieci anni).

L'art. 590 sexies del codice penale, tuttavia, prevede una particolare causa di giustificazione per il professionista sanitario: difatti, qualora la morte o le lesioni del paziente si siano verificati a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

Ciò premesso, quando un paziente (o i suoi parenti) presentano una denuncia-querela alle Autorità competenti, immediatamente viene aperto un fascicolo a carico del/i professionista/i sanitari denunciati e il Pubblico Ministero assegnatario svolge tutte le indagini al fine di accertare se le lesioni o la morte del paziente derivino dalla responsabilità degli indagati.

Attenzione: il Pubblico Ministero deve indagare a 360 gradi, tutelando sia l'interesse del denunciante che dei denunciati, che sono innocenti fino a prova contraria. Difatti, se gli elementi acquisiti dal Pubblico Ministero nel corso delle indagini preliminari non gli consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna, egli è obbligato a chiedere l'archiviazione della posizione; in pratica, se con tutte le prove raccolte durante le indagini il processo non è in grado di “reggere” in dibattimento e di giungere a una condanna dell'indagato, il fascicolo deve essere archiviato.

Nel tenere conto della capacità dell'indagine di “sostenere” un dibattimento, il Pubblico Ministero deve considerare la normativa sulla cosiddetta particolare tenuità del fatto, applicabile all'ipotesi di lesioni personali da malpractice, per le quali la pena detentiva non è superiore, nel minimo, a due anni di reclusione.

La normativa stabilisce che l'imputato/indagato non è punibile perché il fatto che ha commesso è particolarmente tenue, qualora ricorrano le seguenti circostanze:

  • reato punito con pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, ovvero con pena pecuniaria (sola o congiunta alla pena detentiva),
  • offesa subita dalla vittima è di particolare tenuità,
  • comportamento dell'indagato/imputato risulta non abituale.

Applicando la normativa alla chirurgia plastica possiamo dire che l'offesa subita dalla vittima NON si considera particolarmente tenue quando:

  • il chirurgo ha agito per motivi abietti o futili, con crudeltà,
  • il chirurgo ha adoperato sevizie o ha approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in relazione all'età, 
  • la condotta del chirurgo ha comportato, quali conseguenze non volute, le lesioni gravissime o la morte della vittima.

Il comportamento del chirurgo è invece considerato abituale quando il soggetto sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ogni singola condanna riportata, considerata isolatamente, sia stata considerata di particolare tenuità. 

Da quanto sopra è facilmente comprensibile, anche a un estraneo al mondo giudiziario, la differenza tra la richiesta di archiviazione per irrilevanza penale del fatto e quella per particolare tenuità del fatto:

  1. quando il PM chiede l'archiviazione per irrilevanza penale del fatto, significa che quanto riportato in denuncia non è inquadrabile in nessuna norma del codice penale, perciò non è “penalmente rilevante”,
  2. quando, invece, il PM chiede l'archiviazione per particolare tenuità del fatto, vuol dire che dalle indagini è emersa la commissione di un reato, ma questo è da considerarsi “particolarmente tenue” perciò non punibile.

Particolare tenuità del fatto: quando il reato c’è ma non si punisce

Il provvedimento che dispone l'archiviazione per particolare tenuità del fatto presuppone che le parti – cioè il PM, la persona offesa e l'indagato – dialoghino tra loro, e non può essere emesso “a sorpresa” dal Giudice per le indagini preliminari, per lo più a fronte di una richiesta di archiviazione per irrilevanza penale del fatto. 

La Cassazione, perciò, ha ritenuto nulla l'ordinanza emessa “a sorpresa” dal GIP nei confronti del dottor B., rinviando al giudice di primo grado, proprio perché non è stato garantito il dialogo e il contraddittorio tra le parti sulla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, avendo – sia la persona offesa che il medico indagato – il diritto di prendere visione degli atti e di opporsi a questo tipo di archiviazione. 

Ciò riveste particolare importanza per il medico indagato, che a seguito di una denuncia ha maggiore interesse ad ottenere un'archiviazione piena, per irrilevanza penale del fatto denunciato, anziché per particolare tenuità, pronuncia che presuppone la commissione del reato da parte del professionista sanitario. 

Di: Manuela Calautti, avvocato

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