Quando il medico risponde penalmente: aspetti legali e rischi

Scopri quando un medico può essere penalmente responsabile: analisi legale, rischi professionali e approfondimenti sulla normativa, inclusa la Legge Gelli-Bianco.

Sommario

  1. Responsabilità medica: principio della colpa e conseguenze
  2. Che cos’è la responsabilità penale in ambito medico?
  3. Che tipo di responsabilità è quella medica?
  4. Quando la colpa del medico è grave?
  5. Quando un medico va in carcere?
  6. L'impatto della Legge Gelli-Bianco sulla responsabilità penale dei medici
  7. Medicina difensiva e responsabilità penale: un problema attuale
  8. L'importanza delle linee guida e delle buone pratiche cliniche nel contesto penale
  9. Recenti sentenze e casi giudiziari sulla responsabilità penale dei medici
  10. Depenalizzazione della responsabilità medica: prospettive future
  11. La responsabilità penale nel contesto della telemedicina e delle nuove tecnologie

La responsabilità medica, soprattutto quella penale, rappresenta un tema centrale per chi opera nel settore sanitario. La professione medica, pur essendo una missione nobile, comporta elevati rischi legali. Un intervento chirurgico complesso, una diagnosi errata o un errore in fase terapeutica possono tradursi in azioni legali contro il professionista. Alla luce dell’articolo 32 della Costituzione, che tutela il diritto alla salute, e della Legge Gelli-Bianco, il nostro ordinamento stabilisce disposizioni specifiche per chi si occupa quotidianamente della vita delle persone.

Responsabilità medica: principio della colpa e conseguenze

Il principio della colpa è un pilastro fondamentale nella valutazione della responsabilità medica. La colpa, in ambito medico-legale, si configura quando un professionista sanitario, agendo con negligenza, imprudenza o imperizia, provoca un danno al paziente. Secondo la Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017), è necessario stabilire se l’errore commesso derivi da una condotta non conforme alle linee guida o alle buone pratiche clinico-assistenziali. Le conseguenze della colpa medica possono essere di natura civile, penale e disciplinare. In ambito civile, il medico può essere chiamato a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal paziente. Sul piano penale, la colpa grave o l’omissione dolosa possono portare a sanzioni, inclusa la reclusione. A livello disciplinare, il professionista può incorrere in sospensioni o revoca dell'abilitazione. Per questo, i medici devono operare con la massima diligenza e dotarsi di una polizza assicurativa professionale, che copra le eventuali azioni di rivalsa o richieste di risarcimento legate a errori professionali.

Più volte, ci siamo soffermati sulla differenza tra la responsabilità civile e penale. Oggi, invece facciamo il punto solo su un tipo di responsabilità, quella penale. Quando si parla di “responsabilità” in capo a un medico, va tenuto a mente che questa si traduce nell’obbligo di rispondere delle conseguenti derivanti da illecita condotta – commissiva od omissiva – posta in essere dalla violazione di una norma.

Che cos’è la responsabilità penale in ambito medico?

La responsabilità penale medica deriva dalla commissione di un reato, come omicidio o lesioni colpose. Secondo l’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dalla Legge Gelli, la punibilità è esclusa se l’errore deriva da imperizia e sono rispettate le linee guida accreditate. Tuttavia, se si tratta di negligenza medica o imprudenza, il professionista è ritenuto colpevole. Il confine tra responsabilità civile e penale può essere labile: un errore diagnostico o terapeutico può sfociare in entrambe le sanzioni. Il medico risponderà penalmente delle lesioni personali o della morte del paziente solo nel caso in cui non abbia rispettato, nell’esercizio della propria attività professionale, le linee guida e le best practices che risultino adeguate al caso di specie.

Che tipo di responsabilità è quella medica?

Quella medica è un tipo di responsabilità per eventi cagionati nell’esecuzione della prestazione sanitaria. Nel corso della storia, questo tipo di responsabilità è stata soggetta più volte a modifica e/o puntualizzazione da parte del Legislatore che vorrebbe delineare in maniera netta i confini della responsabilità del medico, dando un’ottima opportunità grazie all’introduzione della Legge Gelli-Bianco.

Coniugare le istanze di tutela della salute pubblica alla necessità di arginare il diffondersi del ricorso alla cd. medicina difensiva: da sempre questo è l’obiettivo del Legislatore, sensibile al tema.

Egli, infatti, è intervenuto dapprima con l’art. 3 della L. 189/2012, cd. Legge Balduzzi, e successivamente con L. 24/2017, cd. Legge Gelli Bianco. Quest’ultima ha abrogato l’art. 3 della L. 189/2012 codificando il nuovo art. 590 sexies c.p. ed ha introdotto rilevanti novità anche, e per quel che riguarda il tema della responsabilità civile dell’esercente la professione medica codificando un doppio binario di responsabilità, di natura contrattuale per la struttura sanitaria e di natura extracontrattuale per il sanitario.

