Responsabilità sanitaria: il medico che aggrava una patologia risponde del danno

Cosa succede se un medico aggrava, con il suo operato, una patologia già esistente? Ecco come si divide la responsabilità e come funziona il risarcimento

Sommario

  1. La responsabilità della struttura sanitaria e del medico: cosa dice la normativa
  2. Il risarcimento del danno per malpractice

Il sig. A., affetto da ernia del disco al livello L5 S1, decide di recarsi presso la casa di cura B., dove viene visitato e successivamente operato dal dottor C. al fine di eliminare il problema relativo all’ernia. 

L’intervento, purtroppo, non ha l’effetto sperato, anzi aggrava notevolmente le condizioni motorie del signor A., e ciò in quanto il dottor C., anziché operare il tratto L5 S1, ha operato il tratto L4 L5, situato sul lato opposto del disco interessato dalla protrusione. 

Il signor A. cita in giudizio sia la casa di cura B. che il dottor C. al fine di ottenere il risarcimento del danno subito a causa, sostanzialmente, dell’errore medico da cui è scaturito l’aggravamento della sua condizione patologica. 

La responsabilità della struttura sanitaria e del medico: cosa dice la normativa

La responsabilità medica, in generale, è disciplinata dall’art. 7 della legge Gelli-Bianco, in virtù del quale la struttura sanitaria/sociosanitaria, sia pubblica e privata, che nell’adempimento della propria obbligazione nei confronti dei pazienti – relativa all’erogazione di servizi sanitari – si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria (medico, infermiere, operatore sociosanitario), anche se scelti dal paziente e anche se non dipendenti direttamente dalla struttura, risponde delle loro condotte, sia dolose che colpose. La responsabilità è estesa anche ai soggetti che operano in regime di libera professione intramuraria o nell’ambito dell’attività di sperimentazione e di ricerca clinica, in regime di convenzione con il SSN o attraverso la telemedicina.

La responsabilità della struttura sanitaria e del medico, sotto il profilo del danno risarcibile e dell’onere della prova, hanno natura differente:

- la responsabilità della struttura sanitaria per l’opera svolta dall’esercente la professione sanitaria è di tipo contrattuale; perciò, la struttura sanitaria deve dimostrare in giudizio l’assenza di colpa nell’esecuzione della prestazione sanitaria da parte del professionista, incombendo su di lei il cosiddetto onere della prova del contrario;

- la responsabilità del medico, invece, è di natura extracontrattuale; ciò significa che è il paziente a dover dimostrare che l'evento lamentato sia una diretta conseguenza della condotta del medico.

Ciò premesso, in linea di principio, il caso che ha per protagonista il dottor C. va analizzato sotto il profilo del cosiddetto danno iatrogeno, cioè un danno che va ad aggiungersi ad una invalidità già preesistente sul danneggiato.

Nel caso di specie, infatti, l’intervento palesemente errato del dottor C., che ha operato un tratto diverso da quello affetto da ernia discale, ha aggravato il danno che il signor A. aveva portato come “bagaglio iniziale” in clinica, e che sperava di risolvere con l’intervento.

La consulenza tecnica ha stimato l’invalidità del signor A. nel 20%, così ripartita:

- 12% di invalidità dovuta a causa naturale, poiché preesistente all’intervento subito in clinica a causa della patologia discale che lo affliggeva,

- 7-8% di invalidità dovuta all’errore sanitario.

Secondo l’attuale orientamento giurisprudenziale, quando c’è un concorso tra due menomazioni, di cui una imputabile ad errore medico, il danno può essere liquidato secondo i criteri del danno differenziale solo in ipotesi specifiche:

  1. a) quando venga accertato che i due postumi invalidanti sono tra loro in rapporto di concorrenza, cioè nel momento in cui i postumi derivanti dall’errore medico sono aggravati dalla menomazione già preesistente, 
  2. b) quando la presenza della prima tipologia di postumi (quelli “naturali”) va ad incidere negativamente su quelli ulteriori derivanti dall’errore medico, andando ad aggravare ulteriormente la situazione del soggetto leso.

Una volta stabilito il criterio per la liquidazione del danno, il danno differenziale va liquidato con un mero calcolo matematico, facendo appunto la differenza (il differenziale) tra i valori monetari.

Il risarcimento del danno per malpractice

La responsabilità per l’errore medico del dottor C. è stata confermata in ben due gradi di giudizio, con conseguente condanna del dottor C. e della casa di cura B., in solido tra loro, a risarcire il danno subito dal signor A. per il caso di malpractice. 

Inizialmente il danno è stato liquidato in circa dodicimila euro: tuttavia, il signor A. non ha condiviso tale quantificazione, effettuata erroneamente dal giudice applicando il Codice delle Assicurazioni civili anziché le Tabelle di Milano. 

Per questo motivo la Corte di Cassazione ha disposto che il processo, solo relativamente alla quantificazione del danno, si svolga nuovamente dinanzi a una diversa sezione del Tribunale che ha trattato la causa inizialmente, disponendo che la quantificazione del danno differenziale venga effettuata in base ai criteri della causalità giuridica, sottraendo dalla complessiva percentuale del danno (accertato dal CTU nell’80%) - interamente ascrivibile al dottor A. e alla clinica B. – la percentuale di danno non imputabile all’errore medico (pari al 35%). 

Il signor A., perciò, riceverà un risarcimento ben superiore a quello inizialmente disposto. 

Di: Manuela Calautti, avvocato

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