Per chiarezza, è bene sottolineare che è stata la Legge Balduzzi ad introdurre e delimitare il concetto di “colpa grave”, entro la quale si è contenuta la responsabilità penale. Prioritario, però, è il rispetto delle indicazioni accreditate dalla comunità scientifica. Se, cioè, il sanitario agisce conformemente a quanto stabilito dalle Linee Guida e dalle buone pratiche cliniche, allora è esonerato dalla responsabilità e, seppur genericamente indicata, sarà riferibile agli artt. 1226 e 2056 cod. civ.

La Legge Gelli-Bianco, invece, è andata oltre. Ha introdotto il 590 sexies c.p. ed ha previsto una specifica causa di esclusione della punibilità, in relazione ai delitti di omicidio colposo e lesioni personali.

Devono, però, sussistere le seguenti condizioni:

  1. l’evento deve essersi verificato per imperizia, rimanendo escluse le ipotesi di negligenza e imprudenza, indipendentemente dal grado della colpa;
  2. sono state rispettale le raccomandazioni contenute nelle linee guida o – in mancanza – le buone pratiche clinico assistenziali (la cd. ars medica), che assumono, dunque, un rilievo suppletivo;
  3. le linee guida o le buone pratiche risultino adeguate al caso di specie, in ragione delle peculiarità che lo stesso presenta.

Imprescindibile è il nesso causale che deve verificarsi tra la condotta dell’agente – in questo caso il medico – e l’evento dannoso che ne è derivato.

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Quando la colpa del medico è grave?

La colpa medica può manifestarsi in varie fasi: diagnosi, prognosi o trattamento. Il medico è ritenuto responsabile quando agisce con negligenza (superficialità), imprudenza (condotta avventata) o imperizia (scarse competenze tecniche). Il grado di responsabilità dipende da fattori come l’urgenza, la complessità del caso e la conformità alle linee guida. La colpa specifica, invece, si verifica quando il medico viola norme che non poteva ignorare. L’errore del medico può essere compiuto nella fase diagnostica, in quella prognostica e nella fase terapeutica. A seconda dei diversi ambiti operativi, il professionista può dunque ritrovarsi a rispondere di responsabilità morale per, ad esempio, non aver osservato i principi etici; responsabilità amministrativo-disciplinare, quando sono violati obblighi relativi al servizio prestato, ai doveri d’ufficio o a regole deontologiche con la conseguente comminatoria di sanzioni dell’ente di appartenenza o dell’Ordine Professionale; responsabilità giuridica per la violazione di una norma penale o civile.

Se dalla condotta deriva una lesione personale o la morte, il medico è chiamato a rispondere del suo comportamento professionale, sulla base del concetto di colpa ex art. 43 c.p., il quale stabilisce che: deve ritenersi colposo (o contro l’intenzione) un evento che, anche se previsto, non è voluto dall’agente ma che si verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia oppure per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

L’azione intrapresa dal medico viene valutata in base alla: negligenza, all’imprudenza e all’imperizia. Si è davanti a negligenza quando il medico agisce “senza far caso”, in maniera superficiale; è imprudenza, la condotta avventata o temeraria del medico che, pur consapevole dei rischi per il paziente, decide comunque di procedere con una determinata pratica. L’imperizia, invece, coincide con insufficienti conoscenze tecniche o inesperienza specifica.

La colpa specifica, invece, consiste nella violazione di norme che il medico non poteva ignorare e che era tenuto a osservare.

Il grado della colpa, invece, varia a seconda di incognite precise. Per stabilire che grado di colpa è imputabile al medico che dovrà rispondere delle sue azioni, vanno considerate:

  • le specifiche condizioni del soggetto agente;
  • il suo grado di specializzazione;
  • la situazione ambientale in cui il professionista si è trovato a operare;
  • l’accuratezza nella prestazione della cura medica;
  • le eventuali ragioni d’urgenza;
  • l’oscurità del quadro patologico;
  • la difficoltà di legare le informazioni cliniche;
  • il grado di atipicità o novità della situazione data.

Sono tutti questi gli elementi in grado di stabilire il grado della colpa, in base alle situazioni che si sono verificate.

Quando un medico va in carcere?

Un medico rischia la reclusione se imputato per un reato penale legato alla responsabilità medica, come omicidio o lesioni colpose. La pena è comminata solo in caso di condanna definitiva. Tuttavia, grazie alla Legge Gelli, le situazioni di imperizia sono depenalizzate se il professionista ha seguito le linee guida accreditate. Recentemente, il Ministero della Salute ha proposto ulteriori riforme per limitare la responsabilità penale dei medici, incentivando il rispetto delle buone pratiche cliniche e riducendo il fenomeno della medicina difensiva, che grava sul Servizio Sanitario Nazionale. In un articolo de Il Sole 24Ore dello scorso aprile, si è discusso molto della medicina difensiva e cioè la sovra-prescrizione di esami e visite spesso inutili, infatti, incide sulla sanità pubblica per circa 10 miliardi l’anno. La conseguenza? Ingolfare ulteriormente le già lunghe liste di attesa. Da qui la decisione del ministro Schillaci che ha già allo studio l’intervento: “Le lunghe liste di attesa nella sanità – ha spiegato in una recente intervista a Libero – sono anche dovute al fatto che vengono prescritti troppi esami inutili, c’è un eccesso di medicina difensiva. Il medico, per evitare cause e guai con la giustizia, eccede a volte negli esami da far fare. Per questo agiremo depenalizzando la responsabilità medica, tranne che per il dolo, e mantenendo solo quella civile”. Inoltre, ha aggiunto, si lavora a delle linee guida “con criteri chiari su quali esami prescrivere e quando”. Si attendono preso risvolti in tal senso.

L'impatto della Legge Gelli-Bianco sulla responsabilità penale dei medici

La Legge Gelli-Bianco ha segnato una svolta nella regolamentazione della responsabilità medica, in particolare quella penale. Essa stabilisce che, se un medico agisce seguendo le linee guida o le buone pratiche cliniche, e l'errore deriva da imperizia, la punibilità è esclusa. Questa norma mira a limitare le accuse di negligenza medica, proteggendo i professionisti che operano in contesti complessi e difficili. Tuttavia, se si tratta di responsabilità penale dovuta a imprudenza o violazione di norme fondamentali, le conseguenze restano severe, includendo potenziali sanzioni penali e disciplinari.

Medicina difensiva e responsabilità penale: un problema attuale

La medicina difensiva rappresenta una delle conseguenze più evidenti dell’incertezza legata alla responsabilità penale. Molti medici, per paura di ripercussioni legali, eccedono nelle prescrizioni o evitano interventi rischiosi, con un impatto negativo sulla qualità delle cure e sull’efficienza del sistema sanitario. Questo fenomeno, che costa al Servizio Sanitario Nazionale miliardi di euro ogni anno, è strettamente legato alla percezione di rischio di responsabilità medica. Una maggiore chiarezza normativa e la depenalizzazione di alcuni reati potrebbero ridurre questo problema, favorendo interventi più mirati e sicuri.

L'importanza delle linee guida e delle buone pratiche cliniche nel contesto penale

Le linee guida e le buone pratiche cliniche sono il riferimento principale per valutare la condotta del medico in sede penale. La responsabilità penale può essere esclusa se il professionista ha agito in conformità con raccomandazioni accreditate, adeguate al caso specifico. Questo approccio, introdotto dalla Legge Gelli-Bianco, mira a bilanciare la tutela del paziente e quella del medico, riducendo i rischi legati a errori dovuti a fattori imprevedibili. Per questo, una corretta formazione e l’aggiornamento continuo sui protocolli clinici sono fondamentali per limitare accuse di negligenza medica e contenziosi legali.

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Recenti sentenze e casi giudiziari sulla responsabilità penale dei medici

Le recenti sentenze hanno ulteriormente chiarito i confini della responsabilità penale in ambito medico. Molti tribunali hanno ribadito che, se si tratta di responsabilità penale per imperizia, la punibilità è esclusa quando vengono rispettate le linee guida. Tuttavia, nei casi di negligenza medica grave o violazione delle norme deontologiche, le sanzioni restano rigorose. Ciò che non va mai sottovalutata è un'adeguata documentazione clinica e della trasparenza nei confronti dei pazienti per prevenire imputazioni penali.

Depenalizzazione della responsabilità medica: prospettive future

La depenalizzazione di alcuni aspetti della responsabilità medica è un tema di grande attualità. Il Ministro della Salute ha proposto di ridurre la responsabilità penale, lasciando solo quella civile, tranne nei casi di dolo. Questa riforma potrebbe alleviare la pressione sui medici, incentivando una pratica medica più serena e meno influenzata dalla paura di errori giudiziari. Tuttavia, il dibattito rimane aperto: mentre alcuni vedono nella depenalizzazione una soluzione alla medicina difensiva, altri temono una minore tutela per i pazienti.

La responsabilità penale nel contesto della telemedicina e delle nuove tecnologie

Con l’espansione della telemedicina e l’uso crescente delle nuove tecnologie, la responsabilità penale dei medici assume nuove dimensioni. Errori legati a diagnosi effettuate a distanza, malfunzionamenti dei dispositivi tecnologici o mancato rispetto dei protocolli di sicurezza possono configurare casi di negligenza medica. Sebbene le nuove tecnologie migliorino l’accessibilità alle cure, sollevano interrogativi su come applicare le norme esistenti. Ad esempio, l’assenza di una visita fisica potrebbe complicare l’accertamento delle responsabilità in caso di errore. È quindi necessario un adeguamento normativo per regolare la responsabilità penale in questi contesti innovativi, garantendo la sicurezza del paziente e del professionista.

Di: Cristina Saja, giornalista e avvocato

